2020-10-29
La tentazione dei teologi moderni: dimenticarsi che esiste il Diavolo
Cardinal Giacomo Biffi (Ansa)
Così il cardinale Giacomo Biffi rileggeva la parabola del seminatore: la zizzania è il male, una realtà misteriosa ma presente. Che tanti religiosi edulcorano, togliendo però significato all'opera di redenzione di Dio.L'interpretazione cosmica è offerta direttamente ed esplicitamente da Cristo stesso quando dice: «Il campo è il mondo» (Mt 13,38). Secondo questa lettura, la parabola evangelica è un invito a riflettere sul male e la sua origine nell'universo.L'insegnamento di Gesù a questo proposito è estremamente sintetico ma limpidissimo: il nemico che ha frammischiato l'erbaccia alla buona coltivazione di Dio è il diavolo (Mt 13,39). Mette conto che abbiamo a richiamare, sia pure in cenni rapidissimi, l'intera concezione della fede cattolica circa il male del mondo (concezione che è implicitamente evocata da questa breve frase del Signore). Essa oggi è così faziosamente e acriticamente contrastata dalla cultura dominante, che capita di percepire una irritata meraviglia - quando non addirittura di sentir gridare allo scandalo - se il papa o qualche vescovo la ripropone nella sua semplicità e nella sua nativa interezza. Come se fosse impensabile, dopo tutte le aperture e gli irenismi, che ci sia ancora qualche cristiano che si attardi a pensare da cristiano.Secondo il realismo della Rivelazione, il male - inteso senza ambiguità come colpevole prevaricazione morale - esiste. «Voi che siete cattivi» (Mt 7,11), dice tranquillamente Gesù ai suoi ascoltatori; e così ci ammonisce che non ci si deve fare illusioni di tipo illuministico sulla nativa bontà morale dell'uomo. Le illusioni, tra l'altro, si sono rivelate storicamente molto pericolose. […]Le ideologie che si rifiutavano di credere alla malvagità del cuore dell'uomo, hanno dato vita ripetutamente in questi due secoli a forme esasperate di crudeltà. L'iniquità umana c'è, ed è largamente diffusa. Così diffusa da costituire un problema: come mai gli uomini più o meno tutti sconfinano nell'ingiustizia? La Rivelazione cristiana risponde con la dottrina del peccato originale.La verità del peccato originale come ogni mistero è oscura in sé stessa, ma è illuminante per noi e per la nostra condizione. […]A dire il vero, il Libro della Genesi, raccontando la colpa di Adamo e di Eva come frutto della istigazione perfida del serpente, sembra insinuare che l'inizio assoluto del male nell'universo vada ricercato antecedentemente alla comparsa dell'uomo sulla terra. E il libro della Sapienza - implicitamente citato da san Paolo nella lettera ai Romani - dà una lettura teologica dell'antico racconto indicando nel demonio la prima fonte delle nostre sciagure: «La morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo; e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono» (Sap 2,24). Ci ritroviamo così all'identico insegnamento offertoci da Gesù appunto nella parabola che stiamo tentando di capire: «Il nemico che ha seminato la zizzania è il diavolo» (Mt 13,39). Come si vede, la nostra meditazione sul male del mondo è stata progressivamente sospinta dalla verità del peccato personale a quella del peccato che dall'alba della vicenda umana universalmente contamina la nostra stirpe; e dalla verità del peccato originale a quella dell'esistenza del demonio, prima e oscura fonte di ogni perversione.Siamo così invitati a risalire a poco a poco l'enigmaticità delle cose fino a raggiungere la soglia del mondo invisibile che precede la storia dell'uomo; vale a dire la soglia della realtà che sta al di fuori e al di sopra del nostro tempo. I guai di cui ci sforziamo di renderci conto hanno, come si vede, radici lunghissime e premesse extratemporali. Léon Bloy ha una piccola frase splendente di verità: «Il male di questo mondo è di origine angelica e perciò non può essere espresso in lingua umana» (Le sang du pauvre, Conclusion).Nella cristianità contemporanea è in atto invece un curioso processo di smarrimento, tanto che si arriva a percorrere in senso contrario la strada sulla quale, come s'è visto, siamo stati guidati dalla fede. Tra i teologi c'è chi si impegna alacremente in un lavoro cosiddetto di smitizzazione, dopo il quale del demonio non resta neppure la coda. Questi teologi - diversamente da Gesù Cristo - pare che non pensino più a Satana come a un essere reale concretamente e personalmente esistente; sembrano piuttosto ridurlo a una sorta di immagine simbolica della intrinseca inclinazione al male che c'è nelle creature.Ma - tolto di mezzo il diavolo - anche il peccato originale non è più plausibile; e infatti in molte odierne presentazioni teologiche esso fatalmente si estenua e si sbiadisce fino a essere la cifra dell'umana finitezza o al più la denominazione collettiva di tutte le colpe individuali. Le quali, a loro volta, tendono a essere considerate non tanto come peccati responsabilmente commessi quanto come turbe psichiche conseguenti a squilibri congeniti o alla violazione di tabù senza fondamento.Insomma, prima si risolve l'idea del demonio in quella del peccato originale, poi l'idea del peccato originale in quella dei peccati dei singoli, infine l'idea dei peccati dei singoli in quella di un malessere senza colpevolezza. Così l'universo diventa una specie di innocente giardino d'infanzia, senza malvagità e senza malvagi, dove però non si capisce più perché tanto spesso ci si imbatta nella ferocia umana, e soprattutto non si capisce più che senso abbiano la morte, il dolore, la redenzione di Cristo. Un mondo così sarà anche bello, ma ha l'inconveniente di non esistere affatto. Verso la miseria umana questa è, a ben guardare, una falsa pietà, che ritiene di liberarci dal male negandolo e aiutandoci a non credere più nel demonio, a vanificare la dottrina della colpa d'origine, a banalizzare l'idea stessa di responsabilità personale. La vera misericordia - quella di Dio - batte la strada opposta. Il grande avversario comincia a essere sconfitto non nel momento in cui lo si relega tra le favole ma nel momento in cui lo si prende sul serio, in modo da prendere sul serio la vittoria ottenuta su di lui dalla morte e dalla risurrezione del Figlio di Dio; vittoria che quotidianamente si impianta nella vicenda di ognuno di noi mediante la nostra crescente partecipazione al mistero pasquale. […] Questo è il senso della proposta evangelica della «metànoia» (della conversione), che Gesù ci ha indicato come necessaria premessa della nostra salvezza. Il Vangelo non è la notizia che siamo già tutti innocenti per incapacità di intendere e di volere o perché i fatti non costituiscono reato; è la notizia che siamo tutti peccatori e, proprio per questo, siamo i fortunati destinatari dell'invincibile misericordia del Padre.
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