
Continua la trattativa con l'Ue. Verso un emendamento a Palazzo Madama: basteranno 5 miliardi e non 7 per quota 100. Pronti i tagli degli assegni sopra i 90.000 euro. L'esecutivo spera nell'effetto Francia: i disordini costringeranno Emmanuel Macron a sfondare il 3%.Il governo (più il M5s che la Lega, per l'esattezza) deve ancora sciogliere i nodi più delicati. Ma le opposizioni e i mainstream media continuano a dedicarsi a una sorta di realtà parallela e a una sterile guerra di parole, più che al merito dei problemi. Finché il governo teneva il punto sul 2,4% di deficit, veniva accusato di voler andare al «muro contro muro» con Bruxelles. Quando poi ha aperto a un ritocco di uno 0,2%, lo si è accusato di voler arretrare. Quando infine (com'era ampiamente annunciato) non ha presentato ieri in commissione Bilancio alla Camera gli emendamenti su reddito di cittadinanza e pensioni, si è inscenato lo spettacolo della sorpresa. Proviamo a rimettere ordine su ciò che è già acquisito e su ciò che potrà accadere. Nella manovra (che tecnicamente è un disegno di legge), sono allocate risorse quasi certamente sovrabbondanti, per le due misure più onerose: circa 16 miliardi per pensioni e reddito di cittadinanza. Questo stanziamento prudenziale è confermato. Per ciò che riguarda quota 100, gli stanziamenti (7 miliardi per il primo anno) sono valutati dalla componente leghista assolutamente sovradimensionati. Basteranno meno soldi (forse 5 miliardi), grazie alle «finestre» che razionalizzeranno i flussi dei lavoratori in uscita. Secondo le informazioni raccolte dalla Verità ieri sera da fonte governativa di primo piano, sarà presentato sul tema un emendamento alla manovra non alla Camera (stanotte ha lavorato la commissione Bilancio, mentre a metà settimana ci sarà l'approdo nell'Aula di Montecitorio) ma nel successivo passaggio al Senato. L'intervento leghista è già pronto.Non è invece ancora pronto l'intervento grillino sul reddito di cittadinanza. Se il M5s si deciderà, potrà anche in questo caso scattare un emendamento al Senato, altrimenti (come abbiamo scritto molte volte in epoca non sospetta) potrà esservi un provvedimento separato, probabilmente nella forma di un decreto collegato. Cosa accadrà? Certamente si punta a una partenza differita, comunque non prima della primavera del 2019: e già questo determinerà i risparmi decisivi. Se il M5s accogliesse il (ragionevole) suggerimento leghista, la misura cambierebbe anche profilo: inizialmente sarebbe un sussidio assistenziale, ma poi, una volta avvenuta l'auspicabile accettazione di un'offerta di lavoro, si trasformerebbe in una defiscalizzazione a favore dell'impresa che assume. È abbastanza retorica e infondata la voce di un abbassamento del quantum da 780 a 500 euro. Il punto è un altro: trattandosi di una misura integrativa per chi si iscriverà a un programma, è evidente che, in base alle caratteristiche (ad esempio patrimoniali) di quella persona, l'erogazione potrà essere inferiore. Quali gli effetti sul rapporto deficit/Pil? Uno 0,2% in meno corrisponde a 3,3-3,4 miliardi. È certo sul lato (leghista) di quota 100, e molto probabile sul lato (grillino) del reddito di cittadinanza, che gli accorgimenti descritti determineranno quel tipo di risparmio. Non è invece certo se le risorse risparmiate saranno usate per una riduzione del 2,4 inizialmente previsto, o se invece saranno dirottate sul capitolo degli investimenti. Va comunque ricordato che la proposta iniziale di rapporto deficit/Pil era uno striminzito 0,8. E quindi il balzo in avanti ci sarà stato comunque, sia che si giunga al 2,4 sia che ci si fermi al 2,2. C'è poi il «fattore Francia»: il governo Macron-Philippe aveva presentato una manovra con deficit al 2,8 (e molti pensavano già che il deficit effettivo si sarebbe rivelato nel tempo molto superiore). Ma ora appare pacifico che il governo dovrà concedere più di qualcosa ai gilet gialli, con un'ulteriore impennata del deficit. Dinanzi a ciò, con che faccia la Commissione Ue potrà chiudere gli occhi sugli sforamenti di Parigi e restare implacabile contro il (non) sforamento di Roma? Per di più ieri, in una nota congiunta, i due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, ci hanno tenuto a ricordare che Giuseppe Conte «ha evidenziato puntualmente l'apertura del governo a un dialogo franco e rispettoso delle istituzioni europee, senza rinunce» al patto stipulato con gli italiani. Purtroppo non risultano ampliamenti dei tagli fiscali. Si segnala un intervento positivo ma limitato sulle partite Iva sotto i 65.000 euro, con una flat tax al 15%, cui è stato associato un emendamento «anti furbetti», per evitare abusi del regime forfettario: un blocco della tassa piatta «nei casi in cui l'attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro» con cui il soggetto ha lavorato nei due anni d'imposta precedenti, oltre che per i soggetti riconducibili al vecchio datore di lavoro. Restano i 54 emendamenti presentati ieri in commissione Bilancio da relatori e governo. Due le novità più importanti. Da un lato, la possibilità per i centri per l'impiego di operare fino a 4.000 assunzioni. Dall'altro, l'aumento della deducibilità dell'Imu sui capannoni industriali. Lo stesso Salvini ha annunciato un raddoppio della deducibilità: dal 20 al 40%. Analogo intervento per gli altri immobili strumentali ai fini del reddito dei professionisti (studi professionali, eccetera). Sul fronte casa, dopo un combattivo e vincente pressing di Confedilizia, sembra evitato l'aumento generalizzato dell'aliquota massima con la nuova Imu, ma appare probabile la proroga di un (a parer nostro ingiustificato) 0,8 di Tasi per alcuni Comuni che, insieme allo sblocco dei tributi locali, desta più di qualche preoccupazione dal punto di vista dei contribuenti.
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