2022-10-06
La Meloni studia un governo tecno-populista
Giorgia Meloni (Getty images)
La riunione dei big di Fratelli d’Italia indica la linea: «Si partirà dalla competenza». Mentre la premier in pectore apre un canale di dialogo con il Colle, scendono le quotazioni della forzista Licia Ronzulli nella squadra. Scetticismo per il ritorno di Matteo Salvini al Viminale.Un governo poli-tecnico: Giorgia Meloni ieri ha riunito a Roma l’esecutivo nazionale di Fratelli d’Italia, e dal suo intervento, oltre che dalle dichiarazioni ufficiali dei suoi colonnelli, viene fuori con chiarezza che la quasi premier italiana chiederà al suo partito di sacrificare le ambizioni personali per consentirle di nominare un discreto numero di ministri «competenti», da sistemare nei posti chiave (Economia, Interno, Difesa, Giustizia). Giorgia, che a quanto risulta alla Verità ha già avuto qualche colloquio preliminare, in un contesto collaborativo, con il Quirinale, è concentrata, determinata, ma pure preoccupata per le emergenze da affrontare quando si sarà insediata a Palazzo Chigi, e dunque ha intenzione di scegliere ministri che siano immediatamente pronti a discutere con l’Europa, gli Stati Uniti e la Nato. «Se il presidente della Repubblica ci conferirà il mandato», avrebbe detto la Meloni ai suoi dirigenti, «il nostro sarà un governo politico, forte e coeso, con un programma chiaro, un mandato popolare e un presidente politico. E che, come chiesto dai cittadini, porterà avanti politiche in discontinuità rispetto a quelle messe in piedi in questi anni dagli esecutivi a trazione pd. Per farlo intendiamo mettere in piedi il Consiglio dei ministri più autorevole e di alto profilo possibile. Questo», avrebbe aggiunto la Melonii «significa che non sarà composto per risolvere beghe interne di partito o proponendo qualsiasi nome o per rendite di posizione. Si parte dalla competenza, e se quella migliore dovesse essere trovata al di fuori degli eletti, a partire da Fdi, questo non sarà certo un limite. E questo non cambia la natura fortemente politica del governo, perché i governi sono politici quando hanno un mandato popolare, un programma definito, una visione chiara e una guida politica». Giorgia, nel suo passaggio dal comodo divano dell’opposizione, dal quale si può urlare qualsiasi cosa, all’assai più faticosa scrivania di governo, ha evidentemente ben presente quanto scritto, tra gli altri, da Lorenzo Castellani, che parlando di «tecnopopulismo» ha affermato che «i populisti al governo hanno dimostrato di non poter vivere senza la collaborazione con tecnici e tecnostrutture preesistenti. I neofiti della politica populista si sono perfettamente integrati con competenze d’altro profilo». «Che ci sia qualche tecnico nel governo non deve scandalizzare nessuno», ha commentato al termine dell’esecutivo il capogruppo di Fdi al Senato, Luca Ciriani; «Ci saranno ministri politici e se la situazione lo richiederà si potranno usare competenze di altro profilo», ha ribadito il capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida; «È presumibile che alcune caselle di governo possano essere affidate a tecnici», ha confermato il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli. Allineati e coperti, i colonnelli della Meloni vanno baldanzosamente incontro al loro destino: fare spazio alle «competenze», ovvero tecnici esperti nei rispettivi settori che aiuteranno la premier ad affrontare le tremende sfide che la attendono. La casella più delicata è quella del ministero dell’Economia, che dovrà essere occupata da una personalità che abbia l’ok degli Stati Uniti: il Mef, come La Verità ha già scritto, è centrale anche per la messa a punto dei decreti attuativi delle sanzioni contro la Russia. La Meloni è già in costante contatto con Washington: lo scambio di tweet e poi la telefonata con il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è passata attraverso canali diplomatici a stelle e strisce. Fabio Panetta, secondo Bloomberg, avrebbe confermato il suo «no» all’ingresso nel governo. L’alternativa numero uno è Domenico Siniscalco, ma c’è chi spera di poter convincere l’attuale ministro, Daniele Franco, a restare in carica, mentre aleggia sempre l’ipotesi di Cesare Pozzi, docente di economia applicata presso l’università di Foggia. La Meloni vorrebbe anche confermare l’attuale ministro alla Transizione ecologica, Roberto Cingolani. Altra casella delicatissima da riempire è quella del ministero della Salute: qui i nomi in pole sono due, il presidente della Croce rossa, Francesco Rocca, e il professor Rocco Bellantone (la speranza, con la minuscola, è che ci venga risparmiato il televirologo di turno). Per il resto: Forza Italia avrà sicuramente al governo Antonio Tajani (in corsa per gli Esteri), probabilmente Anna Maria Bernini, mentre il curriculum di Licia Ronzulli non è considerato all’altezza di un ruolo di governo. Per la Lega, tiene banco il tema Viminale: Matteo Salvini aspira ancora a tornare alla guida del ministero dell’Interno, ma la sua ambizione è destinata a restare tale: nessun veto su di lui, ha sottolineato ieri Ciriani, «ma potrebbero esserci problemi di opportunità». In corsa ci sono sempre i prefetti Matteo Piantedosi e Giuseppe Pecoraro, ma potrebbe spuntare un nome a sorpresa. Gli altri probabili ministri della Lega sono Edoardo Rixi o Alessandro Morelli alle Infrastrutture, Gian Marco Centinaio all’Agricoltura, Erika Stefani alle Riforme. In corsa anche Armando Siri.
Jose Mourinho (Getty Images)