2023-05-25
La sfilata della Schlein in Romagna si trasforma in una figuraccia
Il segretario dem stile Bella addormentata chiede di vedere da dove «è partito tutto». Ma da ex vicepresidente dovrebbe conoscere le zone a rischio. Il centrodestra unito in Regione stronca l’idea di Stefano Bonaccini commissario.Io non c’ero, e se c’ero dormivo. O meglio, stavo pensando alle primarie. L’ironia, quando si parla di tragedie come quella patita dell’Emilia Romagna, va maneggiata sempre con cura ma le parole della segretaria dem Elly Schlein, in visita martedì in una parte delle zone alluvionate, destano un paio di considerazioni quanto meno sapide. Incontrando cittadini e amministratori dei territori limitrofi al fiume Santerno (in particolare Lugo di Romagna, uno dei luoghi maggiormente colpiti dal maltempo), la numero uno del Nazareno ha chiesto che le venisse mostrato il punto «da cui tutto è partito». Il che, per una politica che prima di approdare alla leadership di un partito nazionale è stata diversi anni vicepresidente della Regione, suona un po’ bislacco. Una frase che la popolazione locale magari si aspetterebbe da una personalità esterna alla realtà emiliano romagnola, come una alta carica istituzionale proveniente da Roma, oppure dal presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, peraltro attesa oggi nei luoghi alluvionati, e non da chi ha ricoperto un ruolo che presuppone dimestichezza con problematiche quali il dissesto idrogeologico e dei territori più critici in questo senso.Il tutto nel mezzo di una polemica politica che la Schlein certo non ignora, in cui i vertici regionali sono finiti nell’occhio del ciclone proprio perché non si può non considerare, date le precedenti facoltà conferite a Stefano Bonaccini su ricostruzione post sisma e dissesto idrogeologico, l’idea di una certa sottovalutazione della situazione. In ossequio alla proverbiale disciplina di partito della Regione rossa per antonomasia, i sindaci della valle del Santerno e delle altre zone visitate dalla segretaria si sono ben guardati dal sollevare la questione della mancata prevenzione e hanno giocato di sponda, suonando la grancassa e usando parole di apprezzamento per la visita di chi è stato il numero due - guarda caso - proprio dell’amministrazione della Regione in cui sta la Valle del Santerno.Nessuno ignora, d’altra parte, che proprio in questi giorni il blocco Pd sta esprimendo il massimo sforzo politico e mediatico per incassare la nomina di Bonaccini a commissario straordinario per la ricostruzione. Martedì il governatore è arrivato a Palazzo Chigi per l’incontro con Giorgia Meloni accompagnato da una larghissima delegazione di associazioni sindacali e di categoria che ne hanno chiesto a gran voce la nomina. E ieri ha detto: «Servono risorse nell’immediato per ricostruire le strade, bloccare le frane, ripristinare gli argini. Bisogna fare queste cose prima dell’autunno, altrimenti non un evento straordinario ma uno ordinario ci metterà nei guai. Con questi tempi e questi livelli di dettaglio è possibile che queste opere possano essere progettate, appaltate e realizzate da un commissario a Roma?».Il premier, da parte sua, ha garantito una decisione rapida ma ha altresì fatto presente che vi sono alcuni passi ancora da fare prima di arrivare alla nomina del commissario, a partire dalla chiusura dell’istruttoria della Protezione civile sui danni anche nelle Marche e in Toscana. C’è però un nodo politico che nessuno ignora e che è stato sollevato dalla Lega e bollato erroneamente come veto tout court su Bonaccini: quest’ultimo è da nove anni delegato di più di un esecutivo alla gestione del rischio idrogeologico. Inoltre, Bonaccini è commissario alla ricostruzione post sisma e da qualche settimana commissario delegato dalla Protezione civile all’emergenza alluvione. Una concentrazione di cariche poco sostenibile. Per questo, con una nota diffusa ieri e ripetuta a voce da Matteo Salvini, il Carroccio ha precisato che non c’è «nessun veto o antipatia nei confronti di alcuno», aggiungendo che «la Lega auspica che la nomina avvenga al più presto».Il punto, dunque, è l’opportunità di insistere sulla figura del governatore ma soprattutto - fanno notare ambienti leghisti ma anche di Fdi - quella di individuare dopo tanti anni di monopolio dem una figura esterna a quel sistema di potere e capace di dimostrare che anche personalità non del Pd sanno dove mettere le mani in Emilia Romagna. A questo proposito, il ministro competente Nello Musumeci ha ribadito quanto fatto filtrare martedì da Palazzo Chigi, spiegando che attualmente «siamo nella fase di emergenza nazionale, nella quale il presidente della Regione ha il compito di essere commissario delegato». «Cessata le fase di emergenza», ha proseguito, «si passa alla ricostruzione con la nomina del commissario straordinario. Di solito la fase di emergenza dura un anno, almeno questo è il periodo che ho previsto nell’ordinanza. Sento parlare di nomina di un commissario straordinario, voglio assicurare che questo non è all’ordine del giorno, e la fase dell’emergenza verrà chiusa soltanto quando la Protezione civile e l’Emilia Romagna avranno comunicato che non ci sono più le condizioni per mantenere lo stato di emergenza». L’ammorbidimento dei toni da parte della Lega, dunque, si può leggere anche in base a questo scenario, che prevederebbe Bonaccini proseguire come commissario all’emergenza alluvione e la nomina di una personalità «terza» alla ricostruzione. La quale potrebbe essere l’attuale commissario all’emergenza siccità Nicola Dell’Acqua». A rendere più difficile la scelta di Bonaccini concorrono anche le istanze locali: al consiglio regionale dell’Emilia Romagna tutto il centrodestra ha votato contro una mozione del Pd, approvata con i voti della maggioranza e del M5s, nella quale si chiedeva di nominare commissario alla ricostruzione il governatore.
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
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