2021-06-23
La Nazionale non si è inginocchiata al Pd
Replica degli azzurri alla predica di Enrico Letta, che pretendeva l'adesione di tutta la squadra alla pantomima di Black lives matter: «In futuro valuteremo cosa fare». E la Uefa stoppa il delirio Lgbt della sinistra tedesca: niente stadio arcobaleno contro l'UngheriaNella storia della Nazionale italiana, le polemiche hanno portato sempre meglio delle lodi sperticate. Magari, l'incendio acceso da Enrico Letta, per l'omaggio alla ridicola religione di Black lives matter, sarà di buon auspicio agli Europei. L'altra sera, nel salottino di Lilli Gruber, il segretario dem aveva avviato un'altra cruciale battaglia di civiltà: contro il Galles, «avrei voluto vedere inginocchiati tutti gli atleti azzurri, alcuni non lo hanno fatto. Una scena pessima, spero che prossimamente lo facciano». Il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, aveva ragionevolmente concesso libertà di scelta sull'inchino antirazzista. Alla fine, per evitare di lacerare un gruppo compatto e affiatato, ieri la Nazionale ha tentato una soluzione di compromesso. Tenendo però la schiena dritta di fronte al processino intentato da Letta. Il responsabile comunicazione della squadra, Paolo Corbi, ha rimarcato che «siamo tutti contro ogni forma di razzismo, ci siamo confrontati e ovviamente vogliamo ribadire questa posizione. Aderire o meno ad una forma di protesta, per quanto simbolica, non vuol dire ignorare la lotta al razzismo». Professione di fede archiviata. «Quanto al fatto che a inizio gara qualcuno si sia inginocchiato e altri no, c'è stata un po' di confusione», ha minimizzato Corbi: «I calciatori erano tutti concentrati su una partita per noi decisiva, perché metteva in palio il primo posto nel girone e per il prosieguo dell'Europeo, fra l'altro con otto cambi. Quindi, da quanto abbiamo ricostruito, non eravamo del tutto preparati a quel momento». Quindi, la strategia per salvare capra, cavoli e soprattutto serenità: «Per il futuro, se ci saranno altre occasioni, la squadra si confronterà al suo interno e prenderà una decisione univoca che sarà messa in pratica da tutti». Dunque, è probabile che, dovendo convergere su una scelta unitaria - e volendo allontanare dallo spogliatoio le pretestuose accuse di una stampa finora in luna di miele con i ragazzi di Roberto Mancini - gli azzurri finiranno per pagare il loro tributo alla liturgia dei Vip antirazzisti. Al contempo, l'Italia ha messo in chiaro che nessun ginocchio si piegherà solo perché l'ha ordinato Letta. Semmai, qui si tratta di restare in piedi. Di tenere la mente sgombera. Di assicurarsi che i 26 della rosa siano concentrati sul gioco, che adesso si fa duro veramente: domenica c'è la prima gara a eliminazione diretta, contro l'insidiosa Austria. E il resto del torneo potrebbe metterci di fronte alle corazzate belga e francese. È logico dribblare le rogne fuori dal campo. Certo, esiste il rischio che, eventualmente, il segretario del Pd metta il cappello sui giocatori piegati. Da quando è tornato da Parigi, il nipotissimo becca solo sberle in faccia. Con il minuto politicamente corretto della Nazionale, porterà a casa almeno il premio di consolazione. In ogni caso, Letta è riuscito nell'impresa di farsi asfaltare da Lapo Elkann, che su Twitter ha tuonato: «Giù le mani dai nostri giocatori con politici e pseudo influencer che dicono cosa devono o non devono fare».Il mondo del pallone è in fuga dalle strumentalizzazioni di un Europeo figlio dell'era della polarizzazione. Lo dimostra anche il no dell'Uefa all'iniziativa del sindaco di Monaco, Dieter Reiter. Il socialdemocratico voleva illuminare l'Allianz Arena con i colori della bandiera arcobaleno, in occasione della partita di stasera tra Germania e Ungheria, per protestare contro Viktor Orbán e la sua legge contro la «propaganda omosessuale» sui minori. Tutto da copione: la sinistra è in ansia per i temi gender, però dimentica che i capitalisti tedeschi si servono volentieri della manodopera a buon mercato dell'Est. Il progetto aveva raccolto consensi trasversali: dal portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, all'aspirante cancelliera verde, Annalena Baerbock, fino ad alcuni calciatori, come Leon Goretzka. Il capitano Manuel Neuer ha già indossato la fascia arcobaleno nei primi due match della Mannschaft. Vive proteste, al contrario, erano arrivate dal ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, che aveva espresso un concetto di buon senso: «È dannoso e pericoloso mischiare sport e politica». C'è chi dice che a pretendere uno stop dall'Uefa sia stato uno dei suoi vicepresidenti, il magiaro Sándor Csányi. C'è chi invece ricorda che Budapest, a dispetto delle aspirazioni di Mario Draghi, sarebbe l'unica altra città presa in considerazione, qualora si rendesse necessario spostare la finale da Wembley. Fatto sta che il presidente dell'organismo calcistico europeo, Aleksander Ceferin, ha bocciato l'idea di Monaco: «Era la richiesta di un politico, era chiaramente un segnale mirato a un atto politico di un governo di un altro Paese. Il calcio non può permettere di essere usato per scopi politici. Con tutto il cuore supporto e celebro Neuer che indossa la fascia arcobaleno. E con tutto il cuore sono a favore di uno stadio illuminato coi colori dell'arcobaleno in altre occasioni, come propone la Uefa, quando non sia per scopi politici». Le date individuate sarebbero gli innocui 28 giugno, o un giorno tra il 3 e il 9 luglio. Il verdetto ha suscitato il disappunto del governatore della Baviera, Markus Söder, mentre il sindaco Reiter, «molto deluso», ha giudicato «vergognosa» la decisione, ha accusato la Federazione tedesca di non essersi spesa in sostegno dell'iniziativa e ha giurato che illuminerà a tema Lgbt gli altri edifici cittadini. Nel frattempo, saranno Francoforte e Colonia a tingere i loro stadi. Winston Churchill scrisse che gli italiani perdevano le guerre come partite di calcio e le partite di calcio come guerre. A quanto pare, all'estero ci hanno copiato.
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