2022-07-01
La sconfitta della Bce su Carige apre la strada alle cause per danni
L’avvocato Fabio Ferraro, che ha istruito il procedimento contro la scarsa trasparenza e ottenuto la condanna: «Gli azionisti non potranno più esser chiamati a sostenere i costi di salvataggio senza avere accesso agli atti».Davide ha vinto la prima battaglia contro Golia, non la guerra, ma la sentenza del tribunale dell’Unione europea su Carige è destinata a fare giurisprudenza perché chiarisce la questione controversa dell’accesso ai documenti e alle informazioni della Bce. Il professor Fabio Ferraro, partner dello studio legale De Berti Jacchia, nonché docente di diritto dell’Unione europea all’università Federico II di Napoli, ha seguito la causa promossa e vinta da Francesca Corneli, piccola azionista dell’istituto ligure, davanti ai giudici dell’Unione. Ad avviso dei giudici, la Bce ha sbagliato a negare l’accesso agli atti con cui Carige è stata posta in amministrazione straordinaria e dovrà pagare le spese legali del ricorso presentato dalla Corneli nell’estate 2019 per chiedere la pubblicazione del provvedimento con cui il 2 gennaio dello stesso anno l’istituzione monetaria dell’Unione aveva disposto il commissariamento della banca ligure. Il 29 maggio 2019, infatti, la Bce aveva negato l’accesso al documento, richiamandosi a un generale principio di riservatezza su tutte le attività di vigilanza e affermando che «la Bce ha l’obbligo di rendere conto del proprio operato principalmente al Parlamento europeo [...] e di riferire regolarmente anche al Consiglio dell’Unione». Ma dopo la sentenza di mercoledì scorso questo non basterà. «La decisione del tribunale del Lussemburgo afferma dei principi importanti anche sul piano pratico perché richiede di valutare in modo specifico e concreto la natura riservata delle informazioni richieste. In sostanza la Bce non potrà più eludere l’obbligo di consentire l’accesso agli atti applicando una presunzione generale di riservatezza, ma dovrà fornire una motivazione adeguata giustificando, nel caso, la natura riservata dei documenti», sottolinea Ferraro , ricordando che le precedenti sentenze in materia non erano state altrettanto chiare su questo punto. Il tema è assai rilevante quando si tratta di tutelare gli investimenti fatti dagli azionisti in una banca. Non è sufficiente rendere conto solo al Parlamento Ue, sul fronte dell’accesso ai documenti, se le conseguenze delle decisioni prese dalla banca centrale coinvolgono altri attori «sensibili». Vero è che la Bce potrà decidere di impugnare la sentenza del tribunale dell’Unione dinanzi alla Corte di giustizia e cercare di attenuare gli effetti derivanti da questa pronuncia. Tuttavia, l’eventuale richiesta di annullamento della sentenza del giudice di primo grado non costituirebbe un giudizio di appello, ma sarebbe equiparabile a un giudizio di cassazione, considerato che l’impugnazione sarebbe circoscritta alle questioni di diritto.La sentenza di ieri offre comunque un assist per altri ricorsi come quelli presentati dai Malacalza, ex soci di maggioranza dell’istituto genovese, che avevano chiesto fin da subito l’accesso ai documenti e poi avviato una battaglia legale che va avanti ancora oggi. Non solo. La decisione della Corte rappresenta un importante precedente anche per l’altro ricorso presentato dalla Corneli, cha ha a oggetto l’annullamento della decisione della Bce di porre in amministrazione straordinaria Carige. «Le due azioni promosse sono strettamente connesse», aggiunge il professor Ferraro, «perché i documenti richiesti servono per tutelare gli interessi di azionisti lesi da questo provvedimento adottato dalla Banca centrale e la piena conoscenza di questi documenti risulta necessaria per la difesa dei propri diritti in giudizio». L’altra causa è ancora pendente (questa sull’accesso vinta mercoledì era preliminare) ed è quindi più incerto l’esito, sia sull’interesse ad agire sia nel merito, anche se è auspicabile che anche in tal caso venga riconosciuta una tutela effettiva dei diritti e degli interessi degli azionisti. Ma un verdetto potrebbe arrivare già entro fine anno o al massimo all’inizio del 2023 anche perché i tempi della giustizia Ue non sono lunghi come quelli dei tribunali nazionali. «È intanto importante aver messo un punto fermo perché è paradossale che gli azionisti siano chiamati a sopportare le perdite e a condividere gli oneri di un salvataggio, ma non possano avere accesso a decisioni fondamentali che riguardano anche la governance economica della banca e che si ritiene abbiano causato dei danni nei loro confronti», prosegue Ferraro, ricordando che in passato già un giudice nazionale aveva autorizzato la divulgazione dei documenti della Bce relativi al commissariamento di Carige. Nel frattempo, ieri il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, ha incontrato l’ad di Bper Banca, Piero Montani, il direttore generale di Carige, Matteo Bigarelli, e il presidente, Gianni Franco Papa. Nel corso del colloquio sono state confermate le rassicurazioni dai vertici del gruppo modenese sia per quanto riguarda i livelli occupazionali sia per il presidio della rete delle filiali sul territorio.
Nella prima mattinata del 28 ottobre 2025 la Guardia di Finanza e la Polizia di Stato hanno eseguito numerose perquisizioni domiciliari in tutta Italia ed effettuato il sequestro preventivo d’urgenza del portale www.voltaiko.com, con contestuale blocco di 95 conti correnti riconducibili all’omonimo gruppo societario.
Si tratta del risultato di una complessa indagine condotta dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza di Bologna e dal Centro Operativo per la Sicurezza Cibernetica per l’Emilia-Romagna, sotto la direzione del Pubblico Ministero Marco Imperato della Procura della Repubblica di Bologna.
Un’azione coordinata che ha visto impegnate in prima linea anche le Sezioni Operative Sicurezza Cibernetica delle varie Regioni e gli altri reparti territoriali della Fiamme Gialle nelle province di Bologna, Rimini, Modena, Milano, Varese, Arezzo, Frosinone, Teramo, Pescara, Ragusa.
L’operazione ha permesso di ricostruire il modus operandi di un gruppo criminale transnazionale con struttura piramidale tipica del «network marketing multi level» dedito ad un numero indeterminato di truffe, perpetrate a danno anche di persone fragili, secondo il cosiddetto schema Ponzi (modello di truffa che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito di nuovi investitori, a loro volta vittime del meccanismo di vendita).
La proposta green di investimenti nel settore delle energie rinnovabili non prevedeva l’installazione di impianti fisici presso le proprie abitazioni, bensì il noleggio di pannelli fotovoltaici collocati in Paesi ad alta produttività energetica, in realtà inesistenti, con allettanti rendimenti mensili o trimestrali in energy point. Le somme investite erano tuttavia vincolate per tre anni, consentendo così di allargare enormemente la leva finanziaria.
Si stima che siano circa 6.000 le persone offese sul territorio nazionale che venivano persuase dai numerosi procacciatori ad investire sul portale, generando un volume di investimenti stimato in circa 80 milioni di euro.
La Procura della Repubblica di Bologna ha disposto in via d’urgenza il sequestro preventivo del portale www.voltaiko.com e di tutti i rapporti finanziari riconducibili alle società coinvolte e agli indagati, da ritenersi innocenti fino a sentenza definitiva.
Nel corso delle perquisizioni è stato possibile rinvenire e sottoporre a sequestro criptovalute, dispositivi elettronici, beni di lusso, lingotti d’oro e documentazione di rilevante interesse investigativo.
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