2023-03-24
La Slovacchia consegna i Mig a Kiev. Mosca ribatte minacciando tre Paesi
Mig-29 slovacco@R.Schleiffert
Da Bratislava in arrivo il primo slot di caccia. Il Cremlino protesta e attacca anche Moldavia e Finlandia, mentre Medvedev tuona contro i giudici della Cpi. Possibile controffensiva ucraina per riprendere Bakhmut.Il capo di Stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone, avverte: «Preoccupazione per l’abbassamento delle scorte». Corsa contro il tempo: «Le minacce cambiano».Lo speciale contiene due articoli Le minacce di Mosca si fanno sempre più frequenti. Ieri ad alzare i toni di buon mattino ci ha pensato l’ex presidente russo Dmitry Medvedev: «Ogni tentativo di arresto di Putin sarebbe una dichiarazione di guerra alla Russia». Mercoledì la Corte penale internazionale dell’Aja ha denunciato le «minacce» di Mosca nei suoi confronti, dopo che la giustizia russa aveva annunciato di aprire un’indagine penale contro diversi suoi giudici e il suo procuratore, Karim Khan. Il segretario della Cpi ha anche riferito di voler aprire un ufficio di rappresentanza a Kiev. All’inizio di questa settimana, Medvedev aveva già minacciato la Corte penale internazionale agitando lo spettro di un attacco missilistico, invitando i suoi magistrati a «guardare attentamente il cielo». La Russia, che non riconosce la giurisdizione della Corte penale internazionale, ha descritto il mandato di arresto nei confronti di Putin come «nullo e non valido». L’Ungheria corre in soccorso di Mosca su questo tema: ha dichiarato infatti che non arresterà il presidente russo nel caso in cui dovesse andare nel loro Paese. Lo ha assicurato il capo dello staff del primo ministro Viktor Orban, nonostante l’Ungheria abbia firmato e ratificato lo Statuto di Roma, atto istitutivo della Corte penale internazionale.La visita di Xi Jinping a Mosca ha senz’altro alzato il livello di allerta internazionale, e gli incontri diplomatici si stanno moltiplicando: anche il presidente turco Erdogan ha detto che presto incontrerà Putin. Il leader cinese intanto ha fatto rientro in patria, dove presto incontrerà il premier spagnolo Pedro Sanchez che ha dichiarato di «voler conoscere in prima persona le posizioni della Cina sull’Ucraina e trasmettere il messaggio che siano gli ucraini che debbano stabilire le condizioni per il negoziato di pace». Insomma i Paesi si schierano sempre più apertamente e le minacce di Mosca ormai non bastano per tutti. Dopo la dura reazione nei confronti di Londra che ha dichiarato di voler rifornire Kiev di munizioni all’uranio impoverito, l’ultima a ricevere minacce è la Moldavia: «Se dovesse unirsi alle sanzioni dell’Unione europea la Russia adotterà le misure appropriate» ha detto la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova che poi si è rivolta anche alla Finlandia dopo che il presidente Sauli Niinisto ha firmato la legge sull’adesione del Paese alla Nato: «È una decisione che difficilmente può essere considerata equilibrata». Nel frattempo la Slovacchia ha consegnato i primi quattro caccia Mig -29 all’Ucraina scatenando naturalmente le ire di Mosca che continua ad accusare l’Europa di non voler trovare soluzioni pacifiche. Anche la Spagna ha annunciato l’invio di rifornimenti: «Sei veicoli Leopard 2A4 saranno pronti per l’uso verso la fine della settimana prossima, dopodiché verranno consegnati a Kiev». Lo ha annunciato Margarita Robles, ministro della Difesa spagnola. A spegnere un po’ i toni ci pensano gli Stati Uniti, tramite il segretario di Stato Anthony Blinken: «Se vedremo qualche segno di una Russia impegnata in una diplomazia costruttiva e pronta a porre fine a questa aggressione, coglieremo questa opportunità», ha detto durante un’audizione alla commissione Affari esteri della Camera Usa. «Segnali che però adesso Washington non vede», ha chiarito Blinken. Concetto ribadito anche dal presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola: «L’agenda della Russia è chiara. Vogliono ritirarsi nella falsa comodità di dividere il mondo in fazioni opposte. Dobbiamo opporci a questo». E anche sul campo non c’è tregua: si continua a combattere ferocemente. Le forze armate ucraine sono pronte a lanciare un imminente contrattacco su Bakhmut. Secondo il comandante delle forze di terra, i russi «stanno perdendo forza in modo considerevole e si stanno esaurendo». Il capo della Wagner aveva avvertito: «Kiev ha concentrato un raggruppamento di oltre 80.000 militari intorno alla città». E sulla Wagner ci sarebbero delle indiscrezioni: secondo Bloomberg il gruppo sarebbe pronto a disimpegnarsi dalla zona del Donbass per spostare le sue forze in Africa a seguito della scelta dei capi militari russi di tagliare le forniture di uomini e munizioni. Inoltre, le truppe del Gruppo Wagner finora non sono riuscite a prendere il loro obiettivo principale, Bakhmut, e la milizia starebbe perdendo ogni giorno molti soldati. Immediata la reazione del capo della Wagner, Yevgeny Prigozhin, che ha smentito quanto scritto dall’agenzia americana: «Sembra che la Bloomberg sappia meglio di noi quello che faremo. Fino a quando il nostro Paese ha bisogno di noi, rimarremo a combattere in Ucraina». Secondo Kiev però alcune unità russe avrebbero lasciato la città di Novaya Kakhovka, nella regione di Kherson. E prima di andarsene, avrebbero confiscato alla popolazione civile grandi quantità di elettrodomestici, gioielli, capi di abbigliamento e telefoni cellulari. Anche questa notizia è stata poi smentita dai filorussi. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-slovacchia-consegna-i-mig-a-kiev-mosca-ribatte-minacciando-tre-paesi-2659648110.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="arsenali-quasi-al-livello-di-allarme" data-post-id="2659648110" data-published-at="1679601236" data-use-pagination="False"> «Arsenali quasi al livello di allarme» La guerra in Ucraina sta mettendo a dura prova gli arsenali dei Paesi europei che sono vicini al livello di allarme per le scorte militari. A lanciare l’allarme, il capo di Stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone, che ieri è intervenuto in audizione alla commissione Difesa ed Esteri del Senato e senza tanti giri di parole ha chiarito che «il sostegno all’Ucraina ha creato problemi un po’ a tutti: quando mi sono trovato nei vari consessi con le nazioni alleate o con quelle che fanno parte con altri del gruppo di contatto per l’Ucraina, sono stati tutti fortemente coinvolti e preoccupati per l’abbassamento del livello delle scorte, che non si è abbassato oltre il livello di allarme ma tutti quanti ci siamo avvicinati a quel limite e ci siamo resi conto che non abbiamo un supporto adeguato in questi casi». Secondo il capo di Stato maggiore il tema dei tempi sull’approvvigionamento di armi «andrà affrontato anche a livello di Unione europea». La corsa al riarmo insomma, più che una scelta politica, sembra essere proprio una necessità dettata anche dalle circostanze attuali ma anche delle decisioni prese in passato sulla demilitarizzazione dell’occidente. «Abbiamo vissuto gli ultimi venti anni», ha spiegato Cavo Dragone, «pensando di fare lotta al terrorismo, guerre asimmetriche e peacekeeping, ma un’attività così massiva come si è manifestata nel teatro ucraino-russo non era tra le priorità». Lo dimostrano i numeri: basti pensare che nel 2020 la media della spesa militare europea era pari all’1,3% del Pil. L’Italia aveva speso l’1,4%. Oggi lo scenario è completamente cambiato e la situazione internazionale completamente stravolta e instabile. È decisamente tramontata l’epoca che veniva chiamata «fine della storia», quando una guerra in Occidente, sembrava impossibile che si realizzasse. «Non possiamo permetterci di prenotare sistemi d’armi, di munizionamento o di missili e averli tra venti mesi», ha spiegato Cavo Dragone, «perché tra venti mesi non possiamo sapere chi sono i buoni e cattivi». Il capo di Stato maggiore ha anche aggiunto che questa può e deve essere un’occasione: «La sovranità nazionale è un tema di elevata sensibilità, ma dobbiamo concepire gli sviluppi della difesa europea come ulteriore arricchimento delle capacità di difesa dell’Occidente nel suo insieme, soprattutto dei suoi valori fondamentali, in una prospettiva integrata con l’Alleanza atlantica, anche se qui c’è ancora molta strada da fare». Intanto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si è rivolto ai leader dell’Ue per circa 10 minuti in una videochiamata mentre visitava le città dell’Ucraina dilaniata dalla guerra. Parlando mentre era in treno, l’essenza del messaggio di Zelensky ai leader dell’Ue è stata: «Accelerate la consegna delle armi, altrimenti la guerra si trascinerà». Quindi Zelensky, sebbene grato per le munizioni che l’Ue si è già impegnata a inviare, ha ricordato che i ritardi nella consegna delle munizioni, i successivi pacchetti di sanzioni e l’adesione dell’Ucraina all’Ue contribuiscono tutti a porre fine alla guerra. Insomma da una parte gli arsenali continuano a svuotarsi, dall’altra l’Ucraina, per difendersi da quella che ormai sta diventando una guerra di logoramento, ha bisogno di costanti rifornimenti. Il problema però è che per gli approvvigionamenti, come confermato anche da Cavo Dragone, ci vogliono mesi e si rischia quindi di andare incontro a mesi incerti, in cui se questa instabilità dovesse trovare un ordine diverso e concretizzarsi in conflitti aperti su nuovi fronti, magari con nuovi attori, l’Europa si ritroverebbe scoperta. È un rischio che naturalmente non si può correre e sul quale l’Europa, ma anche il nostro governo, non potrà permettersi passi falsi: le decisioni che si prenderanno in queste settimane potrebbero risultare decisive per i prossimi mesi.
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.