2020-12-06
La Lamorgese militarizza il Natale. 70.000 agenti per guastare le feste
Il Viminale annuncia controlli da anti terrorismo. Dopo mesi di lassismo sui migranti.Se non parlassimo di cose drammaticamente serie, e cioè delle nostre libertà e del rapporto tra cittadini e Stato, ci sarebbe quasi da ridere. Due giorni fa Repubblica apriva pagina 7 con un titolo da film thriller: «Droni e posti di blocco. La sfida dei controlli per i giorni più caldi». Toni da anti terrorismo, per sgominare reti di fondamentalisti islamisti o cose del genere. E invece, abbiamo scoperto ieri, per bocca del ministro dell'Interno, Luciana Lamorgese, che questo armamentario è davvero in campo. Ma attenzione: contro gli italiani in cerca di un momento di affetto per le festività.Ecco la titolare del Viminale: «Ci saranno forze di polizia in numero elevato, circa 70.000 unità». Non solo: «Sarà un Natale di sacrifici, dovremo continuare con delle limitazioni alla nostra mobilità. Proprio nel periodo natalizio dovremo allontanarci dalle nostre tradizioni, dal Natale tutti insieme». E ancora: «Ci saranno presìdi sulle autostrade, su tutti i confini nazionali e non solo. Vogliamo sottolineare che da settembre a oggi i controlli sono stati oltre 6 milioni». Non a caso la circolare del Viminale parla espressamente di «controlli mirati e vigilanza su autostrade e stazioni prima delle feste», con particolare attenzione alle «principali arterie di traffico». E di autocertificazioni obbligatorie anche a Natale. Forse, resasi conto di aver esagerato, la Lamorgese si è fermata - ma solo un istante - in corsia d'emergenza: «No alla militarizzazione delle città». Ah no, signor ministro? E come lo vogliamo chiamare questo spiegamento di forze? Mancano all'appello solo i cecchini sui tetti: si scherza, naturalmente, ma fino a un certo punto. Perché dietro questi eccessi rispunta l'inclinazione a ribaltare il racconto: anziché dar conto di cosa abbia o non abbia fatto lo Stato su scuola, trasporti, terapie intensive, assunzione di medici e infermieri, si cerca di colpevolizzare il cittadino. Si badi bene, il tutto senza fondamento: su un numero enorme di controlli già eseguiti, si sono registrate infrazioni in misura limitatissima. Per fare un paragone calzante, si pensi al weekend di Pasqua (temutissimo da medici e autorità: metà aprile, bel tempo, umanissima voglia di uscire dopo un mese di serrata totale): eppure, a fronte di ben 213.565 controlli, furono sanzionate 13.576 persone (appena il 6,4%). Ma attenzione: considerando solo i casi davvero gravi, cioè le persone denunciate per false dichiarazioni o addirittura quelle positive al virus che violarono irresponsabilmente la quarantena, i numeri scendono rispettivamente a 100 e 19 (119 in totale), pari a un impercettibile 0,05%. Eppure, la canea politica e mediatica fu assordante. Ecco perché la linea del governo appare fuori misura. E semmai c'è da augurarsi che almeno una parte di quel rigore venga dedicato al contrasto all'immigrazione clandestina, dopo la scelta sciagurata di aprire i porti e smantellare i decreti Salvini. Né risulta che toni di simile allarme siano mai stati adottati a proposito del legame possibile tra immigrazione illegale e rischio Covid: se già siamo in emergenza sanitaria, possibile che una riapertura indiscriminata non preoccupi neanche un po'? Pare di no: meglio schierare i droni per verificare se qualche «reprobo» va a trovare il papà, la mamma o la nonna.