2021-01-27
La quarta gamba è già zoppa: per il tris all’avvocato serve Iv
Dem compatti su Giuseppi, ma il gruppo dei voltafaccia è al palo. Il prof blandisce il Bullo improvvisando un programma sui social.Giuseppe Conte si dimette a mezzogiorno: sale al Quirinale dopo aver comunicato in Consiglio dei ministri la sua decisione, resa inevitabile dalla necessità di evitare il crollo in Senato sulla relazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che avrebbe raccolto ancora meno voti di quella striminzita maggioranza relativa, 156 favorevoli, raccolta a Palazzo Madama esattamente una settimana prima. «Ringrazio l'intera squadra di governo», dice Giuseppi ai suoi ministri, «per ogni giorno di questi mesi insieme». I capidelegazione dei tre partiti rimasti in maggioranza, Dario Franceschini del Pd, Bonafede del M5s e Roberto Speranza di Leu, esprimono a Conte il loro sostegno in vista di un eventuale reincarico. Parole che restituiscono un po' di vigore al ciuffo di Giuseppi, giù di tono per aver dovuto ingoiare il boccone amaro delle dimissioni. Conte sale al Colle, si dimette e lascia il Quirinale dopo una mezz'oretta di colloquio con Sergio Mattarella. Subito dopo, si reca prima al Senato e poi alla Camera, dove comunica le sue dimissioni ai presidenti, Maria Elisabetta Alberti Casellati e Roberto Fico. Pochi minuti bastano a Conte per parlare con la Casellati, mentre con Fico (papabile per la premiership) Giuseppi si trattiene per più di un'ora: del resto, uno degli ostacoli più difficili da superare per il varo del suo eventuale terzo governo si chiama Luigi Di Maio. Il ministro degli Esteri coltiva l'ambizione di diventare premier, e in molti nel M5s e non solo hanno notato la scarsa convinzione con la quale Giggino ha difeso il premier uscente, ingolosito dalla proposta di Matteo Renzi di indicarlo come presidente del Consiglio. Il Pd almeno a parole invece è compatto intorno a Giuseppi: «Il punto imprescindibile è Conte», dice al Tg1 la vicepresidente dem, Deborah Serracchiani, «e bisogna allargare e rilanciare l'azione di governo». «Sono fermamente convinto», scrive su Facebook il guru del Pd, Goffredo Bettini, «che attorno al premier Conte si possa in tempi brevi e in modi chiari allargare la maggioranza per un governo repubblicano e europeista».Torniamo a Italia viva. Le dimissioni di Conte rappresentano senza alcun dubbio la vittoria di Renzi, che ora però si trova di fronte a un dilemma: incassare il dividendo politico della sua affermazione o tentare di stravincere, rischiando di vanificare tutto? Al momento le probabilità di un Conte ter con il recupero di Iv restano discrete. «Noi andremo al Quirinale senza pregiudizi», afferma Renzi nella sua Enews. Niente veti su Conte, dunque: «Nessun veto», aggiunge Teresa Bellanova, a Rai Radio 1, «ma non subiamo veti. E comunque ponendo al centro il programma sul quale si vuole governare il Paese. I nomi? C'è Conte, ma non c'è solo Conte». Il «non subiamo veti» della Bellanova ha due letture. La prima: Renzi vorrebbe al governo Maria Elena Boschi, che incontra resistenze nel M5s; la seconda la spiega un big di Iv alla Verità: «Conte deve dire chiaramente che non ci sono preclusioni su di noi».In serata, Conte affida a Facebook la sua riflessione, amara come un quasi addio: «È il momento», scrive Giuseppi, “che emergano in parlamento le voci che hanno a cuore le sorti della Repubblica. Le mie dimissioni sono al servizio di questa possibilità: la formazione di un nuovo governo che offra una prospettiva di salvezza nazionale. Serve un'alleanza, nelle forme in cui si potrà diversamente realizzare, di chiara lealtà europeista, in grado di attuare le decisioni che premono, per approvare una riforma elettorale di stampo proporzionale e le riforme istituzionali e costituzionali, come la sfiducia costruttiva», aggiunge Conte, «che garantiscano il pluralismo della rappresentanza unitamente a una maggiore stabilità del sistema politico». Una chiara apertura a Renzi, che aveva chiesto la sfiducia costruttiva come bilanciamento per il proporzionale.Del resto, la ricerca dei responsabili in Senato segna il passo: ieri l'ex M5s Gregorio De Falco ha aderito alla componente del Centro democratico: «Stiamo raggiungendo l'accordo», dice De Falco all'Ansa, «insieme ai 5 senatori del gruppo Maie e altri che non fanno capo al gruppo Misto, dovremmo essere una decina». I nomi però sono sempre gli stessi, quelli dei senatori che già la scorsa settimana avevano votato la fiducia a Conte. Stesso discorso per il gruppo Maie, che accoglierà senatori che hanno già votato la fiducia a Conte la scorsa settimana. L'unica senatrice che potrebbe essere possibilista su un ingresso in maggioranza sembra essere Paola Binetti, dell'Udc: «Il primo obiettivo», dice alla Verità, «è avere un governo di più larghe intese in cui sia inserita anche l'area del centro. In quanto a Conte», aggiunge la Binetti, «vedremo a chi darà l'incarico Sergio Mattarella, certo che il cambiamento che si chiede è molto forte. Non basta cambiare due o tre parlamentari, occorre cambiare linea»». Dunque, se Conte vuole avere qualche chance di tornare per la terza volta a Palazzo Chigi, deve innanzitutto aprire a Italia viva; inoltre, è essenziale che Pd e M5s, in sede di consultazioni, facciano solo il suo nome. Se i grillini proporranno una «rosa di nomi», apriranno la strada alle elezioni.