2020-07-19
Conte nel sacco, Italia beffata
Ancora non è chiaro quale sarà il testo finale dell'accordo sul Recovery fund. Tuttavia, pur non avendo fino a ora in mano il documento conclusivo del Consiglio europeo, è chiaro che per l'Italia la trattativa sui finanziamenti della Ue non è andata come il presidente del Consiglio si augurava.Giuseppe Conte, cui non fa difetto l'autostima e che da quando è a Palazzo Chigi fatica a contenere la sua vanità, era convinto di aver messo tutti nel sacco. Con il suo eloquio da leguleio di Volturara Appula era certo che all'ultimo avrebbe spuntato la migliore intesa, tanto da farsi beffe dei critici. Come di recente gli capita spesso, dietro l'aria cortese e formalmente gentile, nei giorni scorsi aveva mostrato una certa stizza per gli ostacoli sorti durante la trattativa, tanto da non mandarle a dire ai cosiddetti Paesi frugali, ossia all'Olanda e agli altri Stati che si opponevano a dare soldi senza condizioni.Ma aver sfoderato gli artigli purtroppo non è servito a nulla. Né è stato fruttuoso il tour intrapreso in Europa in vista dell'importante appuntamento di metà luglio. Nonostante l'ufficio stampa di Palazzo Chigi si sia dato un gran da fare per definire un successo gli incontri con gli altri premier, alla fine nelle mani del capo del governo non sembra essere rimasto nulla. Anzi: anche quello che sembrava dato per acquisito sta via via sparendo sotto gli occhi di un sempre più stupito Giuseppe Conte.Sì, in principio doveva essere un fiume di soldi, messo a disposizione dell'Europa per combattere il Covid e rilanciare l'economia del Vecchio Continente. Il denaro avrebbe dovuto andare in massima parte ai Paesi più colpiti, Italia in testa. L'annuncio era stato accompagnato da una serie di considerazioni riguardanti la solidarietà della Ue e così via. In realtà, le belle parole hanno presto lasciato spazio ai fatti, o meglio ai numeri, e questi ultimi per l'Italia sono tutt'altro che rassicuranti. Dopo le iniziali promesse, che Conte si era affrettato a sottoscrivere, ecco arrivare le correzioni e, soprattutto, le condizioni. Non più 1.500 miliardi per combattere la crisi, ma la metà e per di più con una serie di vincoli e di controlli. Considerandola indecente, il presidente del Consiglio aveva fatto sapere di essere fortemente contrario alla misura, anche perché, oltre a essere restituita, una parte dei soldi sarebbe stata sottoposta a vigilanza, nel senso che il denaro sarebbe stato subordinato a una serie di misure gradite ai Paesi della Ue, in particolare a quei simpaticoni dei «frugali». Risultato, dopo il tour di Conte per le capitali europee, invece di migliorare la situazione sembra peggiorare, perché la proposta di mediazione che avanza prevede che i cordoni della borsa si restringano ulteriormente, con un taglio di almeno 50 miliardi. In pratica, i soldi messi a disposizione sono sempre meno e la fetta di torta a disposizione dell'Italia diminuisce sempre di più.Forse c'è chi pensa che la riduzione dell'ammontare messo a disposizione dall'Europa serva ad ammorbidire i Paesi frugali e a far digerire loro un'attenuazione dei vincoli. Neanche a parlarne, perché la proposta che avanza, oltre a ridurre le sovvenzioni, contempla delle rigide regole. Per utilizzare le risorse del Recovery fund, i governi dovranno proporre piani di riforme e investimenti che andranno approvati dalla Commissione europea e dal Consiglio Ue. Già questo significa che chi usufruirà del denaro sarà un sorvegliato speciale che dovrà superare l'esame a Bruxelles. Ma non è finita. Durante l'esecuzione dei piani nazionali, anche un solo Paese della Ue potrà attivare «il freno d'emergenza», ovvero stoppare il finanziamento, chiedendo un riesame dell'investimento, con il conseguente blocco dell'erogazione dei fondi. In pratica, l'Italia e chiunque altro ne faccia richiesta può vedersi negati i soldi a insindacabile giudizio del Consiglio europeo, che rimane il controllore delle politiche degli Stati, con un potere di ingerenza che non risponderebbe agli elettori italiani e neppure alle istituzioni del nostro Paese, ma a Bruxelles. Detto in poche parole, è quel che volevano l'Olanda e i cosiddetti frugali, i quali per sganciare il denaro pretendono di mettere becco in casa nostra, decidendo quali politiche siano giuste e quali siano da respingere. In cambio di soldi, noi dovremmo cioè cedere un po' della nostra sovranità più di quanto non si sia già fatto. Conte dice che non accetterà veti. Ma nel momento stesso in cui è andato al tavolo da gioco senza conoscerne le regole ha già accettato i veti. Del poker bisogna sapere le astuzie, ma il presidente del Consiglio ha perso già quando, sedendosi, pensava che per vincere bastasse la sua vanità. Risultato, abbiamo un Conte decaduto.