2019-10-09
«La gestione finanziaria vaticana paga le scelte sbagliate di Bergoglio»
Il figlio del banchiere Roberto rimane tra i più importanti testimoni delle questioni economiche d'Oltretevere: «Oggi assistiamo a uno smembramento graduale di una istituzione. Vedremo cosa riuscirà a fare Giuseppe Pignatone».«Il Papa ha perso l'opportunità di affidarsi a una gestione esterna e di sviluppare gli utilizzi legittimi dell'extraterritorialità, come ne esistono in tutti gli ordinamenti fiscali e finanziari. A questo va aggiunta la notevole leggerezza da parte di Francesco nelle scelte dei suoi collaboratori. È sorprendente per chi è cresciuto all'ombra dell'incauto cardinale Antonio Quarracino: alla sua gestione sconsiderata aveva dovuto riparare proprio Bergoglio». Carlo Calvi, figlio di Roberto, il banchiere del Banco Ambrosiano trovato impiccato sotto il Ponte dei frati neri di Londra il 18 giugno del 1982, rimane tra i più importanti testimoni e storici della gestione delle finanze del Vaticano. A quarant'anni dal crac del Banco Ambrosiano gli scandali non sono ancora finiti. «Il Vaticano attraversa una tipica fase di crisi di trasparenza. Sta cercando di rispettare le nuove regole internazionali. Per farlo è ricorso a costose consulenze che hanno avuto l'effetto di allontanare la clientela esterna alla ricerca di confidenzialità, ma allo stesso tempo ha creato una accelerazione di una tendenza già in atto, cioè di trasferire le operazioni dei dicasteri verso canali più discreti».Ovvero?«I fatti degli ultimi giorni ci ricordano il confronto tra il cardinale George Pell e la Segreteria di Stato sui bilanci consolidati, in cui a spuntarla è stata quest'ultima».Prima di finire in carcere in Australia per pedofilia Pell, era prefetto della segreteria economica.«Pell nel 2016 cercò di imporre Price Waterhouse Coopers come verificatore contabile al fine di imporre la supervisione su tutto il patrimonio della Chiesa e ai dicasteri. Si scontrò proprio con l'opposizione, forse legittima, della Segreteria di Stato». Le operazioni opache continuano.«L'Aif vaticana ha sempre ribadito di non avere potere di supervisione sull'Apsa. Si vuole sfuggire alla svalorizzazione dello Ior e proteggere la solidità degli investimenti immobiliari della Santa Sede. L'Apsa ha poi un passato ingombrante. Quando Giorgio Ambrosoli parlò di commissioni pagate a un banchiere milanese e a un vescovo americano, Carlo Bordoni, socio infedele di Michele Sindona, indicò proprio l'Apsa come beneficiario». Lei parla di scelte sbagliate nei collaboratori da parte di papa Francesco.«Gustavo Zanchetta fu allontanato dalla diocesi di Oran per malversazioni economiche e abusi. Dopo un purgatorio in Spagna, il Papa lo ha trasferito proprio all'Apsa. Ora la vicenda gli esplode in faccia. Non solo. In Honduras il Papa si guarda bene dal sostenere il gesuita Padre Melo di Radio Progreso, ma ha chiamato a Roma Rodriguez Maradiaga, che deve l'impero mediatico Suyapa a Juan Orlando Hernandez, niente meno che per riformare la Curia.Dopo le polemiche e gli scandali di Vatileaks e Tarcisio Bertone siamo al punto di partenza.«Credo vi siano delle differenze e delle somiglianze tra gli eventi degli ultimi giorni e la vicenda del Banco Ambrosiano. Marcinkus si prestò per un decennio a canali di occultamento di fondi di cui aveva piena conoscenza ma ritenne che valevano il rischio. Oggi assistiamo ad uno smembramento graduale di una istituzione. Ma sussiste il complesso di isolamento dal mondo bancario che ha sempre caratterizzato gli amministratori della Santa Sede».Si parla anche di operazioni immobiliari a Londra, dove fu trovato morto suo padre.«Da giovane ho beneficiato degli stessi appoggi londinesi che Luigi Mennini, il banchiere laico dello Ior, aveva utilizzato per i suoi numerosi figli. Al culmine dell'Opa Bastogi, nel 1971 ebbi uno stage alla banca Hambros con Raffaele Bonacossa della Banca Privata, che poi finì in prigione. Non a caso, una volta messo in liquidazione il Banco Ambrosiano, fu proprio Deloitte & Touche di Londra ad assumere il ruolo dominante per volere delle banche estere, coadiuvati dal lussemburghese Paul Mousel».Come si spiega la nomina di Pignatone come presidente del tribunale Vaticano? Lei lo conosce bene.«Fu Pignatone il primo ad aprire un fascicolo per omicidio contro Licio Gelli per l'omicidio di mio padre, fu anche l'ultimo a chiederne l'archiviazione nel 2012».Come si muoverà secondo lei? «Pignatone ha affidato uno dei processi più emblematici degli ultimi anni, Mafia Capitale, a Luca Tescaroli, pm del processo Calvi. Fu proprio Tescaroli a lamentare a più riprese le mancate risposte da parte del Vaticano, alle sue molte rogatorie nel processo. Allo stesso tempo Mafia Capitale ha permesso a Pignatone e Tescaroli di prendersi una rivincita contro Ernesto Diotallevi che, a dire dell'accusa, proprio estraneo ai traffici vaticani non era… Pignatone avrà ora l'opportunità di riproporre la retroattività della collaborazione tra Italia e Vaticano in campo penale». Retroattività che è stata sospesa in questi anni.«Fu Bertone a opporsi alla retroattività nella collaborazione con gli organi ispettivi italiani. La movimentazione dei conti che lo Ior manteneva con le banche italiane del gruppo Banco Ambrosiano - e mio padre conservava aggiornati nella borsa i “conti R" come li chiama Tescaroli - non è mai stato oggetto di indagine». A che punto processuale è la vicenda di suo padre? Dopo tanti anni ha perso la speranza di ottenere un po' di verità?«Le mie due opposizioni alla richiesta di archiviazione di Pignatone e Tescaroli furono respinte dalla dottoressa Simonetta D'Alessandro, ma sono state acquisite l'anno scorso da Alberto Candi, Umberto Palma e Nicola Proto della Procura generale presso la Corte d'appello di Bologna. Sono i magistrati che conducono le indagini sui mandanti della strage del 2 agosto. Si tratta di una indagine molto seria in cui ho fiducia».
Lo stabilimento Stellantis di Melfi (Imagoeconomica)
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