2018-10-26
La legge per giudicare Cappato c’è. Istigare al suicidio è una barbarie
Sia la morale sia il nostro ordinamento riconoscono che è la vita, non certo la morte, il bene da tutelare. Bisogna moltiplicare gli sforzi contro lo smantellamento della civiltà, senza arzigogoli da azzeccagarbugli.Non possiamo negarlo: pur restando in attesa del testo dettagliato dell'ordinanza per formulare un giudizio più articolato, il comunicato della Corte Costituzionale in tema di «suicidio assistito» lascia delusi e soprattutto molto preoccupati. È necessaria una premessa valoriale. Pensiamo che da sempre l'evento «suicidio» sia stato percepito e giudicato da chiunque come un atto disperato che suscita dolore, sconcerto e apre tanti interrogativi nel cuore di chi ne è testimone, anche indiretto. Da sempre ci si chiede che cosa si poteva fare per evitare questo gesto estremo, che cosa si è omesso di fare per salvare quella vita, come si poteva aiutare quella povera persona perché non cadesse vittima della disperazione assoluta. Possiamo riassumere tutte queste istanze in un principio che, ahimè, oggi ci tocca dire «sembrava» indiscutibile: l'abbiamo lasciato solo e non ci siamo fatti «prossimo» per aiutarlo a vivere. Anche con gesti immediati, quasi automatici e non pensati, di soccorrere chi stava per suicidarsi, evitando che desse corso al suo proposito, nella scontata certezza che è la vita il bene da tutelare. Non certo la morte. Ricordo, un evento che capitò a mia moglie, medico, qualche anno fa, quando riuscì a tenere per le braccia una paziente che voleva gettarsi dalla finestra. Allora si parlava di soccorso dovuto, di alto valore etico e sociale; oggi si arriva all'assurdo di poter definire quel gesto un'illecita opposizione alla libera determinazione della paziente! Tutti e da sempre siamo stati educati ad aiutare a vivere, a sostenere con ogni mezzo la vita di chi si trovasse nel buio del dolore e della sofferenza; oggi si vuole elevare al rango di «valore» da tutelare l'aiutare a suicidarsi! Ancor prima della morale, è il buon senso – quello sano e innocente della gente comune, non inquinato da devastazioni mentali ideologiche – ad essere assurdamente ignorato. Torniamo al comunicato. È evidente che anche all'interno della Corte si sono confrontati due schieramenti: uno favorevole a ribadire quanto specificato nell'articolo 580 del Codice penale e uno che, evidentemente, prende in considerazione la possibilità che possa giuridicamente (e magari, anche moralmente) esistere un «diritto al suicidio». Il fatto stesso che siano state necessarie più di 24 ore per scrivere il comunicato, sta a dire che dibattito, anche duro, certamente c'è stato. Personalmente, mi sento di ringraziare con forza e convinzione quei giudici che hanno deciso di non arrendersi al mainstream dei diritti a ogni costo. Lascia, comunque, perplessi il riferimento a un vuoto legislativo sui temi del fine vita, considerato che non ha compiuto ancora un anno la legge sulle cosiddette Dat, scritta appunto per colmare l'asserito vuoto. Rimane, dunque, il sospetto che si invochi un'istanza diversa: normare e, quindi, legalizzare il suicidio. Ma in realtà la norma c'è ed è operante da molti anni, e ha consentito la costruzione di una società, libera e civile, che guarda al bene comune: istigare e aiutare il suicidio è un male da combattere e, quindi, da sanzionare penalmente. Senza arzigogoli da azzeccagarbugli: il suicidio è un male! Punto e basta. In questo senso, non mi pare accettabile la dichiarazione della ministro Giulia Bongiorno, che ammette la presenza di un vuoto legislativo da colmare: il tema è già stato affrontato, anche di recente, durante la discussione sulla legge del fine vita e il suicidio assistito non può essere legalizzato. Tornarci sopra non può che significare aprire una nuova strada a quell'ideologia che non perde occasione – dall'aborto all'eutanasia, passando per l'eugenetica – per esaltare la cultura della morte. Qualcuno obbietterà: «E il 24 settembre 2019 che cosa si risponde?». Si risponde semplicemente confermando che la norma c'è già. Il sistematico smantellamento dei divieti che mirano a difendere la vita, non è certo un bel segno di civiltà. Proviamo a chiederci se di fronte a un povero giovane tossicodipendente che si fa un'overdose per farla finita, civiltà è aiutarlo a uccidersi o invece prendersene cura, in tutti i sensi. Istigare e/o aiutare il suicidio è semplicemente una barbarie, sociale ancora prima che culturale. Abbiamo davanti un anno di tempo: dobbiamo usarlo con solerzia, moltiplicando incontri, dibattiti, convegni che diffondano la cultura della vita e rendano sempre più consapevoli gli italiani che chi smantella la vita deve essere fermato, perché fa male oggi e, ancor più, alle generazioni future. Dobbiamo lanciare un forte monito a tutte le forze sociali, partiti in primis. Ma non solo, anche ai singoli uomini politici, maggioranza e minoranza: chi ci sta a lavorare con noi per difendere la vita? «Dai loro atti li giudicherete», e il nostro popolo sa ben giudicare.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».