2018-11-08
La grande scalata dell’accusatrice di Sangalli
Giovanna Venturini, partendo dai 1.200 euro del 1998, in pochi anni ha visto lievitare il suo stipendio in Confcommercio. I suoi parenti sono stati assunti e il marito ha lavorato nel Fondo Est. Poi con l'ex dg, presunto amante, ha attaccato il presidente.L'affaire Confcommercio si arricchisce di nuovi capitoli. All'interno dell'associazione dei commercianti, anche dopo la pubblicazione degli articoli della Verità, aumentano coloro che ritengono che il presidente, Carlo Sangalli, più che un molestatore sia vittima di un sofisticato ricatto. Qualcuno ha persino iniziato a spettegolare sull'ex vicedirettore generale, Francesco Rivolta, e la sua vecchia segretaria, Giovanna Venturini, la presunta molestata, i quali, secondo la difesa di Sangalli, sarebbero una coppia di amanti e avrebbero costretto il presidente a pagare una donazione di 216.000 euro per evitare un sexgate. Ma, nota curiosa, all'assalto del presidente avrebbe preso parte pure Mauro Tabanelli, il marito della signora, che chiuderebbe il triangolo.Ebbene, tra quelli che iniziano a credere all'innocenza di Sangalli anziché alle denunce a scoppio ritardato della Venturini, dopo lo choc iniziale per le terribili accuse (la donna ha parlato di «atroce attenzione sessuale», ma non ha mai sporto querela), c'è pure chi raccoglie gli indizi sull'ipotetico complotto. Negli uffici di piazza Belli, con il cronista, una fonte, che preferisce rimanere anonima, evidenzia l'ascesa della signora dentro all'associazione, dopo l'assunzione nel 1998 con una retribuzione lorda di 3.576.000 lire, circa 1.200 euro netti al mese. Nel 2006 conquista le prime gratifiche per diverse migliaia di euro e assegni personali per 220 euro lordi al mese. Nel 2010 diventa quadro e incassa un ulteriore assegno da 250 euro al mese e nel 2011 un'altra gratifica da 5.000 euro. Nel 2013, quando viene definitivamente trasferita nell'ufficio di Rivolta, la retribuzione della signora cresce in modo sostanzioso: ottiene un aumento di 15.000 euro annui e 5.000 euro all'anno di bonus per il raggiungimento degli obiettivi (30.000 euro in tutto), con lettere firmate dal presunto amante. In Confcommercio vengono assunti anche figlio e nipote, mentre nel collegato Fondo est entrano il marito e, sempre secondo i ben informati, altre persone collegate alla famiglia. Ma, come abbiamo raccontato ieri, Sangalli, che ha denunciato Venturini, Rivolta e tre vicepresidenti di Confcommercio per estorsione, diffamazione e altro, non sarebbe stato tirato in ballo dai supposti congiurati solo per le accuse di molestie, ma anche per la presunta gestione allegra del fondo est, dove lavora Tabanelli. Pietra dello scandalo sarebbe l'utilizzo, per la sottoscrizione dei contratti assicurativi, dell'intermediazione di un'agenzia controllata da Andrea Pozzi. In un plico anonimo, ricevuto da Rivolta e consegnato allo stesso Sangalli il 6 settembre scorso, Pozzi viene citato diverse volte e viene indicato come beneficiario di somme non dovute.L'imprenditore, contattato dalla Verità, fa risalire al 2013 i contrasti tra lui e Rivolta, che probabilmente identifica con il corvo. Pozzi, nel dicembre del 2011, venne nominato su indicazione di Confcommercio vicepresidente della Fondazione Enasarco. Nel nuovo ruolo, in occasione del cda del 7 febbraio 2013, denunciò un investimento da 70 milioni di euro in un veicolo finanziario residente a Mauritius, la mancata segnalazione alla Banca d'Italia dell'operazione e un buco di 500 milioni di euro mai registrato a bilancio.A seguito di questo intervento iniziarono pressioni politiche sul presidente Sangalli per calmare o sostituire Pozzi.«In quel periodo Francesco Rivolta mi disse che se non mi fossi rimangiato immediatamente le contestazioni fatte e non avessi votato favorevolmente al bilancio, il mio gruppo avrebbe perso la commessa e altre opportunità di sviluppo commerciale e la compagnia di assicurazioni per cui lavoravo sarebbe stata esclusa dalla gestione del Fondo est», ci racconta Pozzi. Il 25 ottobre 2013 Pozzi si dimise denunciando mancanza di trasparenza ed episodi inquietanti che si sarebbero verificati in concomitanza dei cda e che lo indussero a pensare che la permanenza nella fondazione Enasarco, oltre che danneggiare l'attività imprenditoriale, potesse mettere in pericolo la sua persona e la sua famiglia. «Dopo le mie dimissioni da Enasarco ho denunciato più di 20 atti vandalici contro l'auto che avvenivano in concomitanza di particolari eventi, come ad esempio le mie deposizioni alla Procura di Roma nell'ambito del procedimento penale su un'operazione finanziaria di Enasarco».Per questi episodi le autorità competenti decisero, assicura l'imprenditore, di attivare a sua tutela un sistema di vigilanza dei luoghi frequentati dall'imprenditore. «Tra le mie denunce voglio ricordare quella relativa a un furto effettuato negli uffici della mia azienda nel giugno scorso e riguardante materiale che, in parte, è stato allegato alla lettera inviata da Rivolta a Sangalli il 6 settembre». Pozzi descrive quello che lui definisce il «sistema Rivolta»: «In questi anni ha utilizzato contro di me la sua capacità di intimidazione rappresentata dalla sua storia e dalle sue relazioni politiche, in particolare nell'ambito del Nuovo centrodestra. Negli anni successivi alle mie dimissioni da Enasarco, Rivolta, per il tramite di suoi sodali, ha attuato costanti e inesorabili azioni persecutorie nei confronti del mio gruppo, non ultima la lettera scritta al presidente Sangalli il 6 settembre scorso», denuncia Pozzi, con il tono di chi si sente davvero sotto attacco. Obiettiamo che le parti sociali hanno chiesto di sapere chi ci sia dietro la fiduciaria che controlla il gruppo Wide care da lui diretto. Il loro sospetto è che possa esserci il presidente Sangalli oppure qualche suo prestanome. Pozzi, dopo questa obiezione, ci fa notare che le parti sociali che lo accusano sono rappresentate dallo stesso Rivolta per Confcommercio e da Brunetto Boco per la Uil (proprio quel Boco già presidente di Enasarco ai tempi della vicepresidenza di Pozzi), e poi ci invia la dichiarazione ricevuta via posta certificata di effettiva proprietà della fiduciaria da cui si evince che l'imprenditore genovese è l'unico titolare. Resta da capire perché nel 2015 Pozzi abbia voluto schermarsi. «L'ho fatto perché temevo per la mia incolumità. Ma adesso ho deciso di uscire allo scoperto». Alla fine Pozzi ci riferisce che la sua società, che Rivolta dice di non conoscere, collabora spesso con il Fondo est per la gestione dei flussi informatici e che i suoi tecnici hanno avuto «frequenti rapporti» proprio con Tabanelli. Evidentemente nel presunto triangolo manca un po' di comunicazione.