2024-03-19
Laudati sfida Cantone: «Segreto violato»
Antonio Laudati (Imagoeconomica)
Il magistrato della Dna diserta l’interrogatorio in Procura a Perugia avvalendosi della facoltà di non rispondere: «Continue fughe di notizie, non mi sento tutelato. Mai commissionato report per ricattare politici o vip. Ho sempre agito di concerto coi superiori».«La stampa ha anticipato questioni che non conosciamo e le fughe di notizie, che hanno nuociuto all’indagine, hanno determinato la scelta di non rispondere oggi, in attesa di un quadro più sereno». L’avvocato Andrea Castaldo, difensore del pm della Procura nazionale antimafia Antonio Laudati, magistrato delegato alla trattazione delle sos, le segnalazioni di operazioni sospette, indagato nel procedimento di Perugia sui presunti dossieraggi, spiega alla Verità i retroscena che hanno orientato la scelta di non presentarsi in Procura per l’interrogatorio, preferendo consegnare al procuratore Raffaele Cantone un atto tecnico con il quale è stata comunicata la decisione di avvalersi della facoltà di non rispondere. «Questa vicenda», spiega l’avvocato, nasce dalla notizia completamente falsa (pubblicata l’1 marzo dai giornaloni che fanno da megafono all’inchiesta, ndr), sulla quale ci riserviamo di agire, che Laudati non si sarebbe presentato per l’interrogatorio e che si sarebbe avvalso della facoltà di non rispondere». Il cortocircuito mediatico, insomma, ha rischiato di inquinare l’inchiesta. «Per chi conosce il sistema interno della filiera e della cinghia di trasmissione che muove le notizie», afferma Castaldo, «risulta abbastanza evidente cosa sia accaduto». Ieri, poi, un quotidiano solitamente ben informato sulle indagini degli inquirenti perugini si è spinto a scrivere che Laudati avrebbe tentato di scaricare responsabilità sul vecchio procuratore nazionale antimafia «Federico Cafiero De Raho». Ma anche sul «diretto superiore di Laudati, il magistrato Giovanni Russo (ora promosso e passato al Dap) che in tutti questi anni non si è mai accorto di ciò che accadeva nell’ufficio sos e delle 40.000 ricerche fatte da Striano». Da Fratelli d’Italia hanno subito chiesto «l’astensione di De Raho» dalle attività della commissione Antimafia, della quale è vicepresidente: «È ormai chiaro a tutti», ha affermato il capogruppo di FdI in commissione Antimafia Riccardo De Corato, «che l’esponente del Movimento 5 stelle debba fare un passo indietro per consentire un sereno svolgimento dei lavori della bicamerale». Il difensore di Laudati si è visto costretto a diffondere una nota per precisare che il suo assistito si è «limitato a delegare al gruppo sos della Dna approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». Questo significa che De Raho era a conoscenza di quel che avveniva? «Il procuratore capo», spiega l’avvocato Castaldo, «è il momento terminale di una serie di attività d’impulso che poi vengono trasmesse alle Procure competenti». D’altra parte anche nei capi d’imputazione questo passaggio emergeva in modo chiaro. In ogni caso, sottolinea Laudati nella nota che ha diffuso, «tutti gli accertamenti erano determinati da esigenze investigative, nell’esclusivo interesse dell’ufficio e riguardano persone da me non conosciute e rispetto alle quali non avevo alcun interesse personale né alcun intento di danneggiarle». Così come «non rientrava» tra i suoi «compiti di sostituto procuratore quello di controllare il personale di polizia aggregato alla Dna, né quello di verificare gli accessi alla banca dati». Che lui, ribadisce, non ha «mai effettuato». Accusa che, peraltro, non gli viene contestata. Poi sostiene di non aver «mai avuto alcun rapporto, neppure di conoscenza, con i giornalisti che risultano indagati». Non ci sarebbero altre questioni dietro alla scelta di non presentarsi per l’interrogatorio. Secondo l’avvocato Castaldo, Laudati «è molto provato» e si trova «in un momento particolare della sua carriera e della sua vita, avremmo potuto chiedere tecnicamente un rinvio per motivi di salute, ma non lo abbiamo fatto per rispetto all’indagine e alla Procura e perché non volevamo che sembrasse una via di fuga». E ha aggiunto: «Non c’è alcuna dietrologia e al momento opportuno, quando avremo finalmente accesso agli atti e li conosceremo, potremo dare la nostra versione limpida e chiara per quanto riguarda la correttezza del suo operato». Tutto sembra ruotare attorno al clamore mediatico, scatenato da notizie «false», come denuncia il difensore di Laudati, ma a volte anche da anticipazioni vere e proprie, addirittura su richiesta. E a certificarlo c’è il procuratore generale di Perugia Sergio Sottani, che con un comunicato ha riportato l’attenzione sui presunti accessi abusivi e rivelazioni di segreto del luogotenente della Guardia di finanza Pasquale Striano, accusato di essersi impicciato senza motivo dei movimenti finanziari di diversi uomini politici. Spiate che sarebbero state fatte pure su richiesta di alcuni giornalisti. Un’inchiesta, sottolinea Sottani, «balzata prepotentemente e in modo deflagrante all’attenzione della pubblica opinione». Il procuratore generale puntualizza anche che il quadro investigativo «è apparso di tale inaudita gravità da indurre a una inusuale congiunta richiesta di audizione del procuratore della Repubblica (Cantone, ndr), unitamente al procuratore nazionale Antimafia e antiterrorismo (Giovanni Melillo, ndr)». L’aggettivo «inusuale» tradisce un certo fastidio per la passerella romana dei colleghi e annuncia di aver avviato un’attività di vigilanza per «verificare il corretto bilanciamento tra il doveroso diritti dell’opinione pubblica a essere informata nella fase delle indagini e il rispetto della presunzione d’innocenza». Sottani ricorda che tra le sue competenze c’è proprio quella di vigilare «sui rapporti con gli organi di informazione dei procuratori del distretto». Al pg la gestione mediatica del caso di Striano non è passata sotto al naso. Un anno fa, come ha ricostruito La Verità, la Procura di Roma iscrisse sul registro degli indagati Striano dopo l’esposto del ministro della Difesa Guido Crosetto, i cui redditi erano stati pubblicizzati in due articoli del quotidiano Domani. A marzo l’ufficiale venne anche interrogato, ma i giornali bucarono completamente la notizia, che rimase blindata. Poi, visto che l’indagine lambiva anche Laudati, il fascicolo venne trasmesso alla Procura competente: quella di Perugia. Qui l’inchiesta è diventata molto più mediatica, grazie ai ripetuti scoop dei soliti giornali. Poi Cantone e Melillo, su loro richiesta, sono stati sentiti dall’Antimafia e dal Copasir e hanno riferito notizie che non erano presenti nell’invito a comparire consegnato a Striano (documento che era già finito su tutti i giornali). Adesso Sottani vuole capire se tutto questo sia normale. E, così, ha fatto sapere di aver avviato azioni per «acquisire ogni elemento utile per consentire, eventualmente, agli organi istituzionalmente competenti di far piena luce sui fatti circostanziatamente segnalati». E i fatti circostanziatamente segnalati non sono altro che le fughe di notizie. E senza giri di parole ha concluso spiegando che il suo compito è quello di «segnalare agli organi deputati al controllo quelle che potrebbero apparire come eventuali anomalie comportamentali nell’esercizio della funzione giurisdizionale».
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