
L'azienda proprietaria dell'Airbus, poi noleggiato da Etihad e girato in leasing all'Alitalia per le esigenze dell'ex Rottamatore, è la misteriosa Uthl le cui tracce sembrano portare in Nepal. Il puntino verde ha ripreso a lampeggiare sul radar, assai lontano. La scia dell'Air Force Renzi stavolta arriva fino in Asia. In Nepal, per la precisione. Dove potrebbe trovarsi la risposta alla misteriosa società proprietaria dell'Airbus 340/500 noleggiato, successivamente, dall'Etihad e, da questa, girato in leasing all'Alitalia per le esigenze del capo del governo dell'epoca, l'ex Rottamatore Matteo Renzi. Si tratta della Uthl. Una sigla che nei database dei lessors internazionali (tecnicamente le società che acquistano gli aerei per fittarli alle compagnie in tutto il mondo) non è associata ad alcun grande gruppo. Ma che potrebbe, invece, corrispondere alla società nepalese «Upper Tamakoshi Hydropower Ltd». Si tratta di una azienda, nata da una costola della Nepal Electricity Authority nel 2007, come «agenzia esecutiva per l'attuazione» del progetto idroelettrico di «Upper Tamakoshi» - si legge sul sito istituzionale dell'ente - per «far fronte alla crisi elettrica in corso in Nepal». Il fiume Tamakoshi è uno dei maggiori affluenti del Sunkoshi, e la presa per la nuova centrale sarà installata nel villaggio di Lamabagar, che si trova a «6 km a sud del confine con la Cina (Tibet)» e a «32 km a nord-nord-est del centro del distretto di Dolakha». La traccia sembra convincente. «Innanzitutto dobbiamo precisare che non è stato questo l'unico aereo «leased by Uthl»», spiega al nostro giornale Antonio Bordoni, esperto di incidenti aerei e autore del libro Piloti malati e proprietario del sito Air Accidents. «In realtà oltre alla matricola 748, appunto la macchina acquistata dal governo italiano, risultano passati per la Uthl anche la matricola 757 e 761, ovvero altri due Airbus 340». «Nelle liste di lessors aeronautico anche «datate» la società in questione non risulta apparire e tutto farebbe pensare trattarsi di un soggetto al di fuori del settore dei noleggi aeronautici». Per di più - spiega ancora Bordoni - «la precisazione «leased by» viene introdotta per chiarire tutti i passaggi che l'aeromobile ha avuto nella sua vita lavorativa, ma non significa che dopo un certo numero di anni la macchina sia ancora noleggiata da quella società». Anzi, «i contratti di leasing vengono solitamente stipulati per un numero limitato di anni, e in ogni caso nel momento di una rivendita dell'aereo se a monte vi fosse un lessors attivo, ciò deve comparire, pena la nullità del contratto». Dunque, davvero il governo italiano ha scelto come ammiraglia un vettore aereo di proprietà di una società che fabbrica dighe dalle parti di Katmandu?Chi potrebbe contribuire a fare chiarezza - e non è detto che non accada, considerati gli ultimi risvolti - è la Etihad, la compagnia dell'emiro di Abu Dhabi che ha noleggiato l'airbus dalla Uthl e l'ha poi riscattato per noleggiarlo, a sua volta, all'Alitalia con un contratto di leasing 26 volte superiore il valore stesso dell'aeromobile. Questo perché, al momento della stipula del contratto, il ministero della Difesa - che nel 2016 aveva curato gli aspetti tecnici della trattativa - avrebbe espresso la preferenza di avere come controparte contrattuale un'azienda italiana: l'Alitalia, appunto. Ed è proprio la nostra compagnia di bandiera, che già attraversa una crisi finanziaria terribile, adesso a dover pagare probabilmente lo scotto di quella triangolazione e della risoluzione anticipata del contratto di leasing decisa nell'agosto 2018 dal governo giallblù prima della scadenza naturale degli otto anni. «Il tentativo di Alitalia di terminare l'accordo vincolante con Etihad non ha validità. Alitalia infatti resta vincolata alle condizioni concordate al momento della firma del contratto. Pertanto, Etihad ha deciso di portare Alitalia in tribunale al fine di ottenere un risarcimento dei danni subiti a causa della violazione del contratto», ha spiegato un portavoce della compagnia mediorientale. «Il contratto di leasing dell'Airbus A340 è stato stipulato su richiesta del governo italiano. Alitalia è stata inclusa nell'operazione e ne ha tratto beneficio dal punto di vista economico grazie alla fornitura di servizi aggiuntivi», ha aggiunto il portavoce. Etihad, ha sottolineato ancora, «ha acquistato l'aeromobile direttamente da Airbus attraverso un finanziamento stipulato con parti terze, garantito da ipoteca sull'aeromobile stesso. Per evitare che l'aereo della presidenza del Consiglio incorresse nel rischio di riappropriazione da parte dei soggetti finanziatori, il ministero della Difesa italiano aveva deciso di non siglare un accordo che prevedesse un'ipoteca sull'aeromobile». «Si è quindi concordato un pagamento anticipato del leasing, pari a 25 milioni di dollari, in modo da consentire a Etihad di estinguere il debito residuo e liberare l'aeromobile da incombenze. Tale importo è stato poi detratto dai successivi canoni di leasing». Fino alla decisione del vecchio esecutivo Conte di lasciare l'Air Force Renzi sulla pista di atterraggio. Sperando che nessuno facesse valere le clausole del contratto.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





