2018-10-18
La finanziaria targata Pd ci avrebbe stangato con più del doppio di tasse
Secondo l'ultimo Def firmato Pier Carlo Padoan, le imposte per il 2019 sarebbero dovute essere di 16 miliardi. Anzi, Paolo Gentiloni puntava a incrementarle di 48 miliardi in un triennio.La manovra appena spedita in Europa va in deficit per circa 21 miliardi, prevede circa 3,5 miliardi di tagli ai ministeri e di ottimizzazione delle risorse degli Enti pubblici e più o meno 7,5 di gettito fiscale aggiuntivo. Le partite Iva portano a casa un dimezzamento delle imposte, almeno fino alla soglia dei 65.000 euro di fatturato. A fronte di tutto ciò, ci sono più di 13 miliardi per finanziare reddito di cittadinanza e quota 100, più circa 2,5 miliardi per le infrastrutture. Se aumenta il gettito nessuno può gioire, in un Paese che gratta sempre il soffitto con le corna dei contribuenti. Ieri però abbiamo ripescato sia la manovra licenziata il 3 ottobre 2017 dal governo di Paolo Gentiloni, sia il Def dello scorso marzo. La manovra 2018 era fatta da circa 10 miliardi di deficit, poco più di 5 miliardi di tasse, 300 milioni per le politiche attive dei giovani e circa 600 milioni destinati alle infrastrutture. Il meglio era destinato al 2019: tasse per oltre 16 miliardi di euro, più del doppio di quanto il ministro Giovanni Tria ha messo nero su bianco per il prossimo anno. Il totale delle entrate era previsto a quota 504 miliardi per la fine del 2017. Di questi, 250 erano di imposte dirette, 252 miliardi di indirette (Iva, accise, registro) e 2 miliardi in conto capitale. Si tratta di una voce del bilancio pubblico che il ministro Pier Carlo Padoan stimava a 521 miliardi nel 2018, 534 nel 2019 e 544 nel 2020. Il differenziale delle tasse dirette tra il 2018 e il 2019 fornisce la cifra di 11 miliardi, cui se ne devono aggiungere altri 1,8 di tasse indirette, 1,4 per il differimento dell'Iri e altrettanti per il differimento degli sconti sulle imposte delle partecipazioni fisiche. Si arriva insomma a 16 miliardi di differenza. Complessivamente, nel triennio l'aumento delle entrate tributarie nelle casse dello Stato sarebbe stato di circa 48 miliardi (+9,80%). Tutti dati inseriti nero su bianco sul previsionale senza che parallelamente vengano destinati fondi in modo congruo alla crescita e alle infrastrutture. Già per l'anno in corso, infatti, la manovra targata Padoan-Gentiloni si riduceva a un budget di circa 20 miliardi (circa 4 in meno di quanto promesso nel 2016), cui se ne aggiungevano altri due di spese incomprimibili da destinare alle missioni militari e alle società pubbliche controllate. Oltre ai 15,7 miliardi destinati a sterilizzare le clausole di salvaguardia gli «investimenti» per il 2018 non superavano i 3,8 miliardi. Ma la voce era di per sé farlocca. Di questi, infatti, circa 1,6 miliardi è stato speso per aumentare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Mentre la tanto sbandierata politica di incentivo al lavoro per gli under 32 ha incassato solo 330 milioni di euro. Le promesse erano attorno ai 2 miliardi: una bella differenza. Idem per le infrastrutture e lo sviluppo. A bastonare (nel silenzio di molti media) la manovra spedita all'Europa lo scorso ottobre fu addirittura la Corte dei conti. «L'azione di spending review portata avanti dal governo in questi anni è stata condizionata dall'urgenza impressa dalla crisi, e dunque dalle esigenze di breve periodo». Ciò ha comportato «il sacrificio di interi comparti (basti pensare al pesante declino dell'attività di investimento nelle infrastrutture pubbliche) e le difficoltà crescenti nell'offerta dei servizi alla collettività che, in alcuni settori, mostrano una riduzione significativa della qualità delle prestazioni», aveva detto esplicitamente il presidente, Arturo Martucci di Scarfizzi, interpellato ieri dalle commissioni Bilancio di Camera e Senato in riferimento allo stesso Def. Le intenzioni per il 2019 sarebbero state totalmente in linea con quelle indicate a ottobre del 2017 (e rinforzate lo scorso marzo) non avrebbero cambiato la sostanza, anzi sulla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia Gentiloni nulla aveva fatto. Motivo per cui il deficit ereditato era già attorno al 2%. Lo 0,4% in più è farina del sacco gialloblù. Per le aziende si sarebbe sicuramente potuto fare di più, e ci auguriamo che i prossimi interventi siano migliorativi. Ma il confronto dovrebbe comunque far tirare un sospiro di sollievo a molti. A sostenere la parte di spesa della manovra sono ovviamente i sindacati, che sulla tutela del reddito esultano. «Mi sembra che il disegno di legge di bilancio, approvato ieri sera dal Consiglio dei ministri, vada nella giusta direzione. Non mi riferisco solamente allo smantellamento, a tappe, della legge Fornero, con l'introduzione della quota 100», spiega Paolo Capone, il segretario generale dell'Ugl, che riguardo la manovra ha sottolineato che «è importante aver stanziato 15 miliardi per i prossimi 3 anni al fine di rilanciare gli investimenti pubblici, soprattutto nel settore delle infrastrutture, e aver previsto un piano straordinario di assunzioni nelle forze dell'ordine per garantire maggiore sicurezza a tutti i cittadini».