2021-02-04
        La spola di Draghi tra Fico e Conte: oggi pomeriggio cominciano le consultazioni
    
 
        Mario Draghi e Maria Elisabetta Casellati (Ansa)
    
Il premier incaricato si appella al Parlamento: «Ho fiducia che emerga unità». Un’ora a colloquio con l’avvocato, che smentisce un ingresso nella squadra dell’economistaInizia a bordo di una station-wagon tedesca, la difficile avventura del probabile primo governo Draghi. È la Volkswagen con cui l’ex presidente della Bce oltrepassa l’ingresso principale del palazzo del Quirinale qualche minuto prima di mezzogiorno, atteso dal capo dello Stato, Sergio Mattarella, che lo ha convocato il giorno prima per conferirgli l’incarico di formare il nuovo esecutivo. Un appuntamento quasi evocato da lungo tempo. A giudicare dalla durata, sembra che i due siano andati subito al punto, con una verosimile ricognizione del quadro parlamentare a dir poco frastagliato che le tossine dell’ingloriosa fine del Conte Bis, con gli stracci volati tra ex alleati, non possono che aver ulteriormente complicato. Un’ora e mezza di colloquio, al termine del quale, annunciato dal segretario generale della presidenza della Repubblica, Ugo Zampetti, Mario Draghi proferisce le prime parole da premier incaricato, con la consueta pacatezza di toni ma con altrettanta chiarezza di propositi: «È un momento difficile», afferma prima di comunicare di voler accettare la sfida di formare un nuovo esecutivo: «Rispondo positivamente all’appello del capo dello Stato», aggiunge: «Vincere la pandemia, completare la campagna vaccinale, rispondere alle esigenze dei cittadini, rilanciare il Paese, sono le nostre sfide. Abbiamo le risorse straordinarie che arrivano dall’Unione europea e abbiamo la possibilità di operare per il futuro delle giovani generazioni e per la coesione sociale». Catechizzato a dovere dal capo dello Stato, Draghi non manca di rivolgere un appello deferente alla «palude» parlamentare, contesto in cui dovrà misurare la fattibilità di tutta l’operazione: «Con grande rispetto», dichiara, «mi rivolgerò al Parlamento, sono fiducioso che dal confronto con i partiti e i gruppi parlamentari e dal dialogo con le forze sociali, emerga unità». È l’una e mezza, e si aprono ufficialmente le danze per la costituzione del Draghi 1, che poi sarebbe il quarto governo tecnico della storia repubblicana, dopo quelli di Carlo Azeglio Ciampi (che comunque aveva al suo interno esponenti politici). Lamberto Dini e Mario Monti. I primi passi ufficiali da presidente del Consiglio incaricato di Draghi sono per assolvere alla prassi, che prevede immediati incontri con le massime cariche istituzionali: inizia dalla Camera, dove si intrattiene a colloquio per circa mezz’ora con il presidente Roberto Fico, mentre nello stesso edificio è in corso un delicato vertice del centrodestra con all’ordine del giorno l’atteggiamento (possibilmente unitario) da tenersi di fronte al nascituro esecutivo. Mentre circolano rumors su una possibile mediazione lanciata da Giorgia Meloni, con l’astensione come punto di caduta per non rompere l’unità della coalizione, Draghi e Fico si danno l’appuntamento per i giorni successivi, dato che le consultazioni si dovranno tenere a Montecitorio, e chissà che la temporanea coabitazione sotto lo stesso tetto non possa facilitare la creazione di un canale di comunicazione con l’ala «istituzionale» dei parlamentari grillini, che certamente attenderà un segnale dalla terza carica dello Stato. Al Senato, dove Draghi giunge attorno alle due mezza, l’incontro con Elisabetta Alberti Casellati si svolge nell’ufficio di Palazzo Giustiniani e dura 50 minuti. È il preludio al primo colloquio di una certa rilevanza politica: quello con il premier dimissionario Giuseppe Conte, che aveva nutrito fino a metà del giorno precedente la speranza di poter rimanere al suo posto. La durata della conversazione tra i due (75 minuti) è indizio di una certa pregnanza dei temi affrontati, e poco dopo la sua fine prendono il via, puntuali, i retroscena, come quelli secondo i quali Draghi si sarebbe speso per ottenere, con successo, la disponibilità di Conte a ricoprire un ruolo di rilievo, come ad esempio quello di ministro degli Esteri al posto di Luigi Di Maio, o di vicepremier. Perché il premier incaricato sa già bene quanto uno degli snodi cruciali attorno a cui si gioca la sorte parlamentare del suo governo sarà la permanenza in maggioranza di una cospicua quota di eletti grillini. L’indiscrezione, però, viene seccamente smentita dall’entourage del premier uscente. Mentre Draghi fa la spola tra i palazzi del potere, si moltiplicano le dichiarazioni bellicose dei «duri e puri» di M5s, raccoltisi attorno al lìder maximo Alessandro Di Battista, che prorompe sui social con un fragoroso «Draghi se lo voti l’establishment», seguito a stretto giro dalla pasionaria di Palazzo Madama, Barbara Lezzi, e dal suo collega Danilo Toninelli. Di Maio? A un certo punto della giornata viene dato per disperso, prima di lasciar filtrare dall’incontro coi gruppi le sue perplessità su un governo tecnico, perché non c’è niente di personale contro Draghi «ma la strada è un’altra». Mentre comincia a rendersi conto che fare il governo non sarà un pranzo di gala, e il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, è in piena impasse, tanto da invocare un’improbabile coesione con M5s e Leu, Draghi lascia Conte a Palazzo Chigi per fare rientro alla Camera. Qui comincia subito ad adoperarsi, assieme agli uffici di Montecitorio, per allestire la scena del terzo giro di consultazioni dall’inizio della crisi, il cui avvio è previsto per oggi. Sorride, risponde ai saluti, ma non si lascia andare a nessuna dichiarazione a margine, nemmeno di prammatica, a dispetto della moltitudine di cronisti che hanno seguito passo dopo passo i suoi movimenti, in questo ennesimo e non certo ultimo D day della politica italiana.
        
    (Ansa)
    
«Alla magistratura contabile voglio dire che sono rimasta francamente un po’ incuriosita di fronte ad alcuni rilievi, come quello nel quale ci si chiedeva per quale ragione avessimo condiviso una parte della documentazione via link, perché verrebbe voglia di rispondere “perché c’è internet”. Dopodiché il governo aspetta i rilievi, risponderà ai rilievi, sia chiaro che l’obiettivo è fare il ponte sullo Stretto di Messina, che è un’opera strategica, sarà un’opera ingegneristica unica al mondo». «Noi siamo eredi di una civiltà che con i suoi ponti ha meravigliato il mondo per millenni – ha aggiunto Meloni – e io non mi rassegno all’idea che non si possa più fare oggi perché siamo soffocati dalla burocrazia e dai cavilli».
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        (Ansa)
    
«È bene che la magistratura, come io auspico, esponga tutte le sue ragioni tecniche e razionali che possono meditare contro questa riforma. Ma per l’amor del cielo non si aggreghi – come effettivamente ha già detto, ammesso, e io lo ringrazio, il presidente Parodi – a forze politiche per farne una specie di referendum pro o contro il governo. Questo sarebbe catastrofico per la politica, ma soprattutto per la stessa magistratura». «Mi auguro che il referendum sulla separazione delle carriere venga mantenuto in termini giudiziari, pacati e razionali e che non venga politicizzato nell’interesse della politica ma soprattutto della magistratura. Non si tratta di una legge punitiva nei confronti della magistratura, visto che già prospettata da Giuliano Vassalli quando era nella Resistenza e ha rischiato la vita per liberare Pertini e Saragat».
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