2018-10-19
La giunta padovana dà una sala comunale al centro sociale che picchia la polizia
Per gli attivisti, tra cui il nipote di Massimo Cacciari, il Daspo emesso dal questore è «carta straccia». La maggioranza si spacca. La lista Coalizione civica, alleata della maggioranza di centrosinistra, si è schierata a favore del centro sociale Pedro. Il consigliere Luigi Tarzia, invece, si è detto «basito e sconcertato» dalla presa di posizione del movimento, dal quale ha voluto dissociarsi.A Padova, un terremoto scuote la giunta di centrosinistra, guidata da Sergio Giordani.Qualche giorno fa, l'amministrazione comunale ha concesso la Sala Anziani di Palazzo Moroni al centro sociale Pedro, che aveva indetto una conferenza stampa per contestare un provvedimento del questore di Padova, Paolo Fassari, con cui si vieta a sei esponenti pedrini di entrare in città. Il Daspo emesso da Fassari faceva seguito agli scontri tra manifestanti e polizia, avvenuti il 17 luglio 2017, in occasione di una mobilitazione degli attivisti per impedire una manifestazione contro lo ius soli, organizzata da Forza Nuova. Due agenti erano rimasti feriti e ben 22 membri del centro sociale sono finiti a processo con accuse che vanno da resistenza e minaccia a pubblico ufficiale alle lesioni aggravate. Ma nonostante questo poco invidiabile curriculum teppistico e nonostante l'esistenza di un provvedimento che proibiva agli esagitati antifascisti di recarsi a Padova, la giunta Giordani ha deciso lo stesso di concedere la sala comunale per il comizietto del centro sociale. In una nota congiunta, il sindaco e il suo vice, Arturo Lorenzoni, hanno sottolineato che non c'è «da sorprendersi se chi chiede regolarmente una sala nella casa comunale, pagandola, seguendo le procedure previste e nel rispetto degli spazi richiesti, se la vede concessa». Nemmeno se il richiedente ha un Daspo a carico, evidentemente.Come ha ampiamente documentato Il Gazzettino, però, la giunta padovana si è spaccata. La lista Coalizione civica, alleata della maggioranza di centrosinistra, si è schierata apertamente a favore del centro sociale Pedro. Il consigliere Luigi Tarzia, invece, si è detto «basito e sconcertato» dalla presa di posizione del movimento, dal quale ha voluto dissociarsi risolutamente.Proteste erano arrivate anche dal sindacato di polizia («è inconcepibile come il primo cittadino, che tra l'altro ha su di sé la delega alla sicurezza, permetta a questi soggetti di esprimere una violenza verbale contro la polizia proprio all'interno di un palazzo che dovrebbe essere garanzia di legalità e rispetto delle istituzioni», avevano scritto gli agenti in un comunicato) e dalla capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale, Eleonora Mosco. Quest'ultima ha indirizzato una lettera al prefetto per denunciare il mancato rispetto del principio di legalità da parte dell'amministrazione padovana. Il capogruppo grillino, Simone Borile, ha poi contestato apertamente la giustificazione fornita da Giordani e Lorenzoni: «Più volte mi sono visto informalmente negare la sala comunale perché l'argomento della riunione non era gradito», ha dichiarato. «Andare contro il questore probabilmente lo era e quindi la sala è stata tranquillamente concessa».Ma come oramai sono abituati a fare, i sinistri attivisti del centro sociale Pedro hanno vestito il loro gesto di spregio nei confronti di una misura regolarmente adottata dalla questura come un atto di disobbedienza civile. E hanno definito il Daspo «carta straccia». Il portavoce del Pedro, Marco Sirotti, ha tirato fuori una sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che avrebbe «sferrato un duro colpo contro la Repubblica italiana, proprio perché l'ordinamento giuridico prevede questo tipo di misure» giudicate discrezionali e arbitrarie, cioè in contrasto con lo Stato di diritto, da parte dei tutt'altro che pacifici manifestanti. I quali, ovviamente, si considerano titolari di una sorta di ipermoralità, autorizzati perciò a condurre quella che addirittura reputano «una battaglia di democrazia». Per carità, non scomodiamo pure quella.Per capire con chi abbiamo a che fare, basta leggere il tweet di uno degli illustri relatori alla conferenza stampa di Palazzo Moroni, Tommaso Cacciari, nipote del più noto Massimo (filosofo ed ex sindaco di Venezia, dove Tommaso risiede): «Alla faccia del vostro foglio di via, siamo a Padova in conferenza stampa: non obbediremo a questo provvedimento», aveva cinguettato il ragazzotto ribelle. Altro che democrazia. I pedrini hanno mostrato tutto il loro disprezzo per le regole che presiedono al funzionamento delle nostre società democratiche, fondate sull'eguaglianza di fronte alla legge. Loro sono troppo bravi, troppo buoni, troppo giusti per potersi sottomettere a una punizione. O per opporvisi secondo le procedure stabilite, se la ritengono immeritata. È questo il nocciolo della replica del questore Fassari, che ha minacciato conseguenze penali per gli esponenti del centro sociale: «In uno stato civile, chi ritiene ingiusto il provvedimento a proprio carico può impugnarlo». Macché. Troppa fatica. Alla faccia della sinistra per la legalità: se la legge le dà torto, tanto peggio per la legge. Il nipote del filosofo ha fatto pure lo spiritoso: «Sono un fervente devoto di Sant'Antonio e continuerò ad andare una volta alla settimana in basilica per pregarlo affinché liberi l'Italia dai fascisti». Non vorremmo essere nei panni di Sant'Antonio.
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