2019-07-30
Parla la prima «pentita» di Bibbiano: «Pensavano solo a togliere i bambini»
Cinzia Magnarelli, assistente sociale, ha ammesso di aver falsificato relazioni: «Ci spingevano sempre ad agire così».Sul caso della Val d'Enza cresce la mobilitazione popolare. Petizione online con 30.000 sottoscrizioni.Lo speciale contiene due articoli.Che in Val d'Enza qualcosa non andasse, Cinzia Magnarelli se n'era resa conto già parecchi mesi fa. Questa giovane donna, difesa dal celebre avvocato Alessandro Conti, è una delle assistenti sociali indagate nell'ambito dell'inchiesta «Angeli e demoni». Le accuse in ballo sono quelle di falso ideologico, frode processuale, violenza privata e tentata estorsione. La Magnarelli, tuttavia, a differenza di altre persone coinvolte nella vicenda, ha ottenuto la revoca delle misure cautelari ed è tornata al lavoro. La decisione è stata presa dopo che la donna ha raccontato al gip di Reggio Emilia, Luca Ramponi, come funzionava il «sistema Bibbiano». Nel farlo, ha ammesso alcune responsabilità: «È vero, ho modificato quelle relazioni ma l'ho fatto a causa delle pressioni che subivo dai miei superiori. Mi sono adagiata per del tempo ma poi non ce la facevo più: per questo ho chiesto il trasferimento». Cinzia fatica molto a parlare di «carte falsificate». E ci tiene parecchio a specificare: «Io ho sempre pensato di muovermi nella massima tutela per i minori». Se verrà riconosciuta colpevole, ovviamente andrà incontro alle conseguenze. Ma, oggi, è anche grazie alle sue parole che si può comprendere come andassero le cose nel regno di Federica Anghinolfi e colleghi. La Magnarelli (che ieri ha rilasciato dichiarazioni anche al Tg2) racconta alla Verità: «Il motivo per cui ho deciso di fare richiesta di trasferimento dal servizio che stavo svolgendo a un altro servizio, sempre nella pubblica amministrazione, è che mi ero resa conto che il servizio sociale utilizzava come criterio principe il controllo invece dell'aiuto». Significa, tradotto dal gergo tecnico, che «laddove certe problematiche si sarebbero potute risolvere con il supporto alle famiglie, si prediligeva comunque la valorizzazione degli elementi che potevano portare a una richiesta di trasferimento del bambino a sede diversa da quella famigliare». In buona sostanza, i capi di Cinzia spingevano affinché fossero messi in risalto, nei vari casi riguardanti i minori, gli «elementi negativi sulla famiglia piuttosto che le risorse». La Magnarelli, relazione dopo relazione, ha capito che la strada era già tracciata, motivo per cui ha chiesto di andare via, e infatti nel settembre del 2018, ovvero già 11 mesi fa, è stata trasferita. «Nel corso del tempo ho metabolizzato il funzionamento del sistema. Il lavoro che facevo all'interno dell'equipe veniva criticato dai miei superiori. Nelle relazioni che sarebbero poi state mandate alla magistratura c'era sempre una predilezione per una visione dell'educazione del bambino scollegata dalla famiglia. Non veniva ritenuto equo e adatto il supporto all'interno della famiglia». Cinzia non doveva decidere se togliere i bimbi alle famiglie. Il suo compito era quello di stilare relazioni. Documenti che, secondo l'accusa, sarebbero stati falsificati proprio per favorire l'allontanamento dei minori. «Le scelte non le facevo io», ci dice. «Veniva prediletto un sistema dell'aiuto al di fuori della famiglia d'origine. Tutte le volte che veniva presentata la possibilità di un aiuto all'interno della famiglia, veniva cassato. Questo era il metodo di intervento. Si prediligeva la richiesta di presa in carico del bambino fuori dal nucleo famigliare. Questo era il modus operandi. Ripeto: io non avevo possibilità diretta di decidere. Avevo solo la possibilità di relazionare all'interno di una équipe che prevedeva la presenza del dirigente dei servizi sociali e poi il parere dello psicologo. Alla fine veniva fatta una relazione che comprendeva tutti i pareri e veniva mandata al Tribunale dei minori». Ma, a quanto pare, una volta che la relazione partiva, i giochi erano fatti. «Il Tribunale di Bologna decideva in base a queste relazioni. Aveva la possibilità di approfondire e sentire le parti, di valorizzare alcuni elementi anziché altri. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi». Cioè, il Tribunale avrebbe per lo più fatto copia e incolla delle relazioni dei servizi sociali e avrebbe approfondito poco i singoli casi, nonostante avesse gli strumenti per farlo. Ecco svelato il meccanismo: tutto tendeva a togliere i bimbi alle famiglie. Gli assistenti sociali erano formati per questo. «Usciti dalle scuole venivano formati dal centro studi Hansel e Gretel, il quale ci indirizzava alla ricerca del sospetto dell'abuso. Ci trovavamo, di fatto, all'interno di un sistema… imperialista». Ovvero un sistema che prima insegnava agli assistenti a cercare maltrattamenti e abusi, poi li spingeva a trovarli ovunque. E anche quando non c'erano o quando i piccoli si potevano lasciare con mamma e papà, il sistema pressava affinché si seguisse un'altra strada: «Controllo invece che sostegno alle famiglie».Cinzia Magnarelli parla poco, e con un po' di fatica. Del resto trovarsi nell'occhio del ciclone non è facile, anche se il suo è un ruolo laterale in tutta la vicenda. Alla fine, però, lo dice chiaro: «Il clima era quello un po' della caccia alle streghe». Basta questa frase, detta da una che lo ha conosciuto dall'interno, a far capire tutto del sistema Bibbiano. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-pentita-spiega-il-sistema-bibbiano-caccia-alle-streghe-per-togliere-i-bimbi-2639465191.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="fiaccolate-e-marce-contro-il-muro-di-silenzio" data-post-id="2639465191" data-published-at="1757960916" data-use-pagination="False"> Fiaccolate e marce contro il muro di silenzio È cominciata come un'uggiosa giornata d'autunno. S'è trasformata in uno scrosciante acquazzone d'estate. Da settimane, La Verità e Panorama raccontano l'inchiesta che gli altri fingono di non vedere. Bambini tolti alle alle famiglie senza un motivo. Assistenti sociali pervicaci e diabolici. Psicologi usi e adusi a vedere il male ovunque. Gli orrori di Bibbiano, insomma. il cambiamento Adesso qualcosa è cambiato. Petizioni, firme, manifestazioni di piazza. Girarsi altrove non è più possibile. Il rumore di fondo rischia di diventare un boato. I giornali tacciono. Ma di quei bambini e dei loro supposti aguzzini adesso parlano tutti. E perfino le piazze virtuali ribollono di sdegno. La petizione online di Change.org. ha già raccolto per esempio più di 30.000 adesioni. Lanciata il 17 luglio 2019, è rivolta al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e a tutte le forze politiche. Gli agguerriti fautori reclamano una commissione d'inchiesta. «I fatti di Bibbiano», scrivono, «hanno messo al centro dell'attenzione l'affido dei bambini e il funzionamento dei servizi sociali. Esiste un censimento dei minori nelle case famiglia? Possiamo sapere se vengono sempre rispettati i diritti delle famiglie e dei bambini stessi?». E dunque, «chiediamo che si indica una commissione parlamentare d'inchiesta, che recepisca le tante segnalazioni in tutt'Italia di questioni simili». Casi non indagati dalla magistratura, è il suggerimento. richieste forti «Vi aspettiamo in Parlamento», conclude l'invocazione. «Vediamo chi avrà il coraggio di votare contro. Giù le mani dai bambini!». Seguono trentamila firme. S'è fermata invece a poco meno di mille iscrizioni identica petizione lanciata da Centro-destra.it. A cui si aggiungono una sequela di micro appelli e raccolte. Dai titoli più o meno simili: «Il grido degli innocenti di Bibbiano», «Che non cali il silenzio su Bibbiano», «Parlate di Bibbiano», «Giustizia per i bambini di Bibbiano», «Vogliamo la verità sulle case famiglia». Iniziative che spesso rimandano a un altro florilegio di pagine Facebook sul tema. Ovvero, l'inchiesta «Angeli e Demoni». I titoli dei gruppi, anche in questo caso, sono assimilabili. «Giù le mani dai bambini!», «Bambini sottratti dall'ingiustizia» o «Liberi subito!». Fino ad arrivare a rimandi che, già dal titolo, malcelano insulti. Mescolati a imminenti e auspicate rese. Sul piede di battaglia, però, non ci sono solo le agorà telematiche. Ieri sera, per esempio, sono scesi in piazza ad Alessandria. «Non facciamo silenzio, facciamo sentire la nostra voce affinché questi brutti fatti di cronaca non capitino mai più», si leggeva nell'invito alla manifestazione. senza partiti Lo scorso sabato pure a Buccinasco, paesone alle porte di Milano, è stata organizzata una manifestazione apartitica. Senza simboli. Per esprimere solidarietà «alle vittime del sistema»: i bambini e i genitori da cui vengono allontanati. Alla fine dell'incontro, è stato steso un lenzuolo bianco davanti al municipio: «Simbolo della vicinanza a chi ha sofferto». E stavolta i voleri popolari collimano con l'attivismo della magistratura. Il Tribunale dei minori di Bologna sta vagliando il rientro in famiglia di un altro ragazzino. Sarebbe l'ennesimo ritorno a casa. Dei sei minori finiti al centro dell'inchiesta «Angeli e Demoni», già quattro erano stati riassegnati ai nuclei originari prima degli arresti del 27 giugno 2019. Il caso che adesso i magistrati stanno riconsiderando è sempre quello dell'affidamento di un minore. Sul padre pende un'accusa di abusi sessuali. La procura ha già chiesto l'archiviazione per l'uomo. I servizi sociali della Val d'Enza si sono però opposti. Intanto, scrive la Gazzetta di Reggio, pure il tribunale minorile avrebbe riabilitato l'uomo: «Ha manifestato una condotta adeguata e idonee competenze». nessun motivo Insomma: i motivi alla base dell'allontanamento sarebbero venuti meno. Ma il ragazzino rimane sotto la tutela dei servizi sociali. Che, da tre anni, lo obbligano a non vedere il padre. Fascicoli che si assomigliano l'uno con l'altro. Troppo. Quelli sotto osservazione sarebbero già una settantina. visite in comunità Nelle corse settimane, alcuni giudici minorili bolognesi sono stati nelle comunità che ospitano minori in difficoltà e in alcune scuole del reggiano. Le anomalie emerse sarebbero allarmanti. Relazioni dei servizi sociali colpevolmente carenti, ad esempio. Avrebbero permesso di vergare allarmate dichiarazioni di abbandono dei genitori biologici. E la conseguente adottabilità del bambino da parte di altre coppie.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
Continua a leggereRiduci