2020-03-08
La «Rai sovranista»: altro film pro migranti
Tutto il giorno davanti (Ufficio stampa)
Martedì su Rai Uno sarà trasmesso «Tutto il giorno davanti», prodotto dall'emittente di Stato e cofinanziato dalla Sicilia. Celebra l'assessore (di sinistra) di Palermo Agnese Ciulla, paladina dell'accoglienza e tutrice legale di minorenni stranieri.Risale a poche settimane fa la sanzione comminata dall'Agcom alla Rai, che si sarebbe resa colpevole di aver violato i «principi di indipendenza, imparzialità e pluralismo» allo scopo di favorire i pericolosi sovranisti. Un alieno che avesse appreso dai giornali della multa da 1,5 milioni di euro potrebbe anche pensare che, nel nostro Paese, la tv pubblica sia nelle mani della destra più retriva, ma basta entrare nel merito della questione per rendersi conto che le cose stanno in maniera decisamente diversa.Su queste pagine - tanto per fare un esempio - abbiamo già raccontato come i rilievi mossi dall'Autorità garante per le comunicazioni al Tg2 diretto da Gennaro Sangiuliano siano a dir poco ridicoli (il consiglio dell'authority è arrivato a contestare un servizio perché definiva Donald Trump «abile», roba da non credere). Ma per comprende fino in fondo quale sia davvero l'orientamento ideologico dell'emittente pubblica è sufficiente dare uno sguardo ai prodotti che ha offerto e continua a offrire ai telespettatori. Evitiamo per pietà di riaprire il capitolo Sanremo con relativo carrozzone gender fluid, e concentriamoci un secondo su altri prodotti di intrattenimento come film e fiction. Il ragionamento è semplice: se la Rai è sul serio in mano ai sovranisti, sicuramente produrrà sceneggiati e pellicole schierate sul versante destrorso, no? Beh, avviene l'esatto contrario. Giusto ieri abbiamo ricordato che il 12 marzo arriverà nei cinema Gli anni amari, pellicola sul profeta Lgbt Mario Mieli coprodotta da Rai cinema. E se l'universo arcobaleno gode di buona visibilità, il sentiero immigrazionista è ancora più battuto. Dopo aver assistito alla messa in onda della fiction Lampedusa con Claudio Amendola (dedicata all'accoglienza dei migranti, va senza dirlo), abbiamo potuto apprezzare tirate aperturiste nella serie di Montalbano e persino all'interno di Un posto al sole. Nel 2019, poi, Rai Cinema ha prodotto Nour, film con Sergio Castellitto che interpreta Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa ora europarlamentare del Pd. Potrebbe bastare anche così, ma ovviamente non è finita, perché il 10 marzo, su Rai Uno, arriva Tutto il giorno davanti, lungometraggio di Luciano Manuzzi prodotto da Rai Fiction in collaborazione con Regione Siciliana, Sicilia Film Commission e Comune di Palermo. Indovinate di che tratta? Di migranti, pensate un po'. Per la precisione - leggiamo nella scheda di presentazione - la pellicola racconta «la storia di Agnese Ciulla, ex assessore alle attività sociali del comune di Palermo [...] che nel maggio 2016 diventò “la grande madre dei migranti", raggiungendo la ribalta mediatica nazionale per la tutela di tutti i bambini che arrivavano in città senza i genitori o un parente, i cosiddetti minori stranieri non accompagnati». Grazie al cielo - e soprattutto grazie alle inchieste che lo hanno coinvolto - ci siamo risparmiati la messa in onda dello sceneggiato con Beppe Fiorello sul sindaco di Riace Mimmo Lucano. Ma a quanto pare i vertici di Rai Fiction se non ci propinano un baluardo immigrazionista all'anno non sono contenti. Agnese Ciulla è stata assessore della giunta Orlando a Palermo, dunque non ci possono essere dubbi sulle sue posizioni politiche. In questi giorni continua a rilasciare interviste in cui pontifica sul valore dei porti aperti. «Le politiche vanno costruite per tutti, altrimenti si rischia di innescare una conflittualità che non fa crescere nessuno», ha detto a un sito d'informazione siculo. «L'apertura delle frontiere abbatterebbe i costi dell'accoglienza e permetterebbe di investire sullo sviluppo d'impresa». Ma davvero dobbiamo ancora sorbirci queste manfrine? Davvero c'è bisogno di offrire l'ennesimo palcoscenico a chi ribadisce che «i flussi migratori sono un arricchimento» (come ha detto la Ciulla a Donna Moderna)? A quanto pare in Rai ritengono che sia giusto così, visto che seguitano a propinarci fiction e film celebrativi dei Profeti dell'accoglienza. Questo dato di fatto richiama alcune riflessioni. Per prima cosa, è grottesco sostenere che la Rai sia dominata dai sovranisti o comunque che cerchi di favorirli in qualche modo. Sono anni che la programmazione è totalmente sbilanciata a sinistra, tanto che ormai ci siamo stancati di ripeterlo. La seconda considerazione riguarda la produzione di film e fiction. Ma è possibile che non ci siano argomenti diversi dai migranti? È possibile che si continui a realizzare e a mandare in onda (salvo interventi della magistratura) opere che celebrano dei politici impegnati a favore dell'accoglienza? Infine: ma la benedetta «cultura di destra» dove diamine sta? Quando vedremo un lungometraggio, una serie o un corto proveniente dal sulfureo «universo sovranista»? Chiaramente la domanda è da girare ai vertici della Rai, che da anni mantengono la stessa linea, impermeabili alle critiche. Ma qualche interrogativo dovrebbe porselo anche la destra: non è giunto il momento di mostrare maggiore interesse nei riguardi del cinema, della televisione, della letteratura e dell'arte? Favorire un cambio di rotta a viale Mazzini sarebbe un ottimo inizio. E di sicuro è importante difendere i pochi spazi informativi che non si prostrano al pensiero dominante. Poi, però, un bel giorno bisognerà pensare anche al resto, e cominciare a fornire contenuti diversi dai papponi immigrazionisti e Lgbt. Altrimenti, finirà che presto o tardi ci propineranno una fiction su Laura Boldrini, e a quel punto sarà troppo tardi.
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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Terry Rozier (Getty Images)
L’operazione Royal Flush dell’Fbi coinvolge due nomi eccellenti: la guardia dei Miami Heat Terry Rozier e il coach dei Portland Trail Blazers Chauncey Billups, accusati di frode e riciclaggio in un vasto giro di scommesse truccate e poker illegale gestito dalle storiche famiglie mafiose.