2018-10-25
La scarpata fa male a Moscovici: «Fascisti»
Il politico francese usa la bravata del leghista Angelo Ciocca per gettare altro fango sull'Italia: «Si banalizza perché è ridicolo ma poi ci si sveglia con la dittatura». Il falco Jeroen Dijsselbloem rincara: «Dovete salvarvi da soli». Gialloblù compatti: «Non ci spaventate».Dalle manine ai piedoni. Tutto comincia con una scarpa, quella del leghista Angelo Ciocca che timbra, vidima, ridicolizza il no dell'Europa alla manovra del governo. E pigiando la suola sui fogli mette - sul j'accuse di Pierre Moscovici alla finanziaria italiana - il bollo del marciapiede. Lo scontro frontale parte da lì, da una simbologia da calzolaio che sembra solo goliardica, ma che affonda le radici nella cultura dell'esasperazione politica. Quella scarpa brandita come una clava da Nikita Kruscev all'Assemblea dell'Onu 58 anni fa; quell'altro mocassino volante verso la testa di George W. Bush lanciato da un giornalista iracheno («questo è il bacio d'addio del mio popolo»): tuoni di pelle confezionati a mano. Gesti che aprono le ostilità. Si parte dalla calzatura e ci si ritrova davanti alla ramanzina democratica del Commissario europeo agli Affari economici e finanziari, che prende la scarpa al balzo per evocare scenari da anni Trenta. «L'episodio della scarpa made in Italy è grottesco», twitta Moscovici. «All'inizio si sorride e si banalizza perché è ridicolo, poi ci si abitua ad una sorda violenza simbolica e un giorno ci si risveglia con il fascismo. Restiamo vigili. La democrazia è un tesoro fragile». L'allarme democratico è un must dell'ossessionato euroburocrate francese, che qualche settimana fa aveva bollato Matteo Salvini e Luigi Di Maio come «piccoli Mussolini». Eppure lui, baluardo contro il 2,4% italiano, da ministro delle Finanze dell'Eliseo partecipò per anni all'allegro sforamento del 3% del patto di stabilità del suo Paese, motivandolo così: «Vogliamo ridurre il deficit, ma a un ritmo compatibile con la crescita e l'occupazione. Meno austerità e più investimenti». Frase che oggi potrebbe essere attribuita agli economisti sovranisti. Per Moscovici gli sforamenti di Parigi erano legittimi «perché eravamo in crisi e crescita debole». Quelli italiani no.Alla fine le scarpe tornano dentro i piedi di appartenenza. Almeno così vorrebbe che accadesse proprio il ministro dell'Interno Salvini, che ha liquidato la bravata di Ciocca con la dichiarazione: «L'Europa non la cambi con le provocazioni», aggiungendo rassicurazioni in favore di spread. «Non voglio uscire dall'Europa, non voglio uscire dall'euro, voglio che i miei figli crescano in Europa. Non voglio sbattere le scarpe sui tavoli, però lasciate che gli italiani lavorino».La bocciatura resta, come l'intenzione di non farsi intimidire dalle minacce e dalle missive che un tempo terrorizzavano Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi. Le repliche all'esibizione muscolare di Moscovici non hanno niente di diplomatico. Ecco Salvini: «Bruxelles può mandare 12 letterine, da qui fino a Natale, ma la manovra non cambia. Ascolteremo tutti, il presidente Sergio Mattarella per primo, ma nessuno mi farà tornare indietro sulla Legge Fornero e sul deficit/pil, neanche Gesù Bambino. Se in passato lo spread ha fatto cadere un governo, questa volta non accade, perché questo governo non arretra. E poi questa volta c'è dietro di noi un Paese, che ha capito. Non stanno attaccando solo noi, ma un popolo». Infine la stoccata ad uso interno: «Il mio dovere è quello di fare il contrario di ciò che hanno fatto Monti e Renzi, che con le loro manovre applaudite dall'Europa hanno fatto salire il debito pubblico di 300 miliardi». In realtà erano 200.Anche l'altra faccia della luna governativa, rappresentata dal vicepremier 5 stelle Di Maio, mostra espressioni in piena sintonia: «Sappiamo di essere l'ultimo argine per la salvaguardia dei diritti sociali degli italiani. E per questo non vi deluderemo. Sappiamo che, se dovessimo arrenderci, farebbero velocemente ritorno gli “esperti" pro banche e pro austerity. E quindi non ci arrenderemo. Sappiamo che stiamo percorrendo la strada giusta. E perciò non ci fermeremo». Poi una riflessione presa a prestito da Papa Wojtyla: «L'unica cosa di cui dobbiamo avere paura è la paura. Lo spread oscilla intorno ai 300, significa che i mercati vogliono più bene all'Italia delle istituzioni europee. E quando spiegheremo nel dettaglio ai mercati cosa stiamo facendo e all'Europa che non va avviata una procedura d'infrazione, vedrete che lo spread scenderà. In questo momento il governo deve essere una testuggine, tutt'uno con i cittadini». Le schermaglie continuano per tutto il giorno, la risposta dell'Italia al niet europeo è ufficialmente partita. La posizione degli eurocrati è in sintonia con quella del falco Jeroen Dijsselbloem, ex presidente dell'Eurogruppo (Centro di coordinamento dei ministri delle finanze), l'olandese che applaudiva la macelleria sociale in Grecia. «Guardando cosa hanno messo sul tavolo, la Commissione non può che rimandare indietro la manovra italiana. È preoccupante, ci sarà lo scontro e penso che la Commissione non abbia altra scelta che accettarlo. L'Italia dovrà salvarsi da sola».Come un'isola nella corrente, Antonio Tajani fatica a mediare con spirito istituzionale. Anzi il presidente della Commissione si limita a inneggiare all'Europa, ad esaltare la narrazione virtuale che piace alla sinistra. Durante un dibattito con Nigel Farage esagera: «Nazismo e comunismo sono spariti grazie alla Ue». Più efficace di Padre Pio. Poiché l'unione diventò operativa nel 1992, faceva miracoli anche prima di nascere.