
Prevost fa riferimento alle chiusure di Pechino. E sull’Ia: la vita vale più di un algoritmo.Conviene credere in Dio. Perché «con i valori positivi che ne derivano, è nella vita dei singoli e delle comunità una fonte immensa di bene e di verità». Non è stato un richiamo fideistico quello lanciato ieri da papa Leone XIV in occasione dell’Incontro dell’unione interparlamentare internazionale, nel Giubileo dei Governanti e Amministratori. Davanti anche alla premier Giorgia Meloni e al presidente della Camera Lorenzo Fontana, papa Prevost ha messo al cuore del discorso una citazione di sant’Agostino, il santo della città terrena e della città di Dio, che indicava come l’aprirsi al trascendente permette «un passaggio dell’uomo dall’amor sui – l’amore egoistico per sé stesso, chiuso e distruttivo – all’amor Dei – l’amore gratuito, che ha la sua radice in Dio e che porta al dono di sé –, come elemento fondamentale nella costruzione della civitas Dei, cioè di una società in cui la legge fondamentale è la carità». Dall’egoismo, potremmo dire, al bene comune. È questo il passaggio che è come la chiave di volta «per avere allora un punto di riferimento unitario nell’azione politica, piuttosto che escludere a priori, nei processi decisionali, la considerazione del trascendente, gioverà cercare, in esso, ciò che accomuna tutti». Un pensiero forte che sembra riecheggiare papa Benedetto XVI sulla convenienza a vivere «etsi Deus daretur», come se Dio fosse. Ieri Papa Leone XIV ha richiamato l’architrave della dottrina sociale della chiesa, indicando ai governanti che «un riferimento imprescindibile è quello alla legge naturale, non scritta da mani d’uomo, ma riconosciuta come valida universalmente e in ogni tempo, che trova nella stessa natura la sua forma più plausibile e convincente». Quindi la citazione di Cicerone: «La legge naturale è la diritta ragione, conforme a natura, universale, costante ed eterna, la quale con i suoi ordini invita al dovere, con i suoi divieti distoglie dal male [...]. A questa legge non è lecito fare alcuna modifica né sottrarre qualche parte, né è possibile abolirla del tutto».Il passaggio è stato colto dalla premier Meloni che in un comunicato a seguito dell’incontro ha scritto che ha trovato «particolarmente potente la riflessione sulla legge naturale come bussola che deve orientare il legislatore e l’azione politica». Il passaggio del Papa ha una sua rilevanza anche all’interno della Chiesa visto che nella famosa enciclica di Papa Giovanni Paolo II Veritatis splendor, correva l’anno 1993, si denunciava come anche nella stessa comunità cristiana «si respinge la dottrina tradizionale sulla legge naturale, sull’universalità e sulla permanente validità dei suoi precetti». E ieri Papa Leone XIV ha significativamente sottolineato come la legge naturale deve fare da stella polare per i politici «in particolare su delicate questioni etiche che oggi si pongono in maniera molto più cogente che in passato, toccando la sfera dell’intimità personale». Tra queste sfide anche l’intelligenza artificiale, per cui il Papa ha ricordato che «la vita personale vale molto più di un algoritmo e le relazioni sociali necessitano di spazi umani ben superiori agli schemi limitati che qualsiasi macchina senz’anima possa preconfezionare». Nelle tre riflessioni poste all’attenzione dei politici Leone XIV ha invitato a promuovere «le condizioni affinché vi sia effettiva libertà religiosa e possa svilupparsi un rispettoso e costruttivo incontro tra le diverse comunità religiose». Un piccolo ma importante messaggio anche alla Cina dove faticosamente la chiesa tenta di aprire spazi, ma dove in realtà la libertà religiosa è spesso soffocata senza possibilità di appello. Poi anche una citazione della famosa enciclica Rerum novarum di papa Leone XIII, per dire ai politici «di adoperarsi affinché sia superata l’inaccettabile sproporzione tra una ricchezza posseduta da pochi e una povertà estesa oltremisura».Infine, l’esempio di san Tommaso Moro che interpretò «la politica non come professione, ma come missione per la crescita della verità e del bene. Il coraggio con cui non esitò a sacrificare la sua stessa vita pur di non tradire la verità, lo rende ancora oggi, per noi, un martire della libertà e del primato della coscienza».
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