2022-01-09
La Pelosi è tenera coi colossi Web e suo marito sbanca a Wall Street
La speaker della Camera ha dichiarato che il consorte ha intascato milioni di dollari con l’attività in Borsa. I democratici sono in imbarazzo: ha informazioni riservate che potrebbero fare la fortuna di qualsiasi trader. Gli intrecci tra politica e finanza sono sempre problematici. Ne sa qualcosa Nancy Pelosi. Il 29 dicembre, la speaker della Camera ha reso noto che lei e suo marito Paul hanno acquistato milioni di dollari in call option su azioni di alcuni colossi americani. Le transazioni, avvenute tra il 17 e il 22 dicembre, riguardano tra gli altri Google, Salesforce, Micron Technology e Walt Disney. In particolare, le operazioni concernenti Google e Salesforce oscillano entrambe tra i 500.000 e il milione di dollari. Che la famiglia Pelosi sia avvezza a danarose attività finanziarie, non è del resto un mistero. Era il 16 dicembre quando il New York Post riferì che il consorte della speaker - un businessman a capo della società d’investimento Financial Leasing Services - dispone di un portafoglio tutt’altro che irrilevante. Parliamo di azioni di Apple e Amazon dal valore oscillante, in entrambi i casi, tra 5 e 25 milioni di dollari. Tutto questo, senza trascurare ulteriori milioni in azioni Comcast e Visa. Cifre importanti, che hanno generato qualche dubbio di opportunità politica. Sia chiaro: tutto questo è perfettamente legale e non ci sono prove di comportamenti illeciti. Entrato in vigore nel 2012, il cosiddetto Stock Act non vieta infatti ai parlamentari americani le transazioni di azioni e obbligazioni, limitandosi a richiederne eventuale notifica entro 45 giorni. La stessa Pelosi ha apertamente difeso il diritto dei parlamentari statunitensi di giocare in borsa. «Siamo un’economia di libero mercato», ha detto. «I membri del Congresso dovrebbero essere in grado di parteciparvi». Appurato quindi che non si configurano reati, il tema da porre è di opportunità politica. Nancy Pelosi non è certo l’unica parlamentare americana ad essere più o meno direttamente coinvolta in attività di natura finanziaria, ce ne sono infatti molti sia tra i repubblicani che tra i dem (e non sempre in piena trasparenza). Tuttavia costei è in una posizione particolarmente delicata, visto che ricopre il ruolo di speaker della Camera. Senza poi trascurare che proprio lei impugna spesso i principi di trasparenza ed etica come clava contro gli avversari politici. Innanzitutto si configura il rischio di insider trading, visto che i parlamentari - e a maggior ragione la speaker della Camera - hanno accesso a informazioni riservate. Certo: la Pelosi tende a dividere la propria attività da quella del marito. «La speaker non possiede azioni», ha detto il suo portavoce, Drew Hammill. «Come si può vedere dalle informative, queste transazioni sono contrassegnate come Sp, che sta per “coniuge”. La speaker non ha alcuna conoscenza preliminare o successivo coinvolgimento in alcuna transazione». Una spiegazione che lascia il tempo che trova. E a dirlo è Walter Shaub, che è stato direttore dello Us office of government ethics dal 2013 al 2017, servendo quindi sotto Obama e Trump. «L’idea che le azioni sono a nome di suo marito è un completo depistaggio», ha dichiarato. «A meno che i membri del Congresso non siano disposti a indossare microfoni 24 ore su 24 quando cenano con i loro coniugi e vanno a letto, il pubblico non ha modo di sapere quali informazioni hanno condiviso intenzionalmente o inavvertitamente». In secondo luogo, c’è il rischio che queste attività finiscano con l’avere un impatto sulla legislazione. Ora, sarà un caso, ma parrebbe che i suddetti stretti legami finanziari con la Silicon Valley stiano spingendo la speaker a non esagerare con la linea dura nei confronti dei big del web. Secondo testimonianze raccolte dal New York Post, sembra infatti che la Pelosi stia sotterraneamente rallentando un disegno di legge bipartisan, volto a colpire i colossi tecnologici sul versante della concorrenza. Un terzo nodo è infine di natura politica. Con il Partito democratico che si sta spostando sempre più a sinistra, fa sorridere che la Speaker invochi il libero mercato. Tanto più che alcuni esponenti del suo stesso schieramento chiedono di vietare ai parlamentari la compravendita di azioni: è per esempio il caso della senatrice Elizabeth Warren e della deputata Alexandria Ocasio-Cortez, che ha affermato: «Dato che abbiamo accesso a informazioni sensibili e a politiche imminenti, non credo che i membri del Congresso debbano detenere o negoziare azioni individuali». Che cosa pensano dunque queste parlamentari della speaker? E qui sorge un dubbio. Uno dei grandi misteri del nostro tempo è per quale ragione la Pelosi -storicamente espressione del potente establishment dem - ha negli ultimi anni sposato alcune delle battaglie più bizzarre, radicali e controproducenti della sinistra del suo stesso partito. Non è che lo ha fatto per accattivarsi le simpatie di quelle «teste calde», che minacciano di mettere un freno alle sue lucrose attività finanziarie (pardon, di suo marito)? «Il capitalismo è il nostro sistema economico, ma non ha servito la nostra economia come avrebbe dovuto», dichiarò la Pelosi a settembre. Forse per l’economia americana no, ma per Madam Speaker il capitalismo a quanto pare funziona eccome.
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