2020-07-31
La lotta per le poltrone spacca il M5s. Raccolta di firme contro i vertici
Luigi Di Maio (Samantha Zucchi, Insidefoto, Mondadori Portfolio via Getty Images)
In Senato, come presidenti di commissione i grillini preferiscono due leghisti ai candidati del loro partito. Alla Camera raffica di dimissioni: «Il direttivo ha fallito». Una petizione chiede un passo indietro ai capi.Ieri cadeva il tredicesimo anniversario della morte di Michelangelo Antonioni. C'è da dubitare che il grosso dei parlamentari pentastellati sia preparato sul cinema del regista ferrarese, ma la scena finale - onirica e iconica - di Zabriskie point, con la celebre esplosione che dura per minuti e minuti, con i pezzi che deflagrano e si sparpagliano nell'aria al rallentatore e il commento musicale dei Pink Floyd, rende l'idea di ciò che sta accadendo ai 5 stelle. Per una nemesi storica, il Movimento nato per aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno è stato spappolato proprio in occasione di un'abbuffata di poltrone. Si trattava di un banchetto reale: il rinnovo delle 28 poltronissime delle presidenze di commissione (14 alla Camera e 14 al Senato), con corredo di un altro centinaio abbondante di premi di consolazione (56 vicepresidenti e 56 segretari, tra Montecitorio e Palazzo Madama). Si può ben dire che molti grillini siano rimasti gravemente contusi nella mischia. Il bilancio è pesantissimo al Senato, con due Commissioni rimaste ai presidenti leghisti proprio in virtù della ribellione dei senatori grillini, che hanno preferito i leghisti uscenti ai designati giallorossi. E con una Caporetto alla Camera, dove non solo si è assistito alla «deportazione» (così è stata definita, per dare il senso del clima che regna in casa pentastellata) dalla commissione Finanze di dieci membri grillini indisponibili a sostenere il renziano Luigi Marattin, ma anche a una serie di altre esplosioni a catena. Il deputato Leonardo Donno si è dimesso da capogruppo grillino in commissione Bilancio: «L'esito delle votazioni per il rinnovo delle commissioni vede il Movimento 5 stelle fortemente penalizzato», è l'incipit della sua lettera al presidente del gruppo Davide Crippa. Poi le accuse al vertice politico: «Ritengo che tale esito sia frutto di un mancato o scarso coinvolgimento del gruppo parlamentare, portando avanti una trattativa che doveva e poteva avere un esito diverso. Ho trovato poi veramente discutibile l'imposizione di uno “spostamento tattico" di colleghi che non condividevano alcune scelte. Una brutta pagina per il gruppo parlamentare del M5s». Poi la bomba: «Ritengo che questo direttivo (che aveva buoni propositi all'inizio di questa esperienza), abbia, di fatto, fallito a causa di autoreferenzialità e mancato ascolto del gruppo parlamentare, imponendo spesso scelte non condivise dai colleghi e dal sottoscritto». Ultime gocce di veleno: «C'è una sostanziale differenza tra “capo" e “leader": è evidente che il ruolo del “capo“ lo avete esercitato in maniera egregia, creando però spaccature enormi».Altre dimissioni sono arrivate da Davide Tripiedi, che ha rinunciato alla vicepresidenza della commissione Lavoro. Malpancisti scatenati anche al Senato, ecco Mariolina Castellone: «Con la decisione di affidare la presidenza della commissione Sanità del Senato a Italia viva, si è scelto di rinunciare a tutti i progetti di riforma che avevamo immaginato e a cui abbiamo lavorato per due anni. La scelta di ieri è la riprova che in fondo della sanità continua a importare poco a tutti. Io chiaramente non posso accettarlo. Non parteciperò più ai lavori». Dopo lettere e messaggi di questo tenore, la tempesta non poteva che aggravarsi. A metà giornata di ieri è infatti partita una raccolta di firme (dopo poche ore, si era già a quota 30 sottoscrizioni) per chiedere un passo indietro all'intero direttivo pentastellato. A promuovere l'iniziativa Federica Dieni e Mattia Fantinati. Quest'ultimo, secondo l'Adnkronos, si sarebbe sfogato in una chat interna: «Il direttivo deve prendere atto delle cose che sono successe e della sua incapacità di gestione e rappresentanza del gruppo». Durissimo anche il sottosegretario Alessio Villarosa: «Con un capo politico vero e legittimo una forzatura così eccessiva non l'avremmo mai avuta».In teoria era prevista per ieri sera un'assemblea online, ma si è deciso per evidenti ragioni il rinvio di una settimana, al 4 agosto prossimo: i vertici temono la presentazione di un documento formale contro Crippa e il resto del direttivo. E se i capigruppo saltassero, di tutta evidenza non si potrebbe attendere fine anno, quando ne era teoricamente stato fissato il rinnovo. Restano almeno tre incognite. La prima ha a che fare con il ruolo sempre più traballante dell'attuale reggente Vito Crimi, la cui posizione appare ormai insostenibile. La seconda riguarda direttamente Beppe Grillo: in vista dei cosiddetti Stati generali M5s (teoricamente previsti a ottobre), il comico garante proseguirà a rifiutare l'elezione di un nuovo capo politico, preferendo gestioni collegiali più manovrabili e più utili al suo obiettivo, e cioè continuare a incatenare il Movimento all'alleanza con il Pd? La terza riguarda l'ex leader Luigi Di Maio: è probabile che queste fibrillazioni non gli dispiacciano, quasi a dimostrare che senza di lui le cose vanno peggio, ma non è detto che sia in grado di operare per una ricomposizione e soprattutto per far cambiare strada al Movimento rispetto all'alleanza giallorossa.
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