2019-12-14
La nostra élite europeista di faziosi non capisce più niente della realtà
Sulla Gran Bretagna analisti e politici hanno dato il peggio di sé, dipingendo l'inquilino di Downing Street come un pagliaccio che si era infilato in un vicolo cieco a dispetto del volere popolare. Era vero il contrario.Ma Boris Johnson non era un buffone, un politico fallito, un mezzo matto che si era infilato con le proprie gambe nel vicolo cieco della Brexit per eccesso di ambizione? Nelle scorse settimane abbiamo letto qualsiasi cosa a proposito del primo ministro inglese. Le più delicate definizioni lo dipingevano come un giocatore d'azzardo, un imbroglione, una persona di nessuna credibilità, uno che si sarebbe schiantato in fretta contro il muro della realtà. A rileggerli oggi che il premier conservatore ha conquistato una maggioranza parlamentare mai vista prima a Westminster, quei commenti appaiono per quel che erano fin dall'inizio: pregiudizi dettati da faziosità e crassa incompetenza. Perché Johnson non era un clown e neppure un venditore di fumo. Era ed è semplicemente un politico con la capacità di intercettare l'umore del proprio popolo. Dote che manca alla maggioranza di coloro che in Italia danno lezioni agli altri e si candidano a governare. Prendete per esempio quel che scriveva Matteo Renzi pochi mesi fa, proprio in occasione della nomina di Johnson a leader dei tory. «Tre anni fa la Brexit. La realtà dimostra che tutta la campagna elettorale si basava su fake news». Per il fondatore di Italia viva, il primo ministro britannico presto si sarebbe reso conto della differenza fra idea e azione. «Le bugie ti fanno vincere il referendum, ma poi sono i cittadini a pagare i danni. Era il referendum di un Paese che nel 2016 cresceva e ora è bloccato». Ogni riferimento all'Italia era ovviamente voluto, anche se l'ex presidente del Consiglio parlava del Regno Unito, of course. Peccato che ciò che scriveva a giugno, ossia di una Gran Bretagna bloccata, non corrisponda assolutamente al vero. Per dirla con Renzi, si tratta di una fake news. Non soltanto perché ieri l'Inghilterra ha votato per Boris Johnson e la Brexit, facendo salire la Borsa e anche la sterlina, ma perché dal 2016, anno del referendum per l'uscita dall'Europa, a oggi l'Inghilterra è andata meglio di prima. Mentre l'area Ue arranca, il Pil inglese è infatti passato da 2.780 miliardi agli attuali 2.880 e la disoccupazione, che nel giugno di tre anni fa era assestata attorno al 5 per cento, oggi è al 3,8. Certo, la moneta di Sua maestà si è deprezzata come mai si era visto, tuttavia questo ha fatto crescere l'export e ha attirato investimenti, smentendo dunque le Cassandre che prevedevano 520.000 disoccupati in più, una perdita del Pil intorno al 4 per cento e un taglio dei salari reali del 2,8.Ma a prendere cantonate clamorose non è stato solo Renzi. Su Johnson si sono sbagliati anche i soloni del giornalismo, quelli che spesso hanno descritto l'ex sindaco di Londra come un pagliaccio. Federico Fubini, vicedirettore del Corriere della Sera, uno che è sempre pronto a spiegare come va il mondo anche se il mondo poi sceglie di andare da una parte diversa rispetto a quella da lui indicata, nel 2016, indossando i panni del Mago Otelma, prevedeva: «Boris Johnson ha capito che non sarà mai leader dei Tory e premier, dunque si è chiamato fuori. Una Brexit del tutto sprecata». A rileggerlo oggi si capiscono tante cose, in particolare che molto di ciò che si è detto e scritto a proposito della Gran Bretagna in questi anni era vergato nel salotto buono di Bruxelles, senza però mai farsi un giro nelle campagne e nelle fabbriche inglesi, là dove Boris Johnson ha pescato il suo consenso.Il problema è che le élite e i loro cronisti raccontano un mondo che esiste solo nei Palazzi e mai nei Paesi che sono chiamati a votare, dunque scrivono e dicono ciò che piace e conviene a loro. Un'altra prova? Leggete ciò che diceva Donald Tusk, quando era presidente del Consiglio europeo parlando dell'uscita della Gran Bretagna dalla Ue: «In quanto storico, temo che la Brexit possa marcare non solo l'inizio della distruzione dell'Unione europea, ma anche della civiltà occidentale». Insomma, Johnson e i suoi, l'Inghilterra e gli inglesi, ossia la patria della Magna Charta come bomba capace di distruggere il mondo come l'abbiamo conosciuto.Mario Monti, parlando del referendum della Gran Bretagna, arrivò a dire non solo che era un incidente della storia, ma addirittura «un eccesso di democrazia», precisando che i cittadini dovrebbero essere portati a subire le decisioni delle élite. A dare man forte all'ex rettore della Bocconi ci pensò il suo mentore, ossia Giorgio Napolitano, dicendo che votare era stato un errore. Attenzione: secondo lui non hanno sbagliato gli elettori nel segreto dell'urna. Ha sbagliato il governo inglese a indire un referendum. E a chi obietta che questa è l'espressione del popolo, uno come Roberto Saviano replica che il popolo acclamava anche Hitler e Mussolini. Non sappiamo se l'autore di Gomorra, pensi che anche Johnson, al pari di Matteo Salvini, sia un pericoloso populista e fascista. Né ci è noto se lui, Monti, Napolitano e tutti gli altri che lo citano lo considerino un clown. Tuttavia siamo certi che a rileggere le loro affermazioni chiunque rida a crepapelle, molto più che con Crozza.