2020-09-02
La missione segreta dei sovietici per distruggere il corpo di Hitler
Gamma-Keystone via Getty Images
Nel 1970 Mosca ordinò al Kgb di trovare ed eliminare il cadavere del Führer, nascosto a Magdeburgo dopo la guerra. Un libro ricostruisce la vicenda con documenti storici e carte d'archivio della Lubjanka.Se si accetta che un documento dei servizi segreti possa stabilire la verità, allora sulla morte di Adolf Hitler e sul destino del suo cadavere non restano dubbi. Il capo del nazismo si uccise nel bunker il 30 aprile del 1945, le sue spoglie furono recuperate dai sovietici il 4 maggio e nascoste sottoterra a Magdeburgo nel febbraio del 1946 (dopo una serie di autopsie e spostamenti). Tutta la vicenda è descritta nei dettagli sui cartigli del Kgb; gli stessi che Stalin volle custodire negli armadi più reconditi del palazzo della Lubjanka, all'epoca sede dei servizi segreti, affinché nessuno potesse sapere nulla di quel cadavere. Per 25 anni, infatti, quei documenti scomparvero nel nulla. Nel 1970, però, le cose cambiarono. Il mondo era uscito dal dopoguerra, lo scontro tra comunismo e capitalismo aveva espresso un nuovo equilibrio geopolitico e l'Urss cominciava a ritrarsi dall'occupazione militare della Repubblica democratica tedesca (Ddr). Fu in quella primavera di 50 anni fa che Mosca diede l'ordine definitivo: riesumare e distruggere quel corpo, seppellito insieme a quelli di Eva Braun, dell'intera famiglia Goebbels e dell'ultimo capo di Stato maggiore Hans Krebs.Questa verità può nutrire un libro intero e la scelta di Giovanni Mari, giornalista e studioso di propaganda politica, è stata quella del romanzo storico. Klausener Strasse (Minerva, 248 pagine, 16,90 euro), che prende il nome dalla strada della sepoltura in Germania Est, racconta l'avventura della squadra del Kgb inviata a caccia del cadavere del Führer. Il volume si affida al dettato dei dossier russi, ma lo vivacizza attraverso alcuni espedienti romanzeschi, come i dialoghi tra le spie, o la ricostruzione giornalistica, che allarga lo sguardo ai grandi sommovimenti che in quel turbolento 1970 stavano decidendo le sorti del «secolo breve». In Klausener Strasse, però, il romanzo è ancorato a una solida base storica ed è ricco di precisi dettagli: mappe, coordinate, codici. La vicenda, non inedita, viene raccontata per la prima volta in un'opera non destinata agli addetti ai lavori.L'ordine di recuperare i corpi di Hitler e dei suoi fedelissimi partì dall'allora segretario generale del Partito comunista dell'Unione sovietica, Leonid Breznev, il quale la chiamò «Operazione archivi» e la delegò al capo del Kgb, Yurj Andropov, poi successore dello stesso Breznev alla guida del Pcus. Il documento di partenza aveva stampigliata con il normografo questa cifra: «Arx, numero 300919, volume 1, nucleo del ministero della Sicurezza di Stato dell'Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, protocollo 10422». Titolo: «Fondo agenti (archivio speciale), procedimento di ricerca di Adolf Hitler». Lo confezionarono gli agenti Smerš (acronimo che significava «morte alle spie» e indicava il dipartimento di controspionaggio dell'Armata rossa) che avevano perlustrato il cortile del bunker a inizio maggio del 1945.Il primo spostamento, quasi clandestino, per eseguire le autopsie, fu ordinato da Lavrentij Beria, capo della polizia segreta staliniana, al comandante Viktor Abakumov: lo autorizzò a traslocare la casse con i cadaveri della cricca nazista dal bunker all'ospedale da campo di Buch, nei pressi di Berlino, per verificarne le identità. Poi gli uomini dei reparti speciali ricevettero l'ordine prima di «proteggere» le casse nella guarnigione di Finow (nel Brandeburgo), poi di seppellirle a Rathenow, a 91 chilometri da Berlino, dove le casse sarebbero rimaste per sei mesi. Il libro riporta il testo di una prima mappa, che individua questa sepoltura temporanea: «Ubicazione delle casse: 325 metri dal ponte ferroviario seguendo la fascia boschiva di spartivento; 55 metri dal pilastro di pietra segnato con i numeri 111 in direzione nord est, rispetto al pilastro successivo; 26 metri diritto a est da questo ultimo pilastro. La fossa è stata colmata di terriccio e livellata. In superficie, con piccoli alberi, quasi tutti pini sottili, è stato segnato il numero 111». Presto i sovietici cambiarono idea e spostarono tutto a Magdeburgo. In un secondo documento, datato 23 febbraio 1946, è riportata la nuova posizione «della fossa con i cadaveri del governo tedesco»: «Tutto il materiale è stato disseppellito a Rathenow e ri-sepolto in una fossa a una profondità di due metri in una distesa su Vestenden Straße, nei pressi dell'edificio numero 36, dove si è insediato l'ufficio speciale del controspionaggio». Il viale negli anni ha cambiato nome e ora si chiama, Klausener Straße, precisa Mari. Il quale riporta anche le coordinate inserite dagli 007 sovietici: «Dalla parete in pietra a sud del cortile, verso il muro della rimessa, 25 metri a est». La mappa offre ulteriori dettagli: «I cadaveri si trovano in casse di legno d'artiglieria, in una fossa profonda due metri. Nella parte ovest si trova un cesto con i due cani che appartenevano a Hitler ed Eva Braun».Per ventiquattro anni i vertici del Terzo Reich sono rimasti sepolti in quell'angolo di Ddr, fino al giorno in cui Andropov evidenziò un problema al Cremlino. La lettera è del 13 marzo 1970: «Illustre e caro compagno Leonid, è mia cura informarti di una crescente preoccupazione da me condivisa… ». Una parte l'aveva dettata ai dattilografi, a cui aveva però fatto lasciare degli spazi bianchi tra una riga e l'altra, spazi che lo stesso Andropov aveva riempito a penna con le informazioni più delicate, quelle da tenere segrete: «Nel febbraio del 1946 i cadaveri di Hitler, Goebbels e altri (undici corpi in tutto), al tempo requisiti, sono stati inumati dai nostri soldati a Magdeburgo, nell'attuale Repubblica democratica tedesca, nel terreno di una base del dipartimento speciale del Kgb presso la Terza Armata. Tale territorio è tra quelli che ora l'Unione sovietica deve restituire alla gestione autonoma delle autorità tedesche. Ritengo sia doveroso rimuovere quei corpi e procedere a una completa distruzione attraverso una risolutiva cremazione. L'operazione sarà eseguita nella massima segretezza da un gruppo operativo dello stesso dipartimento speciale del Kgb». La risposta arrivò il 20 marzo, con l'autorizzazione e le firme del primo ministro Aleksej Kossygin e del presidente del Soviet supremo Nikolaj Podgorny. Andropov affidò la missione al colonnello Nikolaj Grigorevic Kovalenko, capo della cellula Kgb presso l'unità militare 92626. Questi scelse come collaboratori il tenente Vladimir Gumenyuk e il maggiore Andreij Shirokow. Klausener Strasse descrive il loro piano: «Con il tenente Fedorchuk abbiamo pensato di montare una grande tenda sopra le sepolture, due o tre giorni prima, per dare l'idea dell'allestimento di un cantiere. Basterà un singolo uomo di guardia, fino al giorno dell'operazione. Esiste una copertura ufficiale, che sarà consegnata in forma scritta ai dirigenti locali del Partito: cerchiamo documenti utili all'incriminazione di un cittadino sovietico in passato di servizio a Magdeburgo».Il piano originale prevedeva la distruzione dei corpi nei campi di addestramento del reggimento meccanizzato sovietico di Magdeburgo e la dispersione in un piccolo invaso artificiale che si trovava nello stesso territorio. Ma cambiò alla radice per una serie di errori e inconvenienti (il romanzo storico li svela tutti). Alla fine, gli agenti russi tirarono fuori dal terreno i sarcofaghi: «Con mosse lente manovravamo le casse per non farle penzolare, per non danneggiarle, mentre una fine sabbia scura sgorgava dalle fessure fra le travi», si legge nel libro, che parafrasa il racconto fatto da uno dei protagonisti alla stampa tedesca qualche anno fa. «Le avevamo accatastate alle nostre spalle, addossandole al telone […]. A destra della buca principale avevamo alla fine trovato, in disastrose condizioni, un cesto di legno e vimini, ricurvo e imputridito. Senza troppa fatica avevamo portato anch'esso in superficie […]. Con un gesto lento delle mani aveva appiccicato alla parete della tenda il prospetto della collocazione dei cadaveri nelle casse come era stata descritta dai fucilieri ai tempi della sepoltura a Rathenow».L'epilogo il 5 aprile. I cadaveri furono incendiati in una radura nei pressi di Schönebeck, in Sassonia, e le ceneri rinchiuse in un sacco di juta con una grossa scritta sul fianco: «Pkka», Armata rossa degli operai e dei contadini. Gettarono tutto in una pozza d'acqua tra le paludi di Biederitz, sporgendosi dal «Ponte dei porci». Kovalenko scrisse un succinto verbale: «Rapporto scritto in un solo esemplare e da me medesimo a mano al fine di garantire la massima sicurezza. Come da riferimenti precedenti, l'intero materiale è stato bruciato e, insieme alle braci, è stato macinato integralmente […]. I resti e tutti i materiali per cui è stata richiesta l'archiviazione sono pertanto completamente dispersi».
il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi (Ansa)
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Donald Trump (Getty Images)
Donald Trump (Getty Images)