2021-04-23
La Regione nascose i siti avvelenati. I «compagni» ora processano Giani
Eugenio Giani (getty images)
L’agenzia di protezione ambientale sapeva delle aree inquinate, ma per cinque mesi non rivelò i dati Il caso degli scarti tossici dei conciatori arriva in Parlamento: usati per la pista dell’aeroporto di PisaLa Terra dei fuochi toscana è ormai una realtà: la questione è arrivata dritta in Parlamento e il governo ha preso atto dell’esistenza di due siti in cui sono stati interrati i pericolosissimi rifiuti prodotti dalle concerie, che imprenditori vicini alla ‘ndrangheta avevano taroccato trasformandoli in inerti da edilizia di recupero. Mercoledì, il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ha risposto durante il question time alla Camera dei deputati a Edoardo Ziello, deputato leghista pisano. «L’Arpa Toscana», ha spiegato Cingolani, certificando l’inquinamento, «ha realizzato indagini anche sulla realizzazione della pista dell’aeroporto di Pisa su segnalazione della sezione di polizia giudiziaria della Procura di Firenze ed è emerso che per il sottofondo della pista è stato utilizzato il materiale della ditta Lerose (i cui vertici sono sotto inchiesta per associazione a delinquere aggravata dal metodo mafioso, ndr) contenente Keu (rifiuto altamente inquinante, ndr)». Ma l’aspetto inquietante è che «dall’esito di un campionamento, nel novembre 2020», aggiunge il ministro, «è emerso che rappresenta una fonte di contaminazione». Da mesi, quindi, l’agenzia regionale per la protezione ambientale era informata sulla compromissione ambientale del sito. Ma la Regione guidata da Eugenio Giani solo dopo gli arresti e lo scandalo che ha colpito il capo di gabinetto Ledo Gori, indagato per corruzione, si è rivolta ai cittadini proprietari di pozzi per uso domestico che si trovano nel tratto inquinato per comunicare che «potranno contattare Arpat per effettuare un campionamento gratuito delle acque». Per ben cinque mesi l’Arpa Toscana e la Regione sono rimaste in silenzio. Mentre associazioni e cittadini si sono costituiti nell’assemblea No Keu. Il primo presidio è già fissato per domani 24 aprile a Empoli. Hanno già aderito Arci, Anpi, Non una di meno, Settembre rosso, Potere al popolo, Rifondazione comunista, Toscana a sinistra, Fai Empoli e Forum permanente delle donne Certaldo. I compagni, insomma, si mobilitano contro chi ha permesso che la ’ndrangheta s’infiltrasse in Toscana allungando i suoi tentacoli fino all’interno della Regione. E ora i No Keu chiedono «che venga fatta luce sulle responsabilità sistemiche e politiche», ribadendo «la ferma e decisa condanna di qualsiasi forma di commistione tra pubblico e malavita organizzata». E se per l’aeroporto militare di Pisa (questione che dovrebbe coinvolgere a questo punto anche il ministro della Difesa Lorenzo Guerini) la bomba è scoppiata negli uffici toscani a novembre, per il depuratore Aquarno di Santa Croce sull’Arno, dove il sindaco dem Giulia Deidda, si è scoperto, avrebbe brigato per l’Associazione conciatori (i cui vertici sono finiti sotto inchiesta) e mediato con la politica, tanto da volere la riconferma di Gori a capo dell’ufficio di gabinetto, «già nel 2018», ha spiegato Cingolani, «il Noe è stato delegato dalla Procura antimafia di Firenze a compiere indagini». E anche in quel caso «è stato accertato che ingenti quantitativi di rifiuti liquidi e fanghi industriali contaminati venivano convogliati nei sistemi di depurazione del consorzio Aquarno e allontanati sotto forma di fanghi di trattamento senza alcun tracciamento di quantità, qualità e natura». Il ministro stima «che il materiale conferito fuori dalle regole del settore ammontasse a circa 200.000 tonnellate l’anno». Cingolani ha anche annunciato che «è stato avviato l’iter di bonifica» e che «si è in attesa della messa in sicurezza». Giani, che, come ha svelato ieri La Verità, ha preso finanziamenti per la campagna elettorale proprio dall’Associazione dei conciatori, nel frattempo, resta in silenzio. Come il Partito democratico, che oltre al sindaco di Santa Croce sull’Arno si è ritrovato tra gli indagati per corruzione pure il consigliere regionale Andrea Pieroni. La questione ha fatto storcere il naso perfino all’ex governatore Vannino Chiti, che al Corriere fiorentino ha dichiarato: «La questione morale c’è ancora, il mio partito mi ha deluso con il suo silenzio assordante». L’imbarazzo probabilmente è dovuto anche a un emendamento, approvato lo scorso maggio dal consiglio regionale toscano, che, come ha ricostruito ieri il Domani, «rischia di travolgere il presidente della regione Giani». Si tratta di una riforma di alcuni articoli di una legge regionale, la cui proposta fu presentata da Pieroni, che secondo la Procura «non conosceva e non comprendeva neanche il contenuto tecnico», per sottrarre Aquarno dall’obbligo di sottoporsi alla procedura di autorizzazione integrata ambientale (l’Aia), con l’espediente di escludere l’impianto da quelli facenti parte del servizio idrico integrato. La riforma è poi stata impugnata per incostituzionalità dal governo e se ne sta occupando la Corte costituzionale. Gli investigatori hanno scoperto che era stata ideata e scritta da un consulente del consorzio Aquarno, Alberto Benedetti (indagato anche lui). Ma essendo certi che l’emendamento sarebbe stato bocciato dalla commissione legislativa preparatoria, fu presentato nell’ultima seduta di discussione, «senza che», sottolineano i magistrati, «ne venisse fatta effettiva illustrazione del contenuto alle opposizioni». Al consigliere Pieroni, in cambio del colpo di mano in consiglio regionale, secondo l’accusa, sarebbero stati promessi «circa 2 o 3.000 euro, da erogarsi in concomitanza con la campagna elettorale delle elezioni regionali del settembre 2020 o in tempi immediatamente successivi». Non solo, per Pieroni, emerge dagli atti d’indagine, era stato manifestato «il più generale impegno del sodalizio di appoggiare la sua ricandidatura».