2019-12-28
La «maria» domestica non è una conquista. Ma una porta aperta alle droghe pesanti
«Lo dico chiaro e tondo: l'eroina è diventata un'epidemia a causa della legalizzazione della marijuana». Queste parole le ho scolpite nella mia mente e riecheggiano ora che la Corte costituzionale ha legalizzato la coltivazione della cannabis, sentenziando che farsi la droga in casa non può essere considerato un reato. Ma ancor più risuonano nel mio cervello adesso che alcune forze politiche, tra le quali il Pd e i 5 stelle, provano e riprovano a liberalizzare totalmente (...)(...) la marijuana, cercando di infilare il provvedimento nella finanziaria o nel Milleproroghe, nella speranza che le persone di buon senso non se ne accorgano.A pronunciare la frase sull'epidemia di eroina dovuta alla legalizzazione della cannabis non è però stato Vincenzo Muccioli e nemmeno don Antonio Mazzi, due tra i più noti fondatori di case di recupero per tossicodipendenti. Né sono parole di Silvio Garattini, studioso che da sempre teorizza un collegamento fra stupefacenti e l'aumento delle malattie psichiatriche. No, che la liberalizzazione della marijuana sia alla base della diffusione delle droghe lo ha spiegato qualche anno fa Don Winslow, lo scrittore americano che più ha scandagliato il mondo del narcotraffico, dedicandovi numerosi libri. «Volevamo l'erba legale e in gran parte l'abbiamo ottenuta. In quattro Stati degli Usa oggi è legalizzata, in altri il consumo non è più reato e in molte giurisdizioni la polizia rifiuta di applicare la normativa esistente, dando vita a una legalizzazione de facto», scrisse tempo fa su Esquire. Per i teorici della droga libera, questo era il modo migliore per battere la criminalità e sottrarre il business del narcotraffico ai cartelli colombiani e messicani. In effetti, quando per primo il Colorado approvò l'emendamento 64, fu un duro colpo per il cartello di Sinaloa, perché l'erba era la loro massima fonte di profitto. In un solo anno le vendite di marijuana prodotta da El Chapo e la sua banda di tagliagole crollò del 40 per cento, al punto che nei campi messicani si smise di coltivarla, perché la marijuana legale piantata in America costava di meno. Fine dunque dello spaccio, dei tossicodipendenti e di un sistema criminale e violento? Tutt'altro. Perché una volta subita la pesante perdita sul mercato illegale, il cartello reagì, spostando l'interesse dalla marijuana agli analgesici oppioidi, di cui molti americani facevano già uso, ma di cui, a causa del prezzo, era scoraggiata la diffusione. Una capsula di questa droga sintetica in strada costava, secondo Winslow, anche 30 dollari e certi tossicodipendenti avevano bisogno addirittura di dieci dosi al giorno.Ma se gli oppioidi americani erano cari e si trovavano solo in un mercato parallelo e illegale, in quanto il loro uso era disciplinato dalla Food and drug administration, bastava produrre pillole a basso costo e cominciare a diffonderle in strada e nei locali. E fu così che il cartello di Sinaloa decise di battere le case farmaceutiche. Spiega Winslow: «Incrementarono di quasi il 70 per cento la produzione di eroina messicana e ne migliorarono la purezza, assoldando cuochi colombiani per produrre eroina cinnamon, forte come quella dell'Asia orientale. Da un prodotto puro al 46 per cento circa, passarono a vendere eroina pura al 90 per cento». Ma poi fecero altro e cioè, come dei veri esperti di marketing, abbassarono il prezzo, invadendo le città americane con droga a saldo, ossia a un prezzo imbattibile di 5 o al massimo 10 dollari a dose.Il risultato, spiega Winslow nell'articolo su Esquire, fu un'impennata di morti per overdose, perché i consumatori di droga non erano abituati a un'eroina così pura. Nel solo 2014 le vittime furono 47.000, poco meno di un terzo di quelle nei 15 anni precedenti. Lo scrittore americano registra la tragica contabilità: 125 persone morte ogni giorno, più di 5 all'ora, una ogni 12 minuti. Ecco, chi vuole legalizzare la marijuana e dice che è il solo modo di combattere lo spaccio e la criminalità dovrebbe leggere Don Winslow. Per intellettuali, politici e, ahimè, anche qualche magistrato, la marijuana non fa male ed è presentata come una droga leggera. Ma nessuno si rende conto che la cannabis è la porta d'ingresso al consumo di stupefacenti, una porta che gli spacciatori aprono volentieri, per poi servire altro.Non ci sono solo le parole del maggior esperto di narcotraffico a risuonarmi in testa in queste ore. Ce ne sono anche altre. Liberalizzare la droga per combattere il traffico clandestino? «È da dilettanti di criminologia», rispose prima d'essere ammazzato Paolo Borsellino. Aveva ragione. Ma purtroppo è anche da dilettanti della politica. Dilettanti e pericolosi.