2020-06-16
L’Anm processa gli ex consiglieri ma «salva» i big amici di Palamara
Il sindacato adesso tace sui suoi stessi componenti e sui membri del Csm che brigavano con il pm indagato a Perugia. Tra le toghe rosse fuoco amico su Giuseppe Cascini: invece di chiedere scusa per gli errori, si autoassolve.Gli accusatori finiscono sott'accusa, e così l'Associazione nazionale magistrati rischia di «processare» chi, nel frattempo, è già andato via. Abbandonando il sindacato delle toghe e contestandogli di aver fatto giustizia sommaria.Riepilogo delle puntate precedenti: all'esplosione delle indagini per corruzione su Luca Palamara, nel maggio 2019, finiscono nel tritacarne delle intercettazioni del virus trojan anche cinque consiglieri del Csm sospettati sui quotidiani di aver brigato, nell'incontro notturno all'hotel Champagne di Roma, per la definizione a tavolino della nomina del procuratore della Città Eterna dopo il pensionamento di Giuseppe Pignatone. Costretti alle dimissioni da Palazzo dei Marescialli, i cinque sono poi finiti sotto procedimento disciplinare. E sabato prossimo, 20 giugno, il Comitato direttivo centrale dell'Anm dovrebbe (avrebbe dovuto) decidere del loro destino. Per Palamara, che quasi dieci anni fa ne è stato presidente, è stata chiesta l'espulsione. Per gli altri invece sarà (sarebbe stata) battaglia essendo il giudizio dei probiviri rimasto in bilico con un astenuto e due voti a testa sia per l'archiviazione sia per la radiazione dal sodalizio. Solo che quattro magistrati hanno deciso di lasciare l'associazione con motivazioni quasi identiche: si tratta di Gianluigi Morlini, Corrado Cartoni, Luigi Spina e Antonio Lepre. Tutti contestano la legittimità della scelta dell'Anm di avviare l'iter sanzionatorio sulla base di stralci di intercettazioni uscite, tra non poche lacune ed errori (vedi la causa vinta da Cartoni col Messaggero per avergli attribuito delle frasi mai pronunciate nel corso degli appuntamenti con Luca Lotti e Cosimo Ferri), giusto un anno fa. Concetti estrapolati dai contesti che i diretti interessati e la stessa Anm non hanno potuto verificare e riscontrare sugli originali, risultando disponibili ancora solo i resoconti di cronaca giudiziaria. Non a caso, Morlini, giudice di Reggio Emilia, nella lettera di dimissioni ha parlato di «questioni di opportunità» e di «serenità» che è venuta a mancare. Il difetto di rappresentatività, essendo l'Anm attuale scaduta ad aprile, è un altro tema difensivo. Il sindacato delle toghe è in prorogatio da mesi, e per di più conta proprio all'interno del Comitato direttivo centrale più di un magistrato sorpreso a chattare con Palamara che ovviamente non è mica finito «sott'inchiesta» disciplinare. Da qui il rimprovero di incoerenza mossa ai vertici dell'Associazione: perché «processare» solo gli ex consiglieri del Consiglio superiore rimasti imbrigliati nella rete del trojan e non anche quelli che brigavano sottobanco con l'ex pm di Piazzale Clodio come emerge chiaramente dai messaggi Whatsapp allegati agli atti del procedimento di Perugia?Chi invece non si è dimesso, e annuncia battaglia è Paolo Criscuoli, convitato silenzioso delle riunioni notturne a cui lo stesso Procuratore generale della Cassazione non ha attribuito alcuna frase nell'apertura del procedimento disciplinare. È probabile che l'ex esponente del Csm decida per una ricusazione generale del Cdc (che conta 33 componenti esclusi i sei rappresentanti di Magistratura indipendente che diserteranno) e per una richiesta di rinvio. «Tra color che son sospesi» c'è inoltre l'ex sottosegretario alla Giustizia, il deputato renziano Cosimo Ferri. La sua posizione è stata stralciata per verificare, come da lui sostenuto, il suo recesso dall'Associazione «quanto meno a far data dalla sua elezione alla Camera dei deputati nella XVIII legislatura, e ciò ancorché risulti versata a suo nome la quota associativa fino al mese di febbraio 2020». Le fibrillazioni scuotono pure Magistratura democratica, corrente poi confluita nel maxi-cartello Area democratica per la giustizia, che sabato scorso ha celebrato un consiglio nazionale pilatesco in cui è stato deciso di non... decidere. Scelta che però, invece di placare gli animi, ha attizzato il fuoco della polemica. Il giudice Emilio Sirianni, componente dell'ala radicale del movimento, ne ha approfittato per fustigare, sulla mailing list della corrente, il procuratore aggiunto (e consigliere del Csm) Giuseppe Cascini, a più riprese spuntato nelle chat di Palamara. Sirianni, noto per l'amicizia con l'ex sindaco di Riace, Mimmo Lucano, ha provocatoriamente domandato al collega quando si sia accorto della pericolosità di Palamara: «Solo quando è stato indagato?», ha chiesto. «Un'ingenuità che credo trasmodi anche in grave errore politico per il ruolo rivestito da entrambi». Prendendo spunto dagli scoop della Verità, il giudice ha citato il caso di Sergio Colaiocco, pm romano convinto da Palamara a ritirarsi per non creare concorrenza a Cascini nella corsa per il ruolo di aggiunto. «Certo, so bene che queste non sono prove che basterebbero per un rinvio a giudizio, ma qua si parla di politica, non di capi d'imputazione», ha attaccato ancora Sirianni. «Continuo a ritenere che sarebbe stato necessario, indispensabile, chiarire ogni passaggio nelle sedi proprie (assemblea di Area, Consiglio nazionale di Md) e farlo magari con l'umiltà, la disponibilità ad ammettere di avere sbagliato. Invece, si pronunciano autoassoluzioni (politiche naturalmente) e si chiede alla base di prenderne atto […] Si chiede che tutti ci si unisca in un abbraccio solidale ché il nemico è altrove», ha concluso Sirianni. E il potente consigliere di Area che cosa ha risposto? Ha bollato la mail come «gravemente offensiva sul piano personale» e si è limitato solo a replicare su questioni locali assai meno compromettenti. Non una parola su tutto il resto. E non è poco.