2020-03-12
La Lombardia tira dritto e chiude. Fontana: «Altrimenti sarà disastro»
Attilio Fontana (Getty Images, Pier Marco Tacca)
Il Pirellone scrive a Palazzo Chigi: serrata totale, salvo alimentari e farmacie. Blocco pure dei mezzi di trasporto pubblici. Confindustria alla fine dà il consenso, però l'esecutivo ancora una volta esita. È stato il tema più discusso ieri a Palazzo Chigi, ancora più del decreto con gli aiuti all'economia e lo sforamento del deficit per 25 miliardi. Qui il governo ha fatto presto perché le misure di sostegno alle attività produttive erano nell'aria. Ma l'ostacolo più difficile da affrontare per l'esecutivo di Giuseppe Conte era un altro. Una sfida contenuta in una lettera firmata dal governatore lombardo, Attilio Fontana: dare un altro giro di vite all'Italia chiudendo tutto quello che non è prioritario. Italia blindata per i prossimi 20 giorni.Per la regione che traina l'economia tricolore la serrata generale è una necessità assoluta per impedire l'ulteriore diffusione del contagio ed evitare il tracollo del sistema sanitario: soltanto ieri, ha ricordato Fontana, in Lombardia ci sono stati 1.300 nuovi contagi. Conte e i ministri Roberto Speranza (Salute) e Francesco Boccia (Rapporti con le Regioni) hanno istituito un tavolo tecnico per valutare la situazione e venire incontro alle istanze lombarde. Il grido di dolore che si leva dai ospedali della regione ormai è straziante. Ma per il governo è un bivio difficile. Si tratterebbe di modificare la propria linea per la terza volta in cinque giorni: sabato ha istituito la zona arancione in mezzo Nord Italia, lunedì l'ha estesa all'intera penisola, ieri avrebbe dovuto proclamare la serrata generale.Il Paese non è pronto, si dice. Confindustria è contraria a paralizzare le attività produttive. Non tutte le regioni, soprattutto al Sud dove il contagio non è a livelli drammatici, sono allineate con la situazione della Lombardia. Così, la soluzione che ieri sera sembrava prevalesse era quella che lo stesso Conte aveva in qualche modo preannunciato: se la Lombardia e altre regioni del Nord come Veneto e Piemonte vogliono misure ancora più severe di quelle decise lunedì sera, lo facciano in autonomia. Anche Walter Ricciardi, il consulente del ministero della Salute che in questi giorni è diventato di fatto una delle voci del governo sul coronavirus, ha concordato che chiudere tutto in Lombardia è sensato in quanto la regione «è per l'Italia quello che Wuhan era per l'Hubei» e la pressione sul suo sistema sanitario è «spasmodica». Tuttavia, Ricciardi esclude che la richiesta di Fontana sia adeguata per l'intero territorio nazionale.C'era anche chi non voleva lasciare ai governatori di centrodestra l'esclusiva della bandiera della sicurezza sanitaria. Nicola Zingaretti, per esempio, dalla scrivania di casa sua dove è inchiodato per la quarantena ha fatto sapere che il suo Lazio è contrario a una soluzione a macchia di leopardo. O chiudono le attività in tutta Italia o non chiude nessuno. Insomma, le divisioni serpeggiano nella stessa maggioranza di governo dove i tentennamenti ormai si trascinano da settimane. Ma dovrebbe prevalere la linea di favorire le autonomie.Le richieste draconiane contenute nella lettera inviata dal Pirellone sono molto dettagliate. In primo luogo, chiusura di tutte le attività commerciali al dettaglio, con l'eccezione dei punti vendita di alimentari e beni di prima necessità, farmacie e parafarmacie, edicole. Chiusura delle botteghe presenti nei centri commerciali, che al momento sono costrette ad abbassare le serrande soltanto nel fine settimana: nelle grandi strutture resterebbero aperti soltanto i reparti con i beni di prima necessità. Quanto a trasporti e servizi di pubblica utilità, verrebbero garantiti i servizi essenziali come accade quando viene dichiarato uno sciopero generale. Già ora molti mezzi girano semivuoti.Vietati i mercati, sia su strada sia al coperto, e le medie e grandi strutture di vendita; saracinesche giù per bar, pub, ristoranti di ogni genere che oggi restano aperti per 12 ore tra le 6 e le 18. Chiusura delle attività artigianali di servizio come parrucchieri, estetisti, barbieri, a eccezione dei servizi di emergenza e di urgenza, così come gli alberghi e ogni altra attività destinata alla ricezione turistica (compresi dunque ostelli, agriturismi, affitti brevi): anche in questo caso c'è qualche eccezione relativa alle strutture ritenute necessarie perché si svolgano le attività di servizio pubblico. Stop alle mense nelle strutture pubbliche e private; alle attività professionali come studi e uffici tranne quelli legati alla pubblica utilità e al corretto funzionamento dei settori essenziali. Per le attività produttive, nella lettera al governo Fontana scrive che «è già stato raggiunto un accordo con Confindustria Lombardia» per «regolamentare l'eventuale sospensione o riduzione delle attività lavorative per le imprese». Si tratta senz'altro di misure pesantissime. L'Italia di fatto verrebbe fermata. In realtà, molte di queste attività si sono già messe in quarantena da sole, soprattutto attività commerciali come negozi e servizi alla persona: inutile tenere aperto se la gente non può uscire per fare shopping o andare dalla parrucchiera. Lo stesso hanno fatto grandi catene commerciali come Decathlon e Calzedonia. E tuttavia un conto è prendere una decisione in autonomia, un altro esservi costretto: in questo caso il commerciante potrebbe chiedere aiuti come la cassa integrazione per il personale o accedere ai benefici previsti dai decreti del governo.