
La nazione non ha fornito molti miliziani all'Isis, però è fortemente divisa su base etnica. Gli jihadisti ne hanno approfittato per rialzare la testa con un grande attacco.Sri Lanka: 290 morti e 500 feriti. Si tratta di un attacco gravissimo, di cui si parla poco malgrado le conseguenze che comunque avrà nel conflitto ibrido in corso, in cui si colloca con un significativo salto di qualità. Qualunque siano le ragioni e la regia, sono evidenti le conseguenze per tutti. Per ora si sa poco della cause e, in assenza di rivendicazioni e in presenza di condivisibili silenzi istituzionali, si possono sviluppare delle ipotesi.Ricordo che sono evidenti alcuni punti: un allarme dell'intelligence (11 aprile), discusso tuttavia in queste ore, che riguardava la segnalazione di una prossima minaccia per attacchi nelle chiese da parte del National Toweeth Isamist Jmaath; un conflitto con il gruppo Tamil, che inaugurò la stagione degli attentatori suicidi, ormai sopito da 20 anni; una popolazione soprattutto buddista, con una presenza minoritaria di cristiani (7%) e musulmani (10%); un nazionalismo di ispirazione buddista che usa la violenza per bruciare chiese e templi cristiani a decine ogni anno, nel silenzio globale. E anche un attacco plurimo, ben coordinato, che non si è concentrato in un'area ma diffuso in più città di un Paese che, per le autorità nel 2016, contribuiva con una trentina di combattenti per Daesh.In questo contesto, aperto a tante possibilità, identificare la regia, in assenza di segni di appartenenza, è un esercizio che percorre diverse strade. Ma essenziale: perché la regia c'è, è forte, ha valutato le conseguenze e ci sta raccontando qualcosa che riguarda il nostro futuro. Cominciamo col dire che l'attentato avrà comunque un impatto rilevante: lo Sri Lanka è un paese che ha cominciato a rivivere di turismo, dopo il conflitto Tamil e lo tsunami, a cui si associa lo sfruttamento della manodopera a basso costo che attrae la delocalizzazione delle imprese. Su questo paese povero in crescita, 800 vittime hanno un impatto globale che lascia il segno, negativo. Domandiamoci: la regia aveva come obiettivo un attacco allo Sri Lanka in corsa per lo sviluppo?Continuiamo sottolineando che la comunità cristiana è una minoranza attiva, che da sempre lavora per ricomporre le fratture culturali ed etniche del Paese cercando di rinforzare l'unità pacifica della popolazione: il nazionalismo buddista compie centinaia di attacchi all'anno contro i cristiani, colpevoli di voler superare odi etnici e religiosi, e l'attacco di Pasqua avrà un impatto sulle politiche locali di dialogo. Domandiamoci: l'attacco di Pasqua voleva rappresentare questo: una frenata al costituirsi di un paese meno frammentato?Un corollario, rispetto a quanto sopra, può riguardare l'ipotesi che la regia sia del gruppo Tamil, in un rigurgito, 20 anni dopo, di separatismo etnico. Entrambe queste piste, sottolineano un'attenzione «nazionale» della regia: lo Sri Lanka sembra essere il target delle immediate conseguenze, seppure inserito nell'inevitabile contesto globale in cui gravita questa terra dell'Oceano Indiano. Di fatto, se anche fosse spiegabile l'eccidio in termini di nazionalismo buddista, ci troveremmo di fronte a una esplosione di guerra religiosa senza più confini: drammaticamente sprofondanti in un mondo in cui la religione (qualunque essa fosse) diventerebbe l'humus della coltivazione del terrorismo, dove buddisti, cristiani, musulmani e via di seguito diventerebbero le nuove fazioni di una guerra sconfinata. Domandiamoci: la regia contemplava una strategia che cercava un impatto globale tanto devastante?Infine, collochiamo la regia nel contesto della guerra che vede protagonista l'islamismo radicale: in questo caso probabilmente lo Sri Lanka sarebbe una scelta opportunista, rispetto a risorse e possibilità di azione, per sviluppare un attacco a elevatissimo impatto mediatico, capace di rilanciare il tema che si stava assopendo del jihad globale. Questa prospettiva di un Paese scelto come palcoscenico locale per rivolgersi a un pubblico globale, trova giustificazione nei numeri (7% di cristiani e 10% di musulmani) che non giustificano il terrorismo religioso tra i due gruppi. Al contrario si colloca negli appelli reiterati di questi mesi, che chiamano il jihad a riposizionarsi globalmente per continuare la sua guerra, con l'intento di massimizzare l'efficacia della eredità di Daesh, ancora in attesa di essere pienamente raccolta. E lascia presupporre una regia in rete con buone connessioni internazionali dotata di una visione complessiva. Domandiamoci: lo sterminio pasquale appartiene a una sagace regia che ricolloca il terrorismo islamista al centro del conflitto quando troppo presto tutti lo davano per morto insieme a Daesh? Dunque le piste che conducono alla regia sono molteplici ma tutte permettono di affermare che la Pasqua 2019 è terribile: e non per quel che è già accaduto ma per quello che accadrà, dati i segni di questa premessa.
Roberto Saviano (Ansa)
I media continuano a grondare odio. Michele Serra: «Le vittime non sono tutte uguali». Nessuna pietà dal giornale dei vescovi. Fdi contesta Corrado Formigli: «In tv ha ignorato la vicenda».
Donald Trump (Ansa)
Il presidente Usa confida a Fox News di non essere riuscito a guardare il video del delitto. Poi chiarisce: «È un episodio isolato». Il governatore dello Utah, Cox: «Siamo a un punto di svolta della storia».
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
Finita la caccia al killer dell’attivista Usa: è un ragazzo di 22 anni, convinto dal padre a consegnarsi. Sui bossoli inutilizzati le scritte: «Fascista, prendi questo!» e il ritornello del canto.
Sergio Mattarella (Ansa)
Facendo finta di ignorare le critiche della Meloni, Re Sergio elogia il «Manifesto» rosso di Spinelli. E lo propone nuovamente come base di un’Unione ai minimi storici.