
Il presidente del Consiglio Mario Draghi, nel suo discorso di insediamento ha sostenuto la necessità di fare una riforma fiscale complessiva, cioè non a pezzetti ma tutta insieme. Si è riferito alle due grandi riforme fatte in Italia dal dopoguerra a oggi: quella del 1951 e quella del 1972. Noi pensiamo che sia utile riferirsi a quella del '51 fatta da Ezio Vanoni perché presenta spunti di grande attualità. Inoltre, nella sua filosofia generale, mantiene la sua validità. Vanoni vara la riforma nel dopoguerra, in un periodo certo non semplice e dove le difficoltà non erano inferiori a ora, ma questo non lo limitò nel concepire e portare a compimento una riforma coraggiosa che si componeva di alcuni punti fondamentali.
1 Vanoni, che era stato il promotore dell'articolo 53 della Costituzione, su quel concetto basò tutta la sua riforma fiscale. Il concetto è quello di capacità contributiva e cioè che ognuno è tenuto a concorrere alle spese dello Stato per quanto gli è possibile. Secondo Vanoni non bisognava considerare solo il reddito per capire la capacità contributiva di un cittadino ma occorreva capire se una volta pagate le tasse gli rimanessero o no in tasca i soldi necessari per rispondere ai suoi bisogni di base. Non voleva che la determinazione del reddito dei contribuenti avvenisse in relazione a parametri generali (appartenenza a categorie, settori produttivi o altro), ma attraverso un lavoro analitico volto a capire le reali condizioni del contribuente e non indiziario cioè a presumere delle condizioni che magari non risultavano vere. Per questo introdusse la dichiarazione dei redditi e lo fece contro l'opinione dei più che non si fidavano che il popolo avrebbe risposto a essa in modo onesto. Ebbero torto. Ebbe ragione Vanoni che sosteneva che se si chiede l'onestà ai cittadini il primo passo lo deve fare sempre lo Stato.
2 Vanoni ritenne di dover operare una riduzione delle tasse sul ceto medio. Fu accusato di voler portare le finanze pubbliche allo sfascio. Nella realtà avvenne il contrario: nei cinque anni che seguirono alla diminuzione delle tasse il gettito fiscale aumentò del 58%. Vanoni aveva vinto, il popolo si era fidato.
Oggi in Italia c'è un grande bisogno di ridurre le tasse al ceto medio. Basti pensare che un lavoratore che guadagna 2.000 euro lordi al mese paga 440 euro di Irpef in busta paga più 40 euro di addizionali comunali e regionali più 186 euro di tasse sui consumi siano essi il gas, la benzina, i beni alimentari. In tutto fanno 666 euro mensili. Lo capisce anche una pietra che in questi casi non è rispettata la Costituzione perché quello che il cittadino paga è ben oltre la sua capacità contributiva.
3 Vanoni voleva un sistema progressivo cioè: chi ha di meno paga di meno, chi ha di più paga di più. E lo realizzò. Oggi in Italia non funziona così. Coloro che guadagnano tra 15.000 euro lordi l'anno e 55.000 euro lordi l'anno pagano il 60,37% di tutta l'Irpef nazionale. Chi ha meno in Italia paga di più. Vanoni ridusse le tasse sul ceto medio e ritoccò le tasse sui ceti alti.
4 Vanoni ritenne che per proporre una riforma complessiva bisognasse in qualche modo sistemare il passato e cioè tutto quel garbuglio di posizioni fiscali che, nel caos legislativo tributario, aveva creato, esattamente come crea oggi, varie vie d'uscita dal sistema fiscale sia nel senso dell'elusione sia nel senso dell'evasione, ma anche tutta una serie di pendenze dei contribuenti dovute a errori della pubblica amministrazione. Pensò cioè che occorresse ripartire sul pulito, che occorresse sistemare il passato chiedendo un atto di responsabilità ai cittadini verso il futuro. In altri termini: diminuisco le tasse, rispetto la tua capacità contributiva, semplifico il sistema, sistemo le pendenze passate e in base a questo ti chiedo di aderire al patto fiscale che ti propongo dove queste condizioni non ti faranno più sentire la supremazia dello Stato su di te, ma il pagamento delle tasse come un modo di partecipazione alla nostra democrazia.
Ci riuscì. Purtroppo, la sua vicenda terrena si concluse presto a soli 53 anni, avrebbe voluto fare molte altre cose. Non ce ne fu il tempo, ma quello che ci fu, fu sufficiente per porre le basi di una riforma che andrebbe bene anche oggi.
Certo, allora ci fu Vanoni.






