2020-09-19
«L’aborto non si può ridurre a una pillola»
L'ex ministro Lorenzo Fontana condivide la linea del Piemonte: «L'interruzione di gravidanza viene presentata come qualcosa di troppo semplice. Bisogna guardare in altre direzioni: molte ragazze, con il giusto sostegno economico, partorirebbero senza il minimo dubbio». Lorenzo Fontana - parlamentare leghista e già ministro della Famiglia del governo gialloverde - è sempre stato in prima linea nella difesa della vita. Anche per questo ha deciso di entrare nell'infuocata discussione che si è aperta in Piemonte a proposito dell'aborto, dopo che Fratelli d'Italia ha proposto alla giunta di centrodestra di approvare un documento che prevede lo stop alla somministrazione della pillola Ru486 nei consultori e, solo dopo la fine dell'emergenza Covid, in day hospital. Tale proposta ha suscitato una reazione durissima del fronte progressista. Non appena abbiamo anticipato le nuove linee guida elaborate da Fdi sull'utilizzo della pillola abortiva a sinistra si è scatenato il putiferio. E come al solito viene chiamata in causa la «libertà».«La mia posizione sull'aborto è nota, non l'ho mai nascosta. Il punto è che oggi l'interruzione di gravidanza viene presentata come una cosa estremamente semplice, che si può fare con facilità, senza dolore e conseguenze, senza pensarci su troppo a lungo. Basta prendere una pillola… Spesso si dimentica una cosa importante».Che cosa?«Che la 194 prevede anche la difesa della vita. A volte sembra che chi manifesta per l'aborto non abbia letto la legge, o faccia finta di non averla letta. La 194 ribadisce che lo Stato riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. E specifica che l'interruzione volontaria della gravidanza non è un mezzo per controllare le nascite».Sì, sono concetti che quasi sempre passano in secondo piano…«Quando ero ministro della Famiglia, l'obiettivo che mi ero posto era quello di rafforzare il più possibile il ruolo dei consultori e anche delle associazioni che si occupavano di difendere la vita. Non agendo contro la legge, anzi, nell'intento di garantirne la piena applicazione».Quindi secondo lei la «libertà delle donne» non è in discussione.«Le dico una cosa riguardo alla libertà. Dai rapporti che mi arrivavano già quand'ero al ministero, risultava che la gran parte degli aborti era dovuta a motivazioni economiche. Parliamo di donne che non volevano mettere al mondo bambini perché si trovavano in estrema difficoltà. Tante di loro erano immigrate, che magari vivevano in condizioni di disagio. È libertà di scelta, questa? A me sembra di no. Qui la libertà di scelta non c'entra proprio niente, parliamo di persone che sono disperate, e che vanno aiutate, cioè messe in condizione di non rinunciare ai figli per motivi economici».Anche questo è un aspetto che spesso viene trascurato.«Credo che si debbano raccontare anche storie positive. Mi è capitato spesso di incontrare medici e associazioni che lavorano nelle cosiddette periferie. Persone che hanno aiutato tante donne a portare a termine la gravidanza. E mi hanno detto tutti la stessa cosa: fra le donne che volevano abortire e che poi hanno cambiato idea, non ce n'è una che se ne sia pentita. Mi hanno raccontato delle storie anche dure, ma bellissime, di cui però non si parla mai».Quindi in linea di principio lei condivide l'orientamento delle linee guida piemontesi che stanno facendo tanto discutere.«Ripeto, io sono per la difesa della vita, non è un segreto. E mi sembra che in questo caso ci sia semplicemente un tentativo di evitare la banalizzazione di una questione come l'aborto. Prendere la pillola abortiva non è come prendere una caramella, ma è una faccenda piuttosto seria, che ha delle conseguenze serie. E come tale va affrontata. Bisogna tutelare la salute delle donne, e io credo anche quella dei bambini. Mi pare che le linee guida piemontesi vadano in questa direzione».Eppure si è subito cominciato a dire che le destre vogliono togliere diritti alle donne…«Vogliamo difendere i diritti? Allora cominciamo a pensare ad aiutare le donne che pensano di abortire perché sono in difficoltà economiche. Pensiamo a sostenere le mamme. Mi sembra una cosa decisamente più utile».Sì, ma l'ideologia spinge verso un'altra direzione.«Infatti è una questione ideologica. Però, ripeto, ci sono anche altre storie che andrebbero raccontate. Ad esempio, sono rimasto molto colpito quando ho letto quella della madre di Cristiano Ronaldo, raccontata nella sua autobiografia. Quando rimase incinta di Cristiano, aveva 30 anni ed era già madre di altri tre figli. Pensava di non farcela a mantenerne un quarto, così cercò di abortire. Il suo medico si rifiutò, e da sola fortunatamente non riuscì a farlo. Ebbene, da quella gravidanza è nato Ronaldo».È il grande mistero della nascita: in fondo non sappiamo chi arriverà.«È per questo che una politica seria dovrebbe stare vicino alle donne, specie a quelle più deboli e in difficoltà economiche. Anche perché se nascono più figli ci guadagniamo tutti, visto il calo demografico che stiamo vivendo, e che rappresenta un problema enorme per tutti. Anche per questo motivo dobbiamo raccontare storie positive, e non lasciare spazio a certa retorica. Bisogna far riflettere le persone, farle ragionare a fondo su che cosa sia davvero l'aborto».Tuttavia anche il Consiglio superiore di sanità, sentito dal ministro Roberto Speranza, dice che la pillola abortiva si può assumere in day hospital, rapidamente.«Il rischio è che si banalizzi tutto. Che la pillola abortiva diventi magari non proprio come una pillola anticoncezionale, ma quasi. L'aborto farmacologico viene fatto passare così, come una cosa semplice, senza rischi e senza controindicazioni. Eppure la stessa 194 mette dei paletti: ci sarà un motivo, no? La banalizzazione di questi temi, sinceramente, mi fa paura».
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