2021-06-15
Dai porti alle reti: chi paga la svolta anti Cina
Xi Jinping e Sergio Mattarella (Ansa)
Mario Draghi ha ribaltato l'apertura verso Pechino. Autostrade, infrastrutture, finanza: ecco aziende e nomi che dovranno scegliere da che parte stare. Al vertice Nato il premier chiede coinvolgimento nel Mediterraneo.A marzo del 2019, un anno prima dell'inizio della pandemia, il governo di Giuseppe Conte e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, hanno ospitato in pompa magna Xi Jinping. È toccato a Conte firmare le sette pagine di memorandum con cui l'Italia si è impegnata ad aderire alla Via della seta. Nel testo si leggono passaggi fondamentali per la strategia cinese in Europa. «Le parti si impegnano», si può leggere nel documento, «a cooperare nello sviluppo della connettività infrastrutturale e nella logistica in tutte le aree di mutuo interesse». Il riferimento è a strade, porti, telecomunicazioni ed energia con l'obiettivo di innestare nel sistema italiano il flusso di merci cinese per poi farlo circolare nelle reti europee Ten-t. Domenica sera il premier Mario Draghi, al termine degli incontri in ambito G7, ha fatto sapere di voler leggere con attenzione l'accordo firmato da Conte per consentire al Paese - si intuisce dalle affermazioni - di avere le mani libere di operare con le altre nazioni Ue e soprattutto gli Usa. Il tema del 5G e delle telecomunicazioni adesso sarà sotto vigilanza della nuova agenzia di cybersecurity. Avrà un potere enorme, ma almeno finché c'è Draghi lascerà poco spazio a tecnologia made in China. Diverso è invece il tema dei porti. negli ultimi mesi, Pechino ha adottato una strategia di penetrazione silenziosa. E ora sarebbe pronta a controllare due importanti assi europei grazie a Vado Ligure e Trieste. Già oggi lo scalo nei pressi di Genova è gestito al 49% da Cosco e da Qingdao port international ed è diventato il punto di riferimento di Rotterdam. Sul fronte triestino la situazione è più complessa. Per mesi i cinesi hanno tentato l'ingresso grazie al pressing politico del Pd. I vertici della Cccc, colosso cinese, non ci sono riusciti. Così il porto di Amburgo tramite la Hhla ha acquisito il 50,1% della piattaforma logistica del Nord adriatico. Solo che adesso la società tedesca è sotto attacco da parte di Cosco, che ha anche il porto del Pireo. Per Pechino significa portare a casa il tridente: Vado Ligure, Trieste e Pireo. Per il governo Draghi tagliare la Via della seta significa intervenire a gamba tesa e bloccare la strategia. Il modo è invocare il golden power europeo. Un veto mai usato ma che potrebbe tornare utile con la benedizione di Joe Biden. D'altronde si deve sempre agli americani il fallito tentativo di Cccc (ora nella lista nera di Washington) di prendere Taranto, nonostante l'incessante opera di promozione da parte dell'ex sottosegretario del Conte bis, Mario Turco. Dello scalo pugliese se ne è occupato a ottobre 2020 il Copasir e i nostri servizi hanno fornito un report specifico al Parlamento. Report ancora secretato. Nel 2019 Yilport ha chiuso un accordo diventato operativo dalla scorsa estate. Il presidente si chiama Yuksel Robert Yildrim. Non è particolarmente legato al partito di Recep Erdogan. Ha studiato negli Stati Uniti dove ha anche incontrato numerosi uomini d'affari cinesi. Cccc, come abbiamo scritto sopra, è finita nella lista nera Usa e quindi Pechino avrebbe preferito usare l'uomo d'affari turco per triangolare le merci a Taranto. Avere libertà di movimento in Puglia significa muoversi in Libia, da un lato, e verso i porti del Nord Europa, dall'altro. Poteva essere utile per i turchi che avrebbero bypassato la missione Ue Irini e per i cinesi che a loro volta avrebbero evitato la scure Usa. Il progetto su Taranto è naufragato. Evidentemente con Biden la moral suasion su Ankara è cambiata e ha finito con il creare con la Turchia un rapporto di distaccata amicizia. Più o meno quello che a breve avrà anche l'Italia. Nel frattempo, sempre a Draghi toccherà aprire nuovi capitoli di revisione con la Cina. Archiviate le acquisizioni industriali che hanno portato via know how ma non si sono rivelate sistemiche, resta invece aperto il capitolo finanziario ed energetico. E qui sarà tutto nelle mani di Cassa depositi e prestiti. Il precedente ad, Fabrizio Palermo, è diventato vicepresidente di Italy-China business forum. Il presidente è Chen Sqing, numero uno di Bank of China. La partnership era funzionale anche a emettere dei Panda bond in yuan per finanziare le nostre attività in Cina. Adesso in via Goito siede Dario Scannapieco. E se Draghi vuole smontare la Via della seta, all'ex vicepresidente Bei toccheranno scelte sensibili. Al di là delle emissioni in valuta orientale dovrà occuparsi di due azionisti di peso. Il primo si chiama Silk Road fund e in passato ha preso il 5% di Autostrade. Adesso sarà difficile una convivenza con la nuova compagine dove spicca Blackrock. Toccherà sborsare nuovi soldi per prendere l'intera partecipazione in Aspi? Probabilmente sì. Ma il capitolo più delicato sarà la partecipazione di China State grid che nel 2014 ha comprato per 2 miliardi di euro il 35% di Cdp Reti. L'operazione fu voluta da Franco Bassanini. Cdp Reti controlla Snam Terna e Italgas. Ogni miliardo di dividendi staccati, 350 milioni vanno a Pechino. E l'Italia non trae alcun vantaggio. Difficile immaginare nuovi investimenti americani se non si scioglie questo nodo infilato sotto il tappeto. Le forbici sono in mano a Cdp.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)