2019-11-08
La sinistra è in panico da elezioni. Per scongiurarle si aggrappa a Grillo
Repubblica lo tira per la giacchetta: «Serve la saggezza del comico» per liquidare Luigi Di Maio dal M5s e rimpiazzare Giuseppe Conte con un premier dem (Nicola Zingaretti?) con l'ok di Matteo Renzi, al fine di tenere le urne ben chiuse.Aiuto, arriva la crisi e non so che cosa mettermi. E allora? Quasi quasi chiedo consiglio a Grillo. Anzi, al saggio Grillo. All'uomo assennato. Al grande politologo. Al sapiente, dotto, illuminato Grillo. L'unico che davvero capisce di strategia. Il sofisticato consigliere di palazzo. Il grande suggeritore. Praticamente un Richelieu in formato trenette al pesto. A proposito: dov'è finito il fondatore dei Cinque Stelle? Perché tace? Non sentite anche voi la sua mancanza? Quasi un bisogno fisico? Dai Beppe, fatti vivo. Almeno una telefonata. Un Whatsapp. Magari un messaggio vocale. Se no, poveretti, finisce che vanno in tilt. Fa una certa tenerezza, infatti, leggere sui grandi quotidiani lo scoramento degli editorialisti di fronte agli ondeggiamenti sempre più pericolosi della maggioranza giallorotta. Sono davvero spaesati. Su Repubblica, per dire, arrivano a pubblicare un pensoso commento di Piero Ignazi intitolato proprio: «Serve la saggezza del comico». «In queste settimane il Garante del movimento sembra tornato di nuovo in sonno», s'angoscia l'editorialista. «I suoi interventi sono sporadici, poco legati all'agenda politica e rivolti piuttosto a sollevare temi della società dei prossimi decenni. Eppure dovrebbe essergli chiaro che l'alternativa a questo governo sono le elezioni». Dunque, conclude Ignazi, «per scongiurare questo disastro dobbiamo confidare nella saggezza del comico». Non è meraviglioso? L'austero professore, politologo di fama, è veramente turbato per questa latitanza di Grillo dai temi dell'agenda politica quotidiana. Come osa questo screanzato? Come osa occuparsi di temi della società dei prossimi decenni, anziché commentare l'ultima intervista di SuDario Franceschini o l'ultimo tweet di Matteo LawRenzi d'Arabia? Non si rende conto che bisogna evitare «questo disastro», e cioè le elezioni? Perché non parla? Perché non risponde alle chiamate? Perché tiene per sé quella sua immensa saggezza, anziché utilizzarla a lode e gloria di Zingaretti premier? A svelare le ragioni profonde della messianica attesa del Grillo, è infatti un altro editorialista di punta di Repubblica, Claudio Tito. Il quale spiega tutto chiaramente: sotto la cenere, dice, sta covando un'ipotesi che, seppur remota, «potrebbe avere l'avallo di Renzi per non affrontare la sfida elettorale in tempi brevi» (il problema, come vedete, è sempre quello: evitare che gli italiani votino). L'ipotesi è che cambi il premier. Che al posto di Conte salga un Pd. E magari proprio il segretario Zingaretti. Ma, attenzione, «un'operazione del genere dovrebbe passare per il “licenziamento" di Di Maio come capo politico del movimento». E chi può licenziare Di Maio? Ovvio. Quello è «un atto che in questo momento può compiere solo Beppe Grillo». E così, siccome deve «licenziare» Di Maio, permettere la nascita di un nuovo governo, blindare la legislatura e soprattutto evitare le odiate elezioni, che ormai sono trattate dai grandi commentatori alla stregua della peste bubbonica, ecco che Grillo diventa per gli editorialisti di Repubblica il nuovo santino, il venerabile maestro, il punto di riferimento di ogni decisione politica, il baricentro degli assetti futuri, incarnazione del Verbo post-vaffa, apparizione celeste di magnificente saggezza. Automaticamente gli viene attribuita la patente di «saggio», proprio come solo fino a qualche tempo fa gli attribuivano la patente di «pericolo pubblico numero uno». Il che dimostra, di per sé, quanto valgano queste patenti attribuite dai giornaloni chic: meno di un piffero. Infatti il Grillo che ora deve intervenire per regalare le sue perle di saggezza, il leader politico invitato con insistenza a interrompere il suo aventino personale, il nuovo Cincinnato chiamato a salvare la patria (dalle temibilissime elezioni, ovviamente), dovrebbe essere, all'incirca, lo stesso Grillo che è stato dipinto dalla medesima Repubblica via via come un antisemita (colpevole di leso Gad), sessista (colpevole di lesa Boldrini), fomentatore di stupri, hitleriano in pectore, violento, farneticante, vaneggiante, fuori di sé e sostanzialmente pericoloso per il Paese. Uno che «esibisce il vecchio manganello e la prosa malata», usando una tecnica «vile e d'assalto», cioè quella del «capocosca». Ora vedete come cambiano i tempi. Come possa un uomo così farneticante recuperare la lucidità all'improvviso, solo quando c'è da far secco Di Maio per aprire la strada al governo di Zingaretti, è difficile da dirsi. E come possa uno che fino a ieri si comportava da «capocosca» diventare illuminato esempio di saggezza e salvatore della Patria, non si sa. Quel che è certo è che la paura fa perdere la trebisonda. E così fa tenerezza la confusione di questi fan dell'alleanza giallorossa che dopo aver sostenuto ciò che non si poteva sostenere per natura, ora non sanno più cosa dire. «Il grillismo può essere inoffensivo solo se rottama se stesso», scrive per esempio in pieno delirio Il Foglio: dopo aver sostenuto fino a oggi la maggioranza Pd-M5s, adesso si accorge che essa è «sbagliata», però dice che la maggioranza «sbagliata» deve continuare a governare (siamo al sublime: l'idea del «governo sbagliato», dev'essere nata dopo qualche Negroni sbagliato di troppo, pensando forse che la semiclandestinità del quotidiano conceda licenza di scemenza). Ovviamente, la maggioranza sbagliata governa in modo sbagliato in attesa che i Cinque Stelle spariscano nel nulla (sperando che non sparisca prima il Paese), magari per autorottamazione. O anche per autocombustione, chi lo sa. O per suicidio di massa. Il tutto, anche in questo caso, soltanto per evitare il grande «disastro», e cioè le elezioni. Che essendo davvero una cosa saggia, forse l'unica cosa saggia, da quelle parti si guardano bene dall'invocare. A differenza del loro nuovo eroe Grillo.
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