2020-09-11
L’accusa a tre toghe del Csm: «Ottennero una legge su misura»
Secondo l'indagine disciplinare, Claudio Galoppi, Massimo Forciniti e Luca Palamara «dettarono» un emendamento per facilitare le carriere dei pm.La notizia (data dalla Verità) dell'incolpazione da parte del procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi a carico del consigliere giuridico del presidente del Senato ieri non ha interessato siti e agenzie di stampa. Stessa fine misera per la notizia delle dimissioni del consigliere del Csm Marco Mancinetti: qualche boxino qua e là e niente più. Ma a noi le storie di giustizia e malagiustizia continuano a interessare e quella dell'emendamento 42-ter.1 alla legge di stabilità 2017 ci pare davvero significativa. La norma approvata tre anni fa consente ai consiglieri uscenti, anziché tornare nei loro vecchi uffici di provenienza per un anno, di partecipare ai concorsi per ruoli direttivi e semidirettivi o di andare fuori ruolo, appena terminata la consiliatura nel Palazzo dei marescialli. È quello che ha potuto fare Claudio Galoppi, esponente di Magistratura indipendente, che dal parlamentino dei giudici è passato direttamente nello staff del presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, in veste di consigliere giuridico. La vicenda emerge dall'atto di apertura del procedimento disciplinare inviato nelle scorse ore dal pg Salvi allo stesso Galoppi, a Luca Palamara e a Massimo Forciniti, oggi presidente di sezione presso il tribunale di Crotone. Secondo il pg, dietro all'emendamento ci sarebbero loro tre e la prova sarebbe nelle chat tra Palamara e Forciniti. Nel documento si legge che i tre sono incolpati perché «usando strumentalmente la loro qualità di componenti del Csm perseguivano il fine di conseguire l'ingiusto vantaggio - per sé stessi - della abrogazione» del comma che impediva ai consiglieri uscenti di concorrere subito per incarichi direttivi e semidirettivi, «sollecitando la presentazione e l'approvazione dell'emendamento 42-ter.1 alla legge di stabilità 2017, presentato dall'onorevole Paolo Tancredi».Ma le accuse non coinvolgono solo i tre magistrati: «Nell'occasione, dopo avere ispirato e messo a punto il testo dell'emendamento, i dottori Forciniti, Galoppi e Palamara avviavano varie interlocuzioni con parlamentari della Repubblica (tra cui l'onorevole Donatella Ferranti, presidente della commissione Giustizia della Camera dei deputati)». La Ferranti, dal 2008 al 2018 in Parlamento nelle fila del Pd, è oggi consigliere della Cassazione e le interlocuzioni con lei e con altri politici non identificati sarebbero state «finalizzate ad attuare una strategia idonea a superare le obiezioni delle forze politiche che sostenevano il governo nonché l'atteggiamento critico dello stesso ministro della Giustizia (Andrea Orlando)». Nelle chat si legge questo messaggio: «Mi dice la Ferranti che governo e relatore contrari a nostro emendamento. Probabilmente Orlando decide». Il relatore era Enrico Morando, viceministro dell'Economia. Ma anche Francesco Boccia, all'epoca presidente della commissione Bilancio e relatore di maggioranza, sembra d'ostacolo al piano, tanto che Forciniti, riferendo quanto appreso dalla Ferranti, scrive che «si tira indietro» e che «ha accantonato l'emendamento». Persino il proponente, il deputato Tancredi, a giugno ci aveva detto: «L'emendamento a mio giudizio era inammissibile per la legge di bilancio […]. Invece è stato dichiarato ammissibile dall'ufficio di presidenza della commissione Bilancio e di solito per questo tipo di emendamenti il via libera arriva quando c'è una condivisione generale». Quindi anche se Orlando era critico, Boccia si voleva tirare indietro eccetera, eccetera, l'emendamento è passato. A quell'epoca Palamara era molto vicino alla politica, e in particolare al Giglio magico, ma pure al segretario del Pd, Nicola Zingaretti; conosceva personalmente Matteo Renzi, Luca Lotti e Maria Elena Boschi; ma nell'occasione la sua principale interlocutrice sembra essere stata la Ferranti, allora presidente della commissione Giustizia. «Ora chiama la Ferranti e non vergognarti di farlo», è il diktat di Palamara al collega Forciniti quando c'è da recuperare informazioni. La missione va avanti nelle concitate ore dell'approvazione della legge di bilancio, nelle cui pieghe va infilata la norma ad personam. La Ferranti, secondo quanto scrivono Forciniti e Palamara, è in trincea: «Mi scrive Donatella, stanno votando, ma il 42 ter.1 è ancora accantonato… forse non è tutto chiuso… voteranno anche stanotte». A un certo punto arriva la notizia che l'emendamento non è stato scartato, ma va scovato nel mare magnum della finanziaria: «Donatella mi ha detto che lo sta cercando. Sono 6.000». Nella dura battaglia i consiglieri cercano alleati: «Diglielo al biondino. Potrebbe dare fastidio Morando». Dunque in quel momento c'è un misterioso «biondino» che dovrebbe tenere a bada il relatore recalcitrante. Ieri abbiamo provato a chiedere lumi ai protagonisti della vicenda. Galoppi, Forciniti e Palamara non hanno voluto rilasciare dichiarazioni. Hanno accettato di dire la loro i politici coinvolti. Dando vita al tipico scaricabarile. Inizia la Ferranti: «Io non ho nessun ricordo dell'emendamento perché è stato presentato in commissione Bilancio e non è mai passato per la mia commissione».Nelle chat lei sembra andare a caccia di questo emendamento… «No, no, no. Quello che è scritto nell'atto di incolpazione io non lo so, ma proprio in un'intervista al vostro giornale Tancredi disse come andarono le cose». In effetti raccontò di essere stato contattato dalla Casellati e di aver ricevuto un «pizzino» con l'emendamento. Ma Forciniti la chiamò per parlare della norma? «Non ci sono state telefonate con lui. Quell'emendamento non è passato né da me, né dalla mia commissione […]. Gli interessati sapranno con chi hanno interloquito, così come Tancredi e le cose saranno facilmente ricostruibili». L'ex Guardasigilli Andrea Orlando è particolarmente serafico: «Il mio ministero aveva dato un parere negativo a quell'emendamento». Quindi gliene avevano parlato… «Tutti gli emendamenti che riguardavano la giustizia venivano portati alla mia attenzione. Ho sempre detto che a mio parere le norme sull'età pensionabile dei magistrati e sulla moratoria dei consiglieri uscenti del Csm non andavano più toccate». Ma se eravate tutti contrari come è possibile che sia passato? «In queste cose l'ultima parola spetta al relatore del governo e al relatore della maggioranza, se non è un peso piuma», conclude il deputato. Ieri Morando, quando lo abbiamo contattato, era impegnato in un dibattito. Il ministro degli Affari regionali, Francesco Boccia, invece, ha ricordi meno nitidi di Orlando: «Nella mia carriera mi sono occupato di decine di migliaia di emendamenti, essendo stato presidente della commissione Bilancio per cinque anni. Se lo dice Andrea, è probabile che quell'emendamento sia entrato in commissione con il parere negativo del governo, poi succede che il governo su alcune modifiche si rimetta alla commissione… bisognerebbe riprendere il resoconto stenografico del dibattito. Ho letto i vostri articoli, in cui venivo citato, ma le confesso che non mi ricordo come siano andate le cose. Io e Morando avevamo davanti un librone con migliaia di emendamenti». Boccia spiega che a dare un parere a nome del governo non era un solo rappresentante, ma sei o sette. «Di sicuro la Casellati non mi ha mai chiamato», afferma. E qualche renziano? (Ride) «No… glielo direi». E la Ferranti? «Non mi ricordo se abbiamo discusso di questo. Agli atti dovrebbero risultare le proposte emendative delle altre commissioni. Le assicuro che non ho mai parlato con Forciniti in vita mia. Gli altri due magistrati li ho incontrati per motivi diversi. Comunque, io che conosco un po' le dinamiche parlamentari, le posso dire che non c'è un essere umano che possa incidere da fuori su un emendamento, a meno che non controlli un gruppo parlamentare». Oggi, però, ci sono tre ex consiglieri del Csm accusati proprio di aver fatto approvare una legge ad personam. E anche se la politica fa melina, una maggioranza per il loro emendamento l'hanno trovata.
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