2024-02-10
La memoria di Biden diventa un caso. Anche i pezzi grossi dem hanno dubbi
Un procuratore fa a pezzi il presidente: «Conservò documenti riservati intenzionalmente, ma non possiamo incriminarlo, è anziano e smemorato». I repubblicani chiedono la destituzione. Clan Obama e Clinton irritati.La ricandidatura di Joe Biden appare sempre più a rischio. Il procuratore speciale, Robert Hur, ha pubblicato il rapporto investigativo inerente all’indagine sui documenti classificati, indebitamente trattenuti dal presidente americano. Nonostante non siano state mosse accuse formali contro di lui, questo fascicolo rischia di rivelarsi elettoralmente devastante per l’inquilino della Casa Bianca. Innanzitutto, il procuratore - nominato a gennaio 2023 dal capo del dipartimento di Giustizia Merrick Garland - ha sottolineato che Biden ha trattenuto quegli incartamenti intenzionalmente. «La nostra indagine ha rinvenuto prove che il presidente Biden ha conservato e divulgato intenzionalmente materiali riservati dopo la sua vicepresidenza, quando era un privato cittadino», si legge nel rapporto. Non solo. Il procuratore ha anche riportato che il ghostwriter con cui Biden condivise le informazioni classificate ha distrutto tutte le registrazioni in proprio possesso relative a questo caso.Eppure Hur ha deciso di non muovere accuse contro il presidente, scrivendo di aver «considerato che, al processo, il signor Biden probabilmente si sarebbe presentato a una giuria come ha fatto nel nostro interrogatorio con lui: ovvero come un uomo empatico, ben intenzionato, anziano e con scarsa memoria». «Sulla base delle nostre interazioni dirette con lui, è qualcuno rispetto a cui molti giurati avrebbero sollevato il ragionevole dubbio», prosegue il rapporto. Insomma, secondo Hur, l’intenzionalità c’è stata, però l’incriminazione non ha avuto luogo perché probabilmente la giuria avrebbe avuto comprensione verso un uomo anziano e con vuoti di memoria.Da questo punto di vista, il rapporto del procuratore aggiunge dettagli pesanti. «Nel suo interrogatorio con il nostro ufficio, la memoria del signor Biden era peggiore. Non ricordava quando era vicepresidente, dimenticandosi nel primo giorno del colloquio quando terminò il suo mandato», si legge nel fascicolo. «Non ricordava, nemmeno dopo diversi anni, quando morì suo figlio Beau», aggiunge il documento, definendo inoltre la memoria del presidente «significativamente limitata». Tutto questo vuol dire che l’assenza di lucidità di Biden è adesso un dato messo nero su bianco in un documento ufficiale. Si tratta di un bel problema per il presidente, soprattutto alla luce di un recente sondaggio di Nbc News, secondo cui il 76% degli americani risulta preoccupato per le sue condizioni di salute fisica e mentale. Ricordiamo che finora Biden si è rifiutato di sottoporsi a un test cognitivo, contrariamente a Donald Trump che lo superò nel 2018. Non a caso, martedì la deputata repubblicana Claudia Tenney ha chiesto al dipartimento di Giustizia di considerare la possibilità di destituire l’attuale presidente ai sensi del 25° emendamento per mancanza di idoneità.Anche per questo, Biden, subito dopo la presentazione del rapporto, ha cercato di passare al contrattacco. «Non crediamo che il modo in cui il rapporto tratta la memoria del presidente Biden sia accurato o appropriato», hanno affermato i legali dell’inquilino della Casa Bianca, il quale ha a sua volta tenuto una conferenza stampa, in cui, oltre a scaricare sullo staff la responsabilità dei documenti indebitamente trattenuti, ha nervosamente rivendicato di avere una memoria «buona». «Sono un uomo anziano e so cosa diavolo sto facendo», ha tuonato. Inoltre, interpellato da un reporter sulla qualità della sua memoria, Biden ha replicato piccato: «La mia memoria è così pessima che ti ho lasciato parlare». Peccato però che, nel medesimo punto stampa, il presidente se ne sia uscito, definendo il leader egiziano Fattah Al Sisi come «il presidente del Messico». Sembra di essere tornati al luglio 2016, quando l’allora direttore dell’Fbi, James Comey, si rifiutò di incriminare Hillary Clinton sullo scandalo delle email, pur non rinunciando ad accusarla di essere stata «estremamente imprudente»: pochi mesi dopo, l’ex first lady perse le presidenziali. Né ha molto senso dipingere Hur come un trumpista: è vero che era stato nominato da Donald Trump procuratore federale del Maryland nel 2017. Tuttavia il ruolo di procuratore speciale gli è stato conferito da Garland (a sua volta nominato da Biden). Senza trascurare che lavorò al fianco di Rod Rosenstein: il viceministro della Giustizia che entrò in rotta di collisione con Trump sul caso Russiagate.Serpeggiano intanto preoccupazioni in seno al Partito democratico. Un deputato dem rimasto anonimo ha detto a Nbc News che il rapporto di Hur è «un incubo», sostenendo che «indebolisce il presidente Biden dal punto di vista elettorale». Sempre parlando con Nbc News, un funzionario dem ha inoltre definito il rapporto come «più che devastante». «Conferma ogni dubbio e preoccupazione degli elettori. Se l’unica ragione per cui non lo hanno incriminato è perché è troppo vecchio per essere accusato, allora come può essere presidente degli Stati Uniti?», ha aggiunto. «Questo è terribile per i dem», ha detto lo stratega dem clintoniano, Paul Begala, criticando la replica del presidente. «Penso che Biden abbia peggiorato le cose, non c’è dubbio». D’altronde, è da mesi che i team di Biden e Barack Obama sono ai ferri corti. Non è un mistero che l’ex presidente dem non sia soddisfatto della ricandidatura dell’attuale inquilino della Casa Bianca e che vorrebbe puntare su qualche altro nome: non tanto la moglie Michelle, quanto il governatore della California, Gavin Newsom. Ma che cosa accadrebbe se Biden si ritirasse? La palla passerebbe alla Convention nazionale dem, che a quel punto sarebbe combattuta.
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