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2022-06-08
Lavrov va a benedire la guerra di Erdogan
Sergej Lavrov e Recep Tayyip Erdogan (Ansa)
L’asse tra Russia e Turchia è destinato a rafforzarsi? Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, si incontrerà oggi ad Ankara con l’omologo turco, Mevlut Cavusoglu, per colloqui che riguarderanno vari dossier interconnessi. Il principale problema a essere affrontato sarà quello della crisi ucraina. Ankara sta da tempo cercando di ritagliarsi il ruolo di mediatrice nel conflitto in corso ed è recentemente tornata a proporre l’ipotesi di un incontro tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, da tenersi a Istanbul. In questo quadro, l’altro ieri il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, ha avuto un colloquio telefonico con l’omologo ucraino, Oleksii Reznikov, auspicando un cessate il fuoco e discutendo l’invio di aiuti umanitari.
Nello specifico, al di là del lato puramente diplomatico, la visita di Lavrov si concentrerà sulla delicata questione dello sblocco dei porti ucraini: un obiettivo urgente, soprattutto alla luce della crisi alimentare che rischia di aggravarsi ogni giorno di più. Ieri, Mosca ha affermato che il porto di Mariupol «sta funzionando normalmente e ha iniziato a ricevere le navi da carico» .Sul tema è intervenuto lo stesso Akar, secondo cui Turchia e Russia si starebbero coordinando per approntare un piano volto a far riprendere l’export di grano dai centri portuali dell’Ucraina: un piano che, sotto l’egida delle Nazioni Unite, punterebbe ad aprire un apposito corridoio marittimo nel Mar Nero, con le navi turche che - secondo il Daily Sabah - contribuirebbero allo sminamento e scorterebbero le imbarcazioni ucraine. «Sono stati compiuti molti progressi su questo problema», ha detto Akar.
La situazione resta tuttavia significativamente grave, mentre Kiev si mostra scettica sull’intesa russo-turca dedicata a risolvere la questione del grano. Secondo il Guardian, il viceministro ucraino per la politica agraria e l’alimentazione, Taras Vysotskyi, ha affermato ieri che, anche qualora la Russia revocasse il blocco, migliaia di mine rimarrebbero galleggianti al largo del porto di Odessa. Vysotskyi ha anche aggiunto che occorreranno non meno di sei mesi per completare lo sminamento e che al momento l’Ucraina sarebbe in grado di esportare circa 2 milioni di tonnellate di grano al mese: molto meno dei 6 milioni del periodo antecedente all’avvio dell’invasione russa.
Tuttavia, secondo quanto riferito dalla testata Al Monitor, la visita turca di Lavrov affronterà anche un altro problema: la futura incursione militare in Siria che Recep Tayyip Erdogan ha recentemente annunciato. Con questa mossa, il sultano punta a infliggere un duro colpo ai curdi e a ricollocare parte dei numerosi profughi siriani attualmente presenti in Turchia: profughi che hanno creato svariati problemi socioeconomici al Paese, pesando negativamente sul consenso di un Erdogan che l’anno prossimo punta ad essere rieletto. Tra l’altro, dal 2016, il presidente turco ha già effettuato tre incursioni in Siria. Ora, non è esattamente chiaro quale sarà la posizione di Mosca davanti a questo (pare imminente) attacco: quella stessa Mosca che, ricordiamolo, è una stretta alleata del presidente siriano Bashar Al Assad. Ieri Reuters riferiva di un rafforzamento delle truppe russe e di Damasco nel Nord della Siria: il che lascerebbe intendere una certa freddezza da parte del Cremlino verso le mire del presidente turco. «Ci auguriamo che Ankara si astenga da azioni che potrebbero portare a un pericoloso deterioramento della già difficile situazione in Siria», aveva d’altronde dichiarato la settimana scorsa il ministero degli Esteri russo.
Tuttavia, non è detto che Putin dirà automaticamente di no all’incursione turca. Innanzitutto Erdogan ha già fatto sapere di non essere intenzionato ad attendere alcuna concessione da parte di Washington; una Washington che, dal canto suo, ha già mostrato una certa irritazione verso l’ipotesi di un nuovo attacco turco in territorio siriano. Mosca potrebbe quindi dare il suo assenso con lo scopo di acuire la tensione nel già difficile rapporto che intercorre tra Turchia e Stati Uniti. In secondo luogo, lo zar sa bene che, nella situazione in cui si trova, ha bisogno della sponda politica turca. Un fattore che lo porterà prevedibilmente a evitare di irritare Erdogan, il quale, guarda caso, al momento non ha ancora revocato il proprio veto sull’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. D’altronde, il sultano sa perfettamente che, in questo momento, il capo del Cremlino non può permettersi eccessiva ostilità nei confronti delle sue pretese: non è un caso che Ankara abbia annunciato l’incursione nel pieno della crisi ucraina.
Tra l’altro, nonostante gli interessi contrastanti, Putin ed Erdogan hanno già mostrato in passato di essere disposti a collaborare pragmaticamente sul dossier siriano. Bisognerà quindi capire che cosa partorirà il vertice tra Lavrov e Cavusoglu. È proprio questo significativo dossier che misurerà infatti la temperatura effettiva dei rapporti che attualmente intercorrono tra Mosca e Ankara. La Turchia conferma la sua condotta spregiudicata. Una condotta da cui l’Occidente dovrebbe guardarsi, ma che invece sembra sempre più disposto a subire.
Severodonetsk quasi in mano russa. Pronto pure l’assedio a Sloviansk
L’impianto chimico Azot, a Severodonestk, potrebbe diventare uno scenario simile a quello già visto per l’acciaieria Azovstal di Mariupol. Le forze ucraine, secondo quanto comunicato dall’ambasciatore dell’autoproclamata Repubblica popolare di Lugansk, Rodion Miroshnik, sarebbero state quasi completamente cacciate dalla zona industriale della città contesa situata nel Lugansk e costrette a riparare, appunto, nella fabbrica chimica. I pesanti combattimenti continuano strada per strada. Le truppe russe hanno ripreso il controllo di diverse parti di Severodonetsk, dopo un primo tentativo di contrattacco da parte ucraina che sembrava aver dato qualche risultato. Secondo l’intelligence britannica Mosca mira d isolare ancora di più l’area della città sia dal Nord (Izyum) che dal Sud (Popasna). Notizie di pesanti bombardamenti vicino a Izyum indicherebbero che Mosca si sta preparando a riprendere l’offensiva lungo l’asse settentrionale: la Russia ha bisogno di sfondare su almeno uno di questi due assi - quello meridionale di Popasna o quello settentrionale di Izyum - per proseguire la sua marcia verso l’obiettivo politico di conquistare tutto il Donbass.
L’ultimo aggiornamento fornito dal capo militare regionale del Lugansk, Sergiy Gaidai, afferma comunque che gli attacchi russi in direzione di Novookhtyrka e Voronove sono stati respinti. Lo stesso governatore, però, annuncia che è in corso la «distruzione totale» della città di Lysychansk, uno degli ultimi bastioni ucraini nel Lugansk. «I bombardamenti russi si sono intensificati in modo significativo nelle ultime 24 ore e i russi stanno utilizzando tattiche di terra bruciata». Mosca, intanto, esulta per la conquista di Svyatogorsk. Il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, ha infatti annunciato la «liberazione» della città, che si trova nella parte settentrionale dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk nella regione di Kharkiv, che è già sotto il controllo russo. «Una parte significativa delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk lungo la riva sinistra del fiume Seversky Donec, comprese le città di Krasny Liman e Svyatogorsk, insieme ad altri 15 insediamenti, sono state liberate», ha annunciato Shoigu. Tra gli insediamenti conquistati dalle truppe russe, il ministro ha citato Studenok, Yarovaya, Kirovsk, Yampol e Drobyshevo. Presto potrebbe partire l’assedio alla città strategica di Sloviansk.
Nelle ultime 24 ore, come comunica la polizia nazionale ucraina, sono stati contati 21 bombardamenti russi nella regione di Donetsk e ci sono bambini tra le vittime. Non si arresta, dunque, l’avanzata di Mosca e Natalia Nikonorova, ministro degli Esteri dell’autoproclamata Repubblica popolare del Donetsk, ha affermato che i separatisti e i loro alleati russi controllano oltre il 70% del territorio della regione. In precedenza il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, aveva affermato che il Lugansk, l’altra Oblast contesa del Donbass, era «al 97%» sotto il controllo russo. Alle conquiste russe si affianca però una perdita notevole. Roman Kutuzov, uno dei più alti generali di Mosca, è morto durante i combattimenti nel Donbass, come confermato dal leader separatista a Donetsk, Denis Pushilin. Intanto, si registra anche il decesso del primo volontario tedesco. Björn C., 39 anni, era combattente nella Ildu - Legione internazionale di difesa territoriale dell’Ucraina. Il ministero degli Esteri tedesco si sta impegnando per chiarire il caso. Mariupol, nel frattempo, è sull’orlo di un’epidemia di colera. La città, come descritto dal vicesindaco Sergei Orlovio, «sta annegando nelle acque contaminate dai rifiuti e dalla decomposizione di sepolture improvvisate». Decine di corpi di combattenti ucraini uccisi nelle acciaierie Azovstal sono stati invece restituiti a Kiev. I cadaveri sono stati trasferiti nella capitale ucraina, dove è in corso il test del Dna per identificarli. Anche a Sud proseguono i bombardamenti dell’esercito russo. Due civili sono rimasti uccisi e tre feriti nella regione di Mykolaiv, al confine con l’Oblast di Kherson.
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Benché sostenga il regime di Assad, il ministro di Putin, ad Ankara, potrebbe dare l’ok alla campagna contro i curdi in Siria Si dovrebbe sbloccare anche l’operazione di sminamento dei porti per far partire l’export di grano. Kiev, però, ancora non si fida.In città, milizie ammassate in una fabbrica come a Mariupol. Dove ora si teme il colera.Lo speciale contiene due articoliL’asse tra Russia e Turchia è destinato a rafforzarsi? Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, si incontrerà oggi ad Ankara con l’omologo turco, Mevlut Cavusoglu, per colloqui che riguarderanno vari dossier interconnessi. Il principale problema a essere affrontato sarà quello della crisi ucraina. Ankara sta da tempo cercando di ritagliarsi il ruolo di mediatrice nel conflitto in corso ed è recentemente tornata a proporre l’ipotesi di un incontro tra Volodymyr Zelensky e Vladimir Putin, da tenersi a Istanbul. In questo quadro, l’altro ieri il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, ha avuto un colloquio telefonico con l’omologo ucraino, Oleksii Reznikov, auspicando un cessate il fuoco e discutendo l’invio di aiuti umanitari. Nello specifico, al di là del lato puramente diplomatico, la visita di Lavrov si concentrerà sulla delicata questione dello sblocco dei porti ucraini: un obiettivo urgente, soprattutto alla luce della crisi alimentare che rischia di aggravarsi ogni giorno di più. Ieri, Mosca ha affermato che il porto di Mariupol «sta funzionando normalmente e ha iniziato a ricevere le navi da carico» .Sul tema è intervenuto lo stesso Akar, secondo cui Turchia e Russia si starebbero coordinando per approntare un piano volto a far riprendere l’export di grano dai centri portuali dell’Ucraina: un piano che, sotto l’egida delle Nazioni Unite, punterebbe ad aprire un apposito corridoio marittimo nel Mar Nero, con le navi turche che - secondo il Daily Sabah - contribuirebbero allo sminamento e scorterebbero le imbarcazioni ucraine. «Sono stati compiuti molti progressi su questo problema», ha detto Akar. La situazione resta tuttavia significativamente grave, mentre Kiev si mostra scettica sull’intesa russo-turca dedicata a risolvere la questione del grano. Secondo il Guardian, il viceministro ucraino per la politica agraria e l’alimentazione, Taras Vysotskyi, ha affermato ieri che, anche qualora la Russia revocasse il blocco, migliaia di mine rimarrebbero galleggianti al largo del porto di Odessa. Vysotskyi ha anche aggiunto che occorreranno non meno di sei mesi per completare lo sminamento e che al momento l’Ucraina sarebbe in grado di esportare circa 2 milioni di tonnellate di grano al mese: molto meno dei 6 milioni del periodo antecedente all’avvio dell’invasione russa. Tuttavia, secondo quanto riferito dalla testata Al Monitor, la visita turca di Lavrov affronterà anche un altro problema: la futura incursione militare in Siria che Recep Tayyip Erdogan ha recentemente annunciato. Con questa mossa, il sultano punta a infliggere un duro colpo ai curdi e a ricollocare parte dei numerosi profughi siriani attualmente presenti in Turchia: profughi che hanno creato svariati problemi socioeconomici al Paese, pesando negativamente sul consenso di un Erdogan che l’anno prossimo punta ad essere rieletto. Tra l’altro, dal 2016, il presidente turco ha già effettuato tre incursioni in Siria. Ora, non è esattamente chiaro quale sarà la posizione di Mosca davanti a questo (pare imminente) attacco: quella stessa Mosca che, ricordiamolo, è una stretta alleata del presidente siriano Bashar Al Assad. Ieri Reuters riferiva di un rafforzamento delle truppe russe e di Damasco nel Nord della Siria: il che lascerebbe intendere una certa freddezza da parte del Cremlino verso le mire del presidente turco. «Ci auguriamo che Ankara si astenga da azioni che potrebbero portare a un pericoloso deterioramento della già difficile situazione in Siria», aveva d’altronde dichiarato la settimana scorsa il ministero degli Esteri russo. Tuttavia, non è detto che Putin dirà automaticamente di no all’incursione turca. Innanzitutto Erdogan ha già fatto sapere di non essere intenzionato ad attendere alcuna concessione da parte di Washington; una Washington che, dal canto suo, ha già mostrato una certa irritazione verso l’ipotesi di un nuovo attacco turco in territorio siriano. Mosca potrebbe quindi dare il suo assenso con lo scopo di acuire la tensione nel già difficile rapporto che intercorre tra Turchia e Stati Uniti. In secondo luogo, lo zar sa bene che, nella situazione in cui si trova, ha bisogno della sponda politica turca. Un fattore che lo porterà prevedibilmente a evitare di irritare Erdogan, il quale, guarda caso, al momento non ha ancora revocato il proprio veto sull’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato. D’altronde, il sultano sa perfettamente che, in questo momento, il capo del Cremlino non può permettersi eccessiva ostilità nei confronti delle sue pretese: non è un caso che Ankara abbia annunciato l’incursione nel pieno della crisi ucraina. Tra l’altro, nonostante gli interessi contrastanti, Putin ed Erdogan hanno già mostrato in passato di essere disposti a collaborare pragmaticamente sul dossier siriano. Bisognerà quindi capire che cosa partorirà il vertice tra Lavrov e Cavusoglu. È proprio questo significativo dossier che misurerà infatti la temperatura effettiva dei rapporti che attualmente intercorrono tra Mosca e Ankara. La Turchia conferma la sua condotta spregiudicata. Una condotta da cui l’Occidente dovrebbe guardarsi, ma che invece sembra sempre più disposto a subire. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/lavrov-va-a-benedire-la-guerra-di-erdogan-2657472079.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="severodonetsk-quasi-in-mano-russa-pronto-pure-lassedio-a-sloviansk" data-post-id="2657472079" data-published-at="1654638461" data-use-pagination="False"> Severodonetsk quasi in mano russa. Pronto pure l’assedio a Sloviansk L’impianto chimico Azot, a Severodonestk, potrebbe diventare uno scenario simile a quello già visto per l’acciaieria Azovstal di Mariupol. Le forze ucraine, secondo quanto comunicato dall’ambasciatore dell’autoproclamata Repubblica popolare di Lugansk, Rodion Miroshnik, sarebbero state quasi completamente cacciate dalla zona industriale della città contesa situata nel Lugansk e costrette a riparare, appunto, nella fabbrica chimica. I pesanti combattimenti continuano strada per strada. Le truppe russe hanno ripreso il controllo di diverse parti di Severodonetsk, dopo un primo tentativo di contrattacco da parte ucraina che sembrava aver dato qualche risultato. Secondo l’intelligence britannica Mosca mira d isolare ancora di più l’area della città sia dal Nord (Izyum) che dal Sud (Popasna). Notizie di pesanti bombardamenti vicino a Izyum indicherebbero che Mosca si sta preparando a riprendere l’offensiva lungo l’asse settentrionale: la Russia ha bisogno di sfondare su almeno uno di questi due assi - quello meridionale di Popasna o quello settentrionale di Izyum - per proseguire la sua marcia verso l’obiettivo politico di conquistare tutto il Donbass. L’ultimo aggiornamento fornito dal capo militare regionale del Lugansk, Sergiy Gaidai, afferma comunque che gli attacchi russi in direzione di Novookhtyrka e Voronove sono stati respinti. Lo stesso governatore, però, annuncia che è in corso la «distruzione totale» della città di Lysychansk, uno degli ultimi bastioni ucraini nel Lugansk. «I bombardamenti russi si sono intensificati in modo significativo nelle ultime 24 ore e i russi stanno utilizzando tattiche di terra bruciata». Mosca, intanto, esulta per la conquista di Svyatogorsk. Il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, ha infatti annunciato la «liberazione» della città, che si trova nella parte settentrionale dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk nella regione di Kharkiv, che è già sotto il controllo russo. «Una parte significativa delle repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk lungo la riva sinistra del fiume Seversky Donec, comprese le città di Krasny Liman e Svyatogorsk, insieme ad altri 15 insediamenti, sono state liberate», ha annunciato Shoigu. Tra gli insediamenti conquistati dalle truppe russe, il ministro ha citato Studenok, Yarovaya, Kirovsk, Yampol e Drobyshevo. Presto potrebbe partire l’assedio alla città strategica di Sloviansk. Nelle ultime 24 ore, come comunica la polizia nazionale ucraina, sono stati contati 21 bombardamenti russi nella regione di Donetsk e ci sono bambini tra le vittime. Non si arresta, dunque, l’avanzata di Mosca e Natalia Nikonorova, ministro degli Esteri dell’autoproclamata Repubblica popolare del Donetsk, ha affermato che i separatisti e i loro alleati russi controllano oltre il 70% del territorio della regione. In precedenza il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, aveva affermato che il Lugansk, l’altra Oblast contesa del Donbass, era «al 97%» sotto il controllo russo. Alle conquiste russe si affianca però una perdita notevole. Roman Kutuzov, uno dei più alti generali di Mosca, è morto durante i combattimenti nel Donbass, come confermato dal leader separatista a Donetsk, Denis Pushilin. Intanto, si registra anche il decesso del primo volontario tedesco. Björn C., 39 anni, era combattente nella Ildu - Legione internazionale di difesa territoriale dell’Ucraina. Il ministero degli Esteri tedesco si sta impegnando per chiarire il caso. Mariupol, nel frattempo, è sull’orlo di un’epidemia di colera. La città, come descritto dal vicesindaco Sergei Orlovio, «sta annegando nelle acque contaminate dai rifiuti e dalla decomposizione di sepolture improvvisate». Decine di corpi di combattenti ucraini uccisi nelle acciaierie Azovstal sono stati invece restituiti a Kiev. I cadaveri sono stati trasferiti nella capitale ucraina, dove è in corso il test del Dna per identificarli. Anche a Sud proseguono i bombardamenti dell’esercito russo. Due civili sono rimasti uccisi e tre feriti nella regione di Mykolaiv, al confine con l’Oblast di Kherson.
Ansa
L’accordo è stato siglato con Certares, fondo statunitense specializzato nel turismo e nei viaggi, nome ben noto nel settore per American express global business travel e per una rete di partecipazioni che abbraccia distribuzione, servizi e tecnologia legata alla mobilità globale. Il piano è robusto: una joint venture e investimenti complessivi per circa un miliardo di euro tra Francia e Regno Unito.
Il primo terreno di gioco è Trenitalia France, la controllata con sede a Parigi che negli ultimi anni ha dimostrato come la concorrenza sui binari francesi non sia più un tabù. Oggi opera nell’Alta velocità sulle tratte Parigi-Lione e Parigi-Marsiglia, oltre al collegamento internazionale Parigi-Milano. Dal debutto ha trasportato oltre 4,7 milioni di passeggeri, ritagliandosi il ruolo di secondo operatore nel mercato francese. A dominarlo il monopolio storico di Sncf il cui Tgv è stato il primo treno super-veloce in Europa. Intaccarne il primato richiede investimenti e impegno. Il nuovo capitale messo sul tavolo servirà a consolidare la presenza di Fs non solo in Francia, ma anche nei mercati transfrontalieri. Il progetto prevede l’ampliamento della flotta fino a 19 treni, aumento delle frequenze - sulla Parigi-Lione si arriverà a 28 corse giornaliere - e la realizzazione di un nuovo impianto di manutenzione nell’area parigina. A questo si aggiunge la creazione di centinaia di nuovi posti di lavoro e il rafforzamento degli investimenti in tecnologia, brand e marketing. Ma il vero orizzonte strategico è oltre il Canale della Manica. La partnership punta infatti all’ingresso sulla rotta Parigi-Londra entro il 2029, un corridoio simbolico e ad altissimo traffico, finora appannaggio quasi esclusivo dell’Eurostar. Portare l’Alta velocità italiana su quella linea significa non solo competere su prezzi e servizi, ma anche ridisegnare la geografia dei viaggi europei, offrendo un’alternativa all’aereo.
In questo disegno Certares gioca un ruolo chiave. Il fondo americano non si limita a investire capitale, ma mette a disposizione la rete di distribuzione e le società in portafoglio per favorire la transizione dei clienti business verso il treno ad Alta velocità. Parallelamente, l’accordo guarda anche ad altro. Trenitalia France e Certares intendono promuovere itinerari integrati che includano il treno, semplificare gli strumenti di prenotazione e spingere milioni di viaggiatori a scegliere la ferrovia come modalità di trasporto preferita, soprattutto sulle medie distanze. L’operazione si inserisce nel piano strategico 2025-2029 del gruppo Fs, che punta su una crescita internazionale accelerata attraverso alleanze con partner finanziari e industriali di primo piano. Sarà centrale Fs International, la divisione che si occupa delle attività passeggeri fuori dall’Italia. Oggi vale circa 3 miliardi di euro di fatturato e conta su 12.000 dipendenti.
L’obiettivo, come spiega un comunicato del gruppo, combinare l’eccellenza operativa di Fs e di Trenitalia France con la potenza commerciale e distributiva globale di Certares per trasformare la Francia, il corridoio Parigi-Londra e i futuri mercati della joint venture in una vetrina del trasporto europeo. Un’Europa che viaggia veloce, sempre più su rotaia, e che riscopre il treno non come nostalgia del passato, ma come infrastruttura del futuro.
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Brigitte Bardot guarda Gunter Sachs (Ansa)
Ora che è morta, la destra la vorrebbe ricordare. Ma non perché in passato aveva detto di votare il Front National. Semplicemente perché la Bardot è stata un simbolo della Francia, come ha chiesto Eric Ciotti, del Rassemblement National, a Emmanuel Macron. Una proposta scontata, alla quale però hanno risposto negativamente i socialisti. Su X, infatti, Olivier Faure ha scritto: «Gli omaggi nazionali vengono organizzati per servizi eccezionali resi alla Nazione. Brigitte Bardot è stata un'attrice emblematica della Nouvelle Vague. Solare, ha segnato il cinema francese. Ma ha anche voltato le spalle ai valori repubblicani ed è stata pluri-condannata dalla giustizia per razzismo». Un po’ come se esser stata la più importante attrice degli anni Cinquanta e Sessanta passasse in secondo piano a causa delle sue scelte politiche. Come se BB, per le sue idee, non facesse più parte di quella Francia che aveva portato al centro del mondo. Non solo nel cinema. Ma anche nel turismo. Fu grazie a lei che la spiaggia di Saint Tropez divenne di moda. Le sue immagini, nuda sulla riva, finirono sulle copertine delle riviste più importanti dell’epoca. E fecero sì che, ricchi e meno ricchi, raggiungessero quel mare limpido e selvaggio nella speranza di poterla incontrare. Tra loro anche Gigi Rizzi, che faceva parte di quel gruppo di italiani in cerca di belle donne e fortuna sulla spiaggia di Saint Tropez. Un amore estivo, che però lo rese immortale.
È vero: BB era di destra. Era una femmina che non poteva essere femminista. Avrebbe tradito sé stessa se lo avesse fatto. Del resto, disse: «Il femminismo non è il mio genere. A me piacciono gli uomini». Impossibile aggiungere altro.
Se non il dispiacere nel vedere una certa Francia voltarle le spalle. Ancora una volta. Quella stessa Francia che ha dimenticato sé stessa e che ha perso la propria identità. Quella Francia che oggi vuole dimenticare chi, Brigitte Bardot, le ricordava che cosa avrebbe potuto essere. Una Francia dei francesi. Una Francia certamente capace di accogliere, ma senza perdere la propria identità. Era questo che chiedeva BB, massacrata da morta sui giornali di sinistra, vedi Liberation, che titolano Brigitte Bardot, la discesa verso l'odio razziale.
Forse, nelle sue lettere contro l’islamizzazione, BB odiò davvero. Chi lo sa. Di certo amò la Francia, che incarnò. Nel 1956, proprio mentre la Bardot riempiva i cinema mondiali, Édith Piaf scrisse Non, je ne regrette rien (no, non mi pento di nulla). Lo fece per i legionari che combattevano la guerra d’Algeria. Una guerra che oggi i socialisti definirebbero colonialista. Quelle parole di gioia possono essere il testamento spirituale di BB. Che visse, senza rimpiangere nulla. Vivendo in un eterno presente. Mangiando la vita a morsi. Sparendo dalla scena. Ora per sempre.
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«Gigolò per caso» (Amazon Prime Video)
Un infarto, però, lo aveva costretto ad una lunga degenza e, insieme, ad uno stop professionale. Stop che non avrebbe potuto permettersi, indebitato com'era con un orologiaio affatto mite. Così, pur sapendo che avrebbe incontrato la riprova del figlio, già inviperito con suo padre, Giacomo aveva deciso di chiedergli una mano. Una sostituzione, il favore di frequentare le sue clienti abituali, consentendogli con ciò un'adeguata ripresa. La prima stagione della serie televisiva era passata, perciò, dalla rabbia allo stupore, per trovare, infine, il divertimento e una strana armonia. La seconda, intitolata La sex gurue pronta a debuttare su Amazon Prime video venerdì 2 gennaio, dovrebbe fare altrettanto, risparmiandosi però la fase della rabbia. Alfonso, cioè, è ormai a suo agio nel ruolo di gigolò. Non solo. La strana alleanza professionale, arrivata in un momento topico della sua vita, quello della crisi con la moglie Margherita, gli ha consentito di recuperare il rapporto con il padre, che credeva irrimediabilmente compromesso. Si diverte, quasi, a frequentare le sue clienti sgallettate. Peccato solo l'arrivo di Rossana Astri, il volto di Sabrina Ferilli. La donna è una fra le più celebri guru del nuovo femminismo, determinata ad indottrinare le sue simili perché si convincano sia giusto fare a meno degli uomini. Ed è questa convinzione che muove anche Margherita, moglie in crisi di Alfonso. Margherita, interpretata da Ambra Angiolini, diventa un'adepta della Astri, una sua fedele scudiera. Quasi, si scopre ad odiarli, gli uomini, dando vita ad una sorta di guerra tra sessi. Divertita, però. E capace, pure di far emergere le abissali differenze tra il maschile e il femminile, i desideri degli uni e le aspettative, quasi mai soddisfatte, delle altre.
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iStock
La nuova applicazione, in parte accessibile anche ai non clienti, introduce servizi innovativi come un assistente virtuale basato su Intelligenza artificiale, attivo 24 ore su 24, e uno screening audiometrico effettuabile direttamente dallo smartphone. L’obiettivo è duplice: migliorare la qualità del servizio clienti e promuovere una maggiore consapevolezza dell’importanza della prevenzione uditiva, riducendo le barriere all’accesso ai controlli iniziali.
Il lancio avviene in un contesto complesso per il settore. Nei primi nove mesi dell’anno Amplifon ha registrato una crescita dei ricavi dell’1,8% a cambi costanti, ma il titolo ha risentito dell’andamento negativo che ha colpito in Borsa i principali operatori del comparto. Lo sguardo di lungo periodo restituisce però un quadro diverso: negli ultimi dieci anni il titolo Amplifon ha segnato un incremento dell’80% (ieri +0,7% fra i migliori cinque del Ftse Mib), al netto dei dividendi distribuiti, che complessivamente sfiorano i 450 milioni di euro. Nello stesso arco temporale, tra il 2014 e il 2024, il gruppo ha triplicato i ricavi, arrivando a circa 2,4 miliardi di euro.
Il progetto della nuova app è stato sviluppato da Amplifon X, la divisione di ricerca e sviluppo del gruppo. Con sedi a Milano e Napoli, Amplifon X riunisce circa 50 professionisti tra sviluppatori, data analyst e designer, impegnati nella creazione di soluzioni digitali avanzate per l’audiologia. L’Intelligenza artificiale rappresenta uno dei pilastri di questa strategia, applicata non solo alla diagnosi e al supporto al paziente, ma anche alla gestione delle esigenze quotidiane legate all’uso degli apparecchi acustici.
Accanto alla tecnologia, resta centrale il ruolo degli audioprotesisti, figure chiave per Amplifon. Le competenze tecniche ed empatiche degli specialisti della salute dell’udito continuano a essere considerate un elemento insostituibile del modello di servizio, con il digitale pensato come strumento di supporto e integrazione, non come sostituzione del rapporto umano.
Fondato a Milano nel 1950, il gruppo Amplifon opera oggi in 26 Paesi con oltre 10.000 centri audiologici, impiegando più di 20.000 persone. La prevenzione e l’assistenza rappresentano i cardini della strategia industriale, e la nuova Amplifon App si inserisce in questa visione come leva per ampliare l’accesso ai servizi e rafforzare la relazione con i pazienti lungo tutto il ciclo di cura.
Il rilascio della nuova applicazione è avvenuto in modo progressivo. Dopo il debutto in Francia, Nuova Zelanda, Portogallo e Stati Uniti, la app è stata estesa ad Australia, Belgio, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito, Spagna e Svizzera, con l’obiettivo di garantire un’esperienza digitale omogenea nei principali mercati del gruppo.
Ma l’innovazione digitale di Amplifon non si ferma all’app. Negli ultimi anni il gruppo ha sviluppato soluzioni come gli audiometri digitali OtoPad e OtoKiosk, certificati Ce e Fda, e i nuovi apparecchi Ampli-Mini Ai, miniaturizzati, ricaricabili e in grado di adattarsi in tempo reale all’ambiente sonoro. Entro la fine del 2025 è inoltre previsto il lancio in Cina di Amplifon Product Experience (Ape), la linea di prodotti a marchio Amplifon già introdotta in Argentina e Cile e oggi presente in 15 dei 26 Paesi in cui il gruppo opera.
Già per Natale il gruppo aveva lanciato la speciale campagna globale The Wish (Il regalo perfetto) Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, oggi nel mondo circa 1,5 miliardi di persone convivono con una forma di perdita uditiva (o ipoacusia) e il loro numero è destinato a salire a 2,5 miliardi nel 2050.
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