2019-08-12
«La Lega non può correre sola. Il patto con Fdi lo faccia ora»
La leader Giorgia Meloni: «Le alleanze vanno stabilite prima del voto. All'economia italiana servirebbe una ricetta trumpiana. E con me al governo, contro le Ong si passerà al blocco navale».Onorevole Giorgia Meloni, si apre una settimana storica. Da mesi lei chiede a Matteo Salvini di staccare la spina al governo. Adesso con la presentazione della mozione di sfiducia contro Giuseppe Conte, la crisi è aperta. Si riaprono le Camere. E lei è stata accontentata. «Sono soddisfatta, ma aggiungo: si poteva fare prima. Fosse dipeso da me, la spina al governo l'avrei staccata già dopo le europee. Del resto quelle elezioni avevano già ampiamente dimostrato quale fosse la volontà degli italiani. Gli unici due movimenti cresciuti nei consensi sono Lega e Fratelli d'Italia. Se ci fossimo mossi per tempo, oggi probabilmente avremmo già un nuovo governo in carica. In ogni caso bene ha fatto Matteo Salvini a non farsi scappare l'ultimo treno». Non è solo lo scontro sulla Tav ad aver fatto precipitare la situazione? «È evidente a tutti che Lega e 5 stelle sono incompatibili. Non possono coesistere l'Italia della flat tax e quella del reddito di cittadinanza, quella della Tav e quella della decrescita felice, quella del 2 giugno dedicato ai rom e quella del “prima gli italiani". Alla fine i nodi sono arrivati al pettine: noi lo sapevamo fin dall'inizio. Non si possono fare politiche di destra con gente, i 5 stelle, strutturalmente di sinistra».Adesso inizia un cammino irto di ostacoli. Considerando i tempi tecnici, crede che si possa davvero andare alle urne a metà ottobre?«Si può votare in tempi rapidi. E dalle urne uscirebbe una maggioranza chiara a sostegno di un governo solido. Con forze politiche che vantano grandi convergenze programmatiche. Sono convinta che questo nuovo governo sarebbe pronto a durare cinque anni». Eppure la situazione non è ancora chiara. Si vocifera di possibili soluzioni alternative: il governo di garanzia, il governo elettorale, il governo per le riforme. Esiste una strada che non porti al voto?«Sarebbe scandaloso. Uno schiaffo per la democrazia. Considerando che siamo in agosto, bisognerà vigilare. Qualcuno potrebbe utilizzare il periodo estivo per prendere tempo e inventarsi giochi di palazzo. Non si capisce perché dovremmo formare un governo che resti in carica solo qualche mese. Servirebbe solo ad assicurare la poltrona a chi teme di non essere rieletto. O magari consentirebbe a certi poteri che nulla hanno a che fare con la sovranità popolare di dettare legge. E per cosa? Per tornare comunque al voto tra un anno?».Tuttavia occorre mettere in sicurezza la manovra finanziaria, e questa corsa contro il tempo non garantisce nulla. Luigi Di Maio, tra gli altri, agita lo spauracchio dell'aumento dell'Iva. Stiamo scherzando con il fuoco? «I tempi per fare la manovra ci saranno. Con un programma chiaro e condiviso ci sono i margini per disinnescare le clausole di salvaguardia sull'Iva. A Di Maio vorrei solo ricordare che non rischiamo l'aumento dell'Iva per via della caduta di questo governo, bensì per via della sua nascita. I soldi per il reddito di cittadinanza, che non ha prodotto un solo posto di lavoro, quelli li hanno trovati. Intanto aboliamolo, poi vedremo». Sempre Di Maio propone di attendere settembre, per perfezionare la riforma costituzionale «anticasta», che prevede il taglio del numero dei parlamentari. Se la affossate, poi dovrete spiegarlo agli italiani.«Non accetto lezioni su questo. Fratelli d'Italia è stato l'unico partito d'opposizione che ha votato a favore del taglio dei parlamentari. E i 5 stelle lo sanno così bene che mi telefonarono per ringraziarmi. Detto questo, non posso neanche accettare che quella riforma divenga una scusa per far restare in sella a tutti i costi quasi 1.000 parlamentari in gran parte sfiduciati». Intanto, le alleanze elettorali sono tutte da pensare. Anzi, Salvini negli ultimi comizi ha ondeggiato tra il «correre da solo» e l'affiancamento con i «compagni di viaggio». Pare che continui ad accarezzare la tentazione della fuga solitaria. «È comprensibile, ma sarebbe irragionevole. Non penso che gli italiani capirebbero. Sprecheremmo un'occasione: quella di avere un governo dai numeri schiaccianti, e per cosa? Corse solitarie, che peraltro rischierebbero di alimentare anch'esse giochi di palazzo». In che senso?«Mi faccio una domanda: che succede se Salvini dopo il voto non ha i numeri per governare da solo? Per come la vedo io, le alleanze si fanno prima delle elezioni, non dopo. Per carità, non ripetiamo gli errori che hanno generato questo governo». Quindi o la Lega si allea con Fratelli d'Italia prima delle urne, oppure mai più? «Io dico che chiarire le alleanze prima delle elezioni è un segno di rispetto nei confronti dei cittadini. Anche perché dopo il voto può accadere di tutto, e rischiamo di tornare al punto di partenza. Anche per questo considero la possibilità di una corsa in solitaria una opzione prevalentemente giornalistica». In questa situazione, quante probabilità ha Forza Italia di far parte del nuovo centrodestra? «Bisogna parlarne. Le posizioni non sono ancora chiare. Avevamo chiesto delucidazioni: non sono arrivate. Anzi, mi pare che Silvio Berlusconi, lanciando l'Altra Italia, si stia dedicando a prendere le distanze dalla destra, più che dalla sinistra». Con il nuovo marchio di Giovanni Toti ci sono le basi per un'alleanza, o perlomeno delle trattative in fase avanzata?«Non mi è ancora chiaro quale sia il suo percorso. Certamente è un ottimo presidente di Regione e siamo pronti a sostenerlo ancora in Liguria». In un nuovo governo sovranista, sarebbe lei a incaricarsi di trattare con l'Europa, su economia e migranti?«Mi considero un soldato al servizio di questo Paese. Sono pronta a ricoprire l'incarico che si riterrà più utile. Sicuramente difenderò gli interessi nazionali in Europa meglio di quanto non abbia fatto Sandro Gozi».L'ex sottosegretario pd che adesso è responsabile degli Affari europei nell'amministrazione di Emmanuel Macron?«Appunto. Penso di poter fare meglio. Per il ciclo “ti piace vincere facile"» (ride). È rimasta stupita dei rilievi del presidente Sergio Mattarella al decreto Sicurezza bis? Il Quirinale sottolinea che salvare vite in mare è obbligatorio. «Con tutto il rispetto, mi ha molto colpito quello che il presidente ha detto su questa vicenda. Certamente la normativa internazionale dice che bisogna salvare qualcuno che sta annegando. Ma quella stessa normativa non ammette certo che si faccia la spola tra una nazione l'altra, accordandosi con gli scafisti, per trasportare migliaia di persone sulle nostre coste. Sono le Ong a violare le regole internazionali, e mi meraviglio che il presidente della Repubblica non abbia chiaro questo dettaglio». È ancora favorevole al blocco navale? «Confermo. Il blocco navale è ancora la cosa più intelligente e risolutiva che si possa fare per arginare il problema degli arrivi via mare».Non è così facile. È considerato un atto di guerra: se qualcuno forza il blocco, poi bisogna sparare. «Il blocco navale non è necessariamente un atto di guerra. Lo si può fare in accordo con le autorità libiche, un po' come ha fatto l'Unione europea dando 6 miliardi di euro alla Turchia per fermare gli immigrati che arrivavano da Est, quelli che infastidivano Angela Merkel». Dunque?«Dunque si tratta con la Libia, le si concede qualcosa in cambio, e si ottiene un blocco navale. E se anche per assurdo il blocco navale non fosse concordato, diciamocelo: consentire che centinaia di migliaia di persone partano dalle tue coste per arrivare in un altro Paese, quello sì è un atto di guerra».La campagna elettorale estiva la giocherà su questi temi?«Soprattutto insisteremo sull'economia. Spiegheremo la nostra ricetta economica di stampo trumpiano: choc fiscale, investimenti pubblici, difesa delle aziende tricolore. Mi piacerebbe tornare a parlare di miracolo italiano». Nel tradizionale incontro dei giovani del partito a Roma, Atreju, dal 20 al 22 settembre, si parlerà di questo? Il titolo è «Sfida alle stelle», evidentemente con riferimento al partito di Di Maio. «Non solo. Daremo voce a quell'Italia che guarda verso il cielo, pensa ancora in grande, quella che non si deprime e non crede di essere all'ultima spiaggia. Insomma, rispolveriamo un po' di orgoglio nazionale». Intanto spuntano avversari a sorpresa. Papa Francesco, in una intervista, sostiene che il sovranismo «spaventa, e porta all'isolamento e alla guerra». Che ne pensa?«Non condivido. Punto».
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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