2019-11-12
L’Abi stronca la manovra giallorossa e apre all’introduzione dei minibot
Il dg Giovanni Sabatini: «Meccanismi per favorire l'immediata monetizzazione del vantaggio fiscale».L'audizione del direttore generale dell'Abi Giovanni Sabatini di fronte alle commissioni riunite di Camera e Senato non è di per sé una notizia. Quello che ha detto invece sì. E le notizie sono addirittura tre. Innanzitutto l'Associazione non accoglie con entusiasmo la legge di bilancio del ministro Roberto Gualtieri. Il mondo bancario è chiamato a pagare a causa di misure che «drenano liquidità in maniera consistente e rappresentano un ulteriore sacrificio per le banche, con impatti sul loro ruolo di sostegno all'economia, a famiglie e imprese». Le maglie per rendere deducibili le tante perdite su crediti sono sempre più strette. «In pratica», chiosa Sabatini, «si impone alle banche di finanziare, attraverso la fiscalità, le esigenze erariali, sostenendo un onere di natura finanziaria». Il tutto dopo anni di sacrifici in cui il sistema si è sobbarcato i costi di crisi bancarie senza l'intervento che molti altri Stati europei hanno invece destinato ai loro istituti in difficoltà. La luna di miele fra i banchieri e il governo giallorosso sembra insomma essere già terminata prima ancora che il viaggio di nozze finisca.La situazione del credito in Italia è drammatica soprattutto per le imprese. Come documentato dalla Verità lo scorso 19 settembre, dal 2011 al 2019 gli impieghi bancari al settore privato (imprese e famiglie) sono diminuiti - sempre secondo l'Abi- da 1.691 a 1.436 miliardi. Vale a dire circa 255 miliardi di credito scomparso o se preferite oltre 85 milioni di crediti in meno ogni giorno. Nonostante nel frattempo la Bce abbia stampato quanti più soldi poteva, tanto che le riserve in eccesso depositate dalle banche nei forzieri della Bce sono nello stesso periodo aumentate da poco più di 80 milioni a oltre 50 miliardi. Di questo soffrono le imprese. Il credito costerà pure zero (anzi meno di zero visto che alcune banche erogano a mutui a tassi per loro negativi) ma rimane di fatto inaccessibile ai più. Per quanto incredibile possa infatti sembrare, alle banche per fare credito tutto serve meno che il denaro della Banca centrale europea. Serve invece soprattutto il patrimonio che possono iniettare solo gli azionisti e che consenta agli istituti di far fronte a perdite su crediti attese e inattese (oltre 170 miliardi in sei anni per le banche italiane). E serve una domanda di prestiti che può partire solo da famiglie e imprese ma che in presenza di crescita economica asfittica non potrà che languire. E qui arriviamo alla seconda notizia. Forse la più importante e inaspettata. Sabatini apre anche all'introduzione dei minibot, parlando di «cedibilità del credito, con conseguente immediata monetizzazione del vantaggio fiscale» e aggiungendo: «Si auspica l'introduzione di ulteriori meccanismi, alternativi a quello appena descritto, che comunque favoriscano l'immediata monetizzazione del vantaggio fiscale insito nelle detrazioni d'imposta». Una misura che «vale la pena approfondire» in quanto forse più efficace della semplice cessione di un credito fiscale. In pratica visto che per le banche fare credito è quasi impossibile, che almeno sopperisca lo Stato rendendo immediatamente monetizzatili i suoi debiti. Il tutto ha una sua logica anche per i banchieri. Inutile obbligare gli istituti a esosi e irraggiungibili livelli di patrimonializzazione. Fare banca è relativamente facile se le cose vanno bene. È certamente impossibile se le cose vanno male. Le banche si curano da sole se l'economia viene a sua volta curata. E rendere più semplice la monetizzazione di un credito fiscale -anche attraverso lo strumento dei minibot- va in questa direzione anche se il metodo può apparire poco ortodosso. E sull'originalità dello strumento arriva la terza notizia; forse la più gustosa. Il direttore generale Sabatini ha smentito il presidente Antonio Patuelli che lo scorso giugno aveva frettolosamente bocciato i minibot come strumento per il pagamento dei debiti fiscali proprio perché si dovevano a suo dire prediligere soluzioni più ortodosse. Chi non può cambiare idea non può cambiare nulla, scriveva George Bernard Shaw. E bisogno di cambiare in banca ce n'è chiaramente fin troppo.