
Paragonando l'interruzione volontaria di gravidanza all'assoldamento di un sicario, il Papa ha avuto il coraggio di affrontare l'unica forma di pena capitale sfuggita a ogni moratoria internazionale.«Interrompere la gravidanza significa "fare fuori uno", direttamente»: con queste parole, lapidarie nella loro chiarezza e semplicità, Papa Francesco ha posto nuovamente al centro del dibattito culturale il grande valore della vita umana, fin dal concepimento, nel 40° anniversario dell'iniqua legge 194, che dal 1978 ad oggi ha mietuto sei milioni di vittime innocenti. Per rendersi conto della mostruosa enormità di questo dato basterebbe rifarsi alle due guerre mondiali, costate circa due milioni di morti. Ebbene, la guerra contro la vita nascente, che ha trasformato l'utero materno dal luogo più accogliente e sicuro per il bimbo in un campo minato di morte, sta registrando il nefando primato di vittime nella storia della nostra Italia.La grande sensibilità che fin dall'inizio del suo pontificato Papa Francesco ha manifestato per gli «ultimi» della società, levando la sua autorevole voce contro la cultura dello «scarto», ha trovato la sua naturale completezza nell'affrontare l'unica forma di condanna a morte che è sfuggita a ogni moratoria internazionale e che quasi nessuno stato sembra più intenzionato a mettere in discussione: l'aborto provocato. La recente vicenda del consiglio comunale di Verona, che approva uno stanziamento di fondi per prevenire l'aborto, rimuovendo le cause economiche che possono indurre la madre ad interrompere la gravidanza – ottemperando peraltro al testo della stessa legge 194 – ha il grande merito di aver fatto cadere il velo di ipocrisia e viltà di molti che sostengono l'aborto come «diritto fondamentale» della persona umana. Capite Amici? Uccidere un bimbo nel grembo materno – da evento, ahinoi, tragico, provocato da condizioni personali altrettanto tragiche, e quindi da considerarsi una ferita mortale per la civiltà di un popolo, una ferita cui tutti insieme si deve cercare di porre rimedio – assurge al rango di diritto dell'uomo! Già sento le scomposte voci laiciste gridare al rischio di voler imporre uno stato etico, un'etica di parte cristiana cattolica, che viola il diritto di libera scelta. Dimenticando che proprio la Dichiarazione dei diritti universali, nel suo preambolo, pone la difesa del diritto alla vita di «ogni membro della famiglia umana» a fondamento della «pace, della giustizia e della libertà». Se si può legittimare l'uccisione di un bimbo nella culla del grembo, e si promuove una campagna di propaganda menzognera che plagia la donna, convincendola che così si libererà da ogni «problema», come dice il Papa, è fin troppo facile capire che la strada verso ogni atto di morte è irrimediabilmente aperta. Quando, come è successo a Verona, si grida all' «attentato all'autodeterminazione della donna» per il solo fatto di dirle «guarda che posso darti una mano, così potrai tenere il tuo bimbo», non si tratta di «stato etico», si tratta di aver perso il lume stesso della ragione e del buon senso. Come diceva Jacques Lacan, noto psicoterapeuta francese, ateo, negli anni Ottanta, «se si perde il senso del limite, si cade nella nevrosi, psicosi e follia». È una società «folle» quella che non fa di tutto per salvare un bimbo, aiutando lui e la sua mamma, a poter vivere. Papa Francesco manda anche un forte messaggio la mondo medico: «Come può essere terapeutico … un atto che sopprime la vita innocente … è giusto affittare un sicario per risolvere il problema?». Ecco un altro aspetto: il tradimento dello statuto ontologico dell'atto medico. Si parla di «superamento del paradigma ippocratico» per introdurre azioni – aborto, eutanasia, suicidio assistito - in assoluta e lampante contraddizione con la natura stessa della medicina. Si studia per salvare vite umane, per guarire da malattie, per tutelare la salute, per prevenire eventi patologici, per lenire il dolore e la sofferenza … Che cosa ci è successo (parlo da medico), che cosa ci ha corrotto così profondamente, da trasformarci in lugubri attori di morte? In «sicari» che stanano i bimbi dall'utero o staccano sostegni vitali in vite disabili e fragili. La classe medica ha una enorme responsabilità – quantomeno quella del colpevole silenzio o della supina quiescenza – di fronte alle leggi degli omicidi legalizzati. Anche in questa occasione, comunque, papa Francesco ci invita a non dimenticare che – insieme a tanto male – ci sono anche raggi di luce e di speranza. Ricorda e ringrazia «il forte volontariato italiano che è il più forte che io abbia conosciuto», che ha salvato – in questi quarant'anni – duecentomila bimbi. Il pensiero va a tante donne ed uomini, cattolici e laici, che con ruoli diversi, hanno lavorato e lavorano ogni giorno per aiutare mamme e salvare bambini. Impossibile conoscere tutti i nomi; ma alcuni, per tutti, abbiamo il dovere morale di ricordarli, perché hanno segnato e segnano una luminosa scia di servizio al Bene e alla vita: Madre Teresa e Gianna Beretta Molla, Giorgio La Pira e Carlo Casini, Paola Bonzi e Chiara Corbella, fino a Gianna Jessen. L'ipocrita campagna mediatica di questi anni, che va dalla promozione del «bio» alla tutela delle specie in via di estinzione (orsi polari, balene) fino al contrasto degli abbandoni dei cani, non trova mai una parola per sostenere la vita di bimbi cui viene negato di nascere. Vediamo immagini toccanti e coinvolgenti di cuccioli abbandonati, con lo scopo di «scuotere» le coscienze; ma se per caso appare l'immagine di un bimbo vittima d'aborto, il circo del «politicamente corretto» rompe gli argini e si scatena il linciaggio, anche fisico, come è successo proprio ieri all'università La Sapienza di Roma nei confronti di un gruppo di «giovani universitari per la vita», fatti oggetto di insulti ed aggressioni.Vorrei concludere ponendo una domanda secca, rivolta a tutti, ma in particolare a chi in questi ultimi giorni non ha mancato di «agitare gli animi» disegnando scenari di derive dittatoriali per il semplice fatto di aver chiesto aiuti economici per ridurre il numero di aborti ed incentivare la natalità in un Paese, come il nostro, che sta morendo di gelo demografico: «Chi ci perde se un bimbo nasce? Al contrario: chi ci guadagna se un bimbo viene ucciso nel grembo materno?». Sono curioso - e attendo – di sentire che cosa rispenderanno Maurizio Martina, Mariaelena Boschi, Emma Bonino, Laura Boldrini o la Camusso. Sarà una buona opportunità perché possiamo capire chi considera la vita un diritto inalienabile e la famiglia come la sua culla naturale, e chi preferisce gli «idoli di questo mondo: il denaro – meglio togliere di mezzo perché costerà – il potere, il successo», come ci ammonisce il Papa. Nell'attesa, grazie Santo Padre per aver risvegliato il cuore degli italiani: le facciamo la promessa che neppure una sua parola cadrà nel vuoto.
(Ansa)
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(IStock)
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Antonio Tajani (Ansa)
Alla Triennale di Milano, Azione Contro la Fame ha presentato la Mappa delle emergenze alimentari del mondo, un report che fotografa le crisi più gravi del pianeta. Il ministro Tajani: «Italia in prima linea per garantire il diritto al cibo».
Durante le Giornate Contro la Fame, promosse da Azione Contro la Fame e inaugurate questa mattina alla Triennale di Milano, è stato presentato il report Mappa delle 10 (+3) principali emergenze alimentari globali, un documento che fotografa la drammatica realtà di milioni di persone colpite da fame e malnutrizione in tutto il mondo.
All’evento è intervenuto, con un messaggio, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha espresso «gratitudine per il lavoro prezioso svolto da Azione Contro la Fame nelle aree più colpite dalle emergenze alimentari». Il ministro ha ricordato come l’Italia sia «in prima linea nell’assistenza umanitaria», citando gli interventi a Gaza, dove dall’inizio del conflitto sono state inviate 2400 tonnellate di aiuti e trasferiti in Italia duecento bambini per ricevere cure mediche.
Tajani ha definito il messaggio «Fermare la fame è possibile» un obiettivo cruciale, sottolineando che l’insicurezza alimentare «ha raggiunto livelli senza precedenti a causa delle guerre, degli eventi meteorologici estremi, della desertificazione e dell’erosione del suolo». Ha inoltre ricordato che l’Italia è il primo Paese europeo ad aver avviato ricerche per creare piante più resistenti alla siccità e a sostenere progetti di rigenerazione agricola nei Paesi desertici. «Nessuna esitazione nello sforzo per costruire un futuro in cui il diritto al cibo sia garantito a tutti», ha concluso.
Il report elaborato da Azione Contro la Fame, che integra i dati dei rapporti SOFI 2025 e GRFC 2025, individua i dieci Paesi con il maggior numero di persone in condizione di insicurezza alimentare acuta: Nigeria, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, Bangladesh, Etiopia, Yemen, Afghanistan, Pakistan, Myanmar e Siria. In questi Paesi si concentra oltre il 65% della fame acuta globale, pari a 196 milioni di persone. A questi si aggiungono tre contesti considerati a rischio carestia – Gaza, Sud Sudan e Haiti – dove la situazione raggiunge i livelli massimi di gravità.
Dal documento emergono alcuni elementi comuni: la fame si concentra in un numero limitato di Paesi ma cresce in intensità; le cause principali restano i conflitti armati, le crisi climatiche, gli shock economici e la fragilità istituzionale. A complicare il quadro contribuiscono le difficoltà di accesso umanitario e gli attacchi agli operatori, che ostacolano la distribuzione di aiuti salvavita. Nei tredici contesti analizzati, quasi 30 milioni di bambini soffrono di malnutrizione acuta, di cui 8,5 milioni in forma grave.
«Non è il momento di tagliare i finanziamenti: servono risorse e accesso umanitario per non interrompere gli interventi salvavita», ha dichiarato Simone Garroni, direttore di Azione Contro la Fame Italia.
Il report raccoglie anche storie dal campo, come quella di Zuwaira Shehu, madre nigeriana che ha perso cinque figli per mancanza di cibo e cure, o la testimonianza di un residente sfollato nel nord di Gaza, che racconta la perdita della propria casa e dei propri cari.
Nel mese di novembre 2025, alla Camera dei Deputati, sarà presentato l’Atlante della Fame in Italia, realizzato con Percorsi di Secondo Welfare e Istat, che analizzerà l’insicurezza alimentare nel nostro Paese: oltre 1,5 milioni di persone hanno vissuto momenti di scarsità di risorse e quasi 5 milioni non hanno accesso a un’alimentazione adeguata.
Dal 16 ottobre al 31 dicembre partirà infine una campagna nazionale con testimonial come Miriam Candurro, Germano Lanzoni e Giorgio Pasotti, diffusa sui principali media, per sensibilizzare l’opinione pubblica e sostenere la mobilitazione di aziende, fondazioni e cittadini contro la fame nel mondo.
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