2021-10-13
La situazione sanitaria non giustifica la stretta. Il green pass riesce lì dove Immuni ha fallito
Il certificato ci impone l'identità virtuale. E l'articolo 13 del dl Capienze permette agli organismi pubblici di mettere i database in comune.!function(e,i,n,s){var t="InfogramEmbeds",d=e.getElementsByTagName("script")[0];if(window[t]&&window[t].initialized)window[t].process&&window[t].process();else if(!e.getElementById(n)){var o=e.createElement("script");o.async=1,o.id=n,o.src="https://e.infogram.com/js/dist/embed-loader-min.js",d.parentNode.insertBefore(o,d)}}(document,0,"infogram-async");Quasi 42 milioni di italiani sono vaccinati con doppia dose. Il numero complessivo di iniezioni ha superato la cifra di 86 milioni. Nella giornata di ieri i morti collegati al Covid sono stati 49, in calo di una unità rispetto alla scorsa settimana. Il delta tra ingressi e uscite dalla terapia intensiva ha un saldo negativo di 4 unità su un totale di 370 pazienti. Idem i ricoverati con sintomi, che sono in calo del 10% su un numero complessivo di 2.665 unità. La situazione sanitaria anche in confronto a scelte applicate da altre nazioni come la Gran Bretagna o i Paesi scandinavi non giustifica in alcun modo la necessità di inasprire l'uso del green pass. Tanto più che il battage dell'ultimo mese e la corsa mediatica imposta per sostenere il conto alla rovescia in attesa del 15 ottobre non ha portato agli effetti dichiarati. La soglia dell'80% di vaccinati è stata superata, ma quella del 90 paventata qua e là senza alcuna base scientifica è ben lontana. Per il semplice fatto che una buona fetta di cinquantacinquenni e sessantenni ha deciso di non vaccinarsi. Lo zoccolo duro c'è e il disagio del green pass non è servito a fargli cambiare idea. D'altronde non esiste un obbligo vaccinale, e soprattutto l'eco della campagna politica contro Astrazeneca è ancora viva nelle orecchie di molti italiani. È chiaro a tutti che insistere non porterà a cambi sostanziali. Motivo per cui in Gran Bretagna hanno accettato la scelta senza voler escludere alcuno dal consesso civile. Idem in Norvegia. L'insistenza sul green pass e sull'estensione del certificato nei luoghi di lavoro (un unicum dell'Italia, se si esclude l'Arabia Saudita) risponde evidentemente ad altre logiche che nulla hanno a che fare con le dinamiche vaccinali o pandemiche. Le linee guida che il nostro Paese ha recepito dall'Unione europea sembrano più essere mirate a realizzare un salto di qualità nella digitalizzazione della società. Esattamente ciò che poco prima dello scoppio della pandemia Bruxelles ha messo nero su bianco nel documento Plasmare il futuro digitale dell'Europa con l'obiettivo di consentire il ricorso a una vera «identità elettronica pubblica universalmente accettata», multiuso e impiegabile per «migliorare il processo decisionale pubblico e privato», «supportare il Green deal monitorando dove e quando c'è maggiore domanda di energia elettrica» e infine «modernizzare la struttura economica e finanziaria». Come La Verità ha già avuto modo di approfondire, il green pass non è altro che una enorme base di dati digitali che concorrono a formare una sola piattaforma blockchain in grado di tracciare i cittadini in qualità di account digitali. Per terminare lo sviluppo del progetto si è reso necessario introdurre il concetto di interoperabilità, cioè la capacità dell'intero sistema di leggere e interpretare un certificato verde emesso da qualsiasi emittente. L'interoperabilità è realizzata attraverso una struttura dati comune, una terminologia standard, un formato neutrale rispetto al contenuto e un consenso comune sul significato di ogni campo dati, allo scopo di garantire che i dati sanitari contenuti nella piattaforma siano rappresentati in maniera uniforme e pienamente machine readable in tutti gli Stati membri. Tale insieme di dati è basato su crittografia asimmetrica a chiave pubblica e il formato delle certificazioni, su cui si basa tutto il sistema del green pass europeo e italiano, si palesa, pertanto, grazie a questa forte interoperabilità (finanche con i framework in corso di sviluppo a livello internazionale come quello dell'Oms datato agosto 2021) come un sistema complessivamente dotato di modularità e scalabilità, costruito cioè come idoneo ad adattarsi a picchi di carico improvvisi senza diminuire il livello di servizio, e già pronto «for instance, to additional usage scenarios, use cases and types of certificates», adatto quindi anche a impieghi addizionali, usi, scenari e tipologie di certificazione diverse. Per chiudere il cerchio, il governo ha inserito nel decreto Capienze l'articolo 13 che relega l'Authority della privacy in un angolo e concede alle amministrazioni centrali, locali e ai numerosi enti pubblici la possibilità di scambiarsi dati degli utenti-cittadini senza il consenso anche al di fuori del perimetro di acquisizione. Per meglio spiegarsi, se il gestore idrico traccia le nostre utenze è autorizzato a farlo. Al momento non può condividere con altre amministrazioni le stesse informazioni. Da domani potrà farlo senza un nostro palese ok. Ogni database potrà essere travasato in altri database. Esattamente ciò che prevede il termine interoperabilità. Senza lo scambio automatico di informazioni non potrebbe mai decollare l'identità digitale dei cittadini, né l'intero progetto di blockchain diffusa. La sviluppo digitale dell'Europa non può essere bloccato, ma al tempo stesso è inaccettabile che venga infilato in un decreto notte tempo e che non si apra un dibattito diffuso. Qui si parla del futuro della governance democratica digitale. La politica non ha compreso l'enormità di questo cambio di passo. L'avvio dello schema è stato tentato inutilmente con Immuni, con il green pass il tentativo è quasi andato in porto. Da notare la mossa di ieri targata Beppe Grillo. La sua apertura ai tamponi gratuiti sul lato politico rompe il fronte dei duri e puri pro vaccini, ma sul fronte della trasformazione del cittadino in utente digitale cerca solo di indorare la pillola.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
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