La figlia lesbica di Vecchioni dovrà «rieducare» i giornalisti

Sono solo 110 i posti disponibili e i crediti in palio 4: bisogna correre ad accaparrarseli, perché l'appuntamento è ghiotto, di quelli che non si possono mancare. L'Ordine dei giornalisti del Veneto ha organizzato per l'11 novembre a Mestre un corso di aggiornamento professionale (la legge impone l'obbligo di frequentarli) sui costi dell'omofobia, e più precisamente su «quanto costa alla società e alle imprese vivere in un ambiente omofobico». È noto infatti come questo sia uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo del Paese, altro che chiacchiere sul cuneo fiscale, le complicazioni burocratiche, l'incertezza e durata dei procedimenti giudiziari.

È l'omofobia che fa lievitare i costi delle imprese e blocca la crescita economica italiana, e a spiegarlo ai convenuti - che guadagneranno crediti - ci sarà un panel significativo: Angelo Caltagirone e Francesca Vecchioni, oltre a una pastora valdese e all'immancabile avvocato che si occupa di diritti umani. Francesca Vecchioni, figlia del cantautore, è nota alle cronache per la sua battaglia a favore dell'adozione gay, ma non sappiamo quali siano i suoi titoli come relatrice su un tema così puntuale, che richiederebbe competenze specifiche.

Caltagirone, invece, le competenze ce le ha. È il fondatore di Edge, la prima lobby italiana (lui però risiede in Svizzera) di imprenditori, manager, professionisti Lgbt. L'organizzazione, dicono, ha criteri di selezione molto rigorosi ed esclusivi, con quote di iscrizione che non sono rese pubbliche, perché Edge «garantisce una privacy totale». La relazione principale del corso è dunque affidata a un lobbista, e a nessuno è venuto in mente di bilanciare le informazioni che saranno fornite con qualcosa che non sia totalmente di parte. E dire che la comunità gay, sulle cifre, sembra piuttosto inattendibile: pensiamo ai famosi «100.000 bambini» che vivrebbero in Italia con genitori omosex, e che secondo l'Istat in realtà sono esattamente 502. Cosa sarebbe accaduto se, tanto per fare un esempio, si fosse affidato un corso sulla sicurezza del risparmio a lobbisti delle banche? Ma se si tratta di lobbisti gay tutto va bene.

L'Ordine non è nuovo a questo tipo di operazioni. Un paio di anni fa uscì la proposta di un codice linguistico a cui il giornalista dovrebbe attenersi affrontando questioni che riguardano gli omosessuali. Il progetto, patrocinato dalla Federazione della stampa e dall'Ordine, e concordato tra il governo Monti e il Consiglio d'Europa - che lo finanziava - si intitolava Orgoglio e pregiudizi. Mai la povera Jane Austen avrebbe immaginato un simile utilizzo del suo romanzo più famoso, trasformando una storia d'amore in un corso di autocensura. Dai seminari, che si svolsero in quattro città italiane, uscì un documento che spiegava agli esperti di comunicazione quali fossero i vocaboli «corretti» per trattare temi come omosessualità, transessualità, matrimoni e adozioni gay, utero in affitto e così via.

Prima regola fondamentale: non si devono usare immagini dei gay pride a corredo di articoli che riguardano la comunità Lgbt. Tradotto in parole povere: lustrini, piume, trucco, paillettes, provocazioni e nudità, esibite alle manifestazioni, devono essere nascoste, perché ritenute offensive dalla stessa comunità che le mette in scena. Se usassimo uguali criteri per tutti, non si potrebbe pubblicare la foto di una manifestazione sindacale scrivendo di questioni che riguardano i lavoratori, o quelle del Family day per illustrare un pezzo sulla famiglia. Se gli Lgbt ritengono quelle immagini offensive, invece di invocare la censura non potrebbero, più semplicemente, organizzare le manifestazioni in modo diverso?

Ma c'è molto altro, nel decalogo del «giornalista rispettoso». Per esempio l'invito a non usare mai la definizione «famiglie gay», cioè a non specificare se si tratti di coppie omo o eterosessuali, per mettere tutte le famiglie (rigorosamente al plurale) sullo stesso piano. Oppure la messa al bando del termine «naturale», che comporterebbe la messa al bando anche della nostra Costituzione, nella quale si adopera l'odioso termine proprio per la famiglia, definita «società naturale fondata sul matrimonio». Ma le perle migliori sono due: la prima, l'esclusione del termine «utero in affitto», ritenuto irriguardoso nei confronti delle donne. Come se ad offendere le donne fosse il vocabolo, e non la concretezza della pratica, cioè lo sfruttamento della povertà e la riduzione di una madre a semplice incubatrice a pagamento. La seconda è la teorizzazione dell'assenza di contraddittorio. Qualcuno ancora pensa che il buon giornalismo sia quello che offre, su una questione su cui esistono opinioni contrastanti, un'informazione completa? Credete che la libertà di espressione sia garantita anche dalla presenza di voci diverse? Sbagliate. «Quando si parla di tematiche Lgbt, è frequente che si istituisca un contraddittorio. Questo, però, non è affatto ovvio», è scritto nel decalogo. E, come si vede dal seminario di Mestre, la regola dell'assenza di contraddittorio è stata subito messa in pratica. Basta con il pluralismo, con i dibattiti, i contraddittori. Bisogna formare il nuovo Giornalista Perfetto, quello che si autocensura spontaneamente, quello educato in stile Minculpop.

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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Il ministro fa cadere l’illusione dei «soldi a pioggia» da Bruxelles: «Questi prestiti non sono gratis». Il Mef avrebbe potuto fare meglio, ma abbiamo voluto legarci a un mostro burocratico che ci ha limitato.

«Questi prestiti non sono gratis, costano in questo momento […] poco sopra il 3%». Finalmente il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti fa luce, seppure parzialmente, sul grande mistero del costo dei prestiti che la Commissione ha erogato alla Repubblica italiana per finanziare il Pnrr. Su un totale inizialmente accordato di 122,6 miliardi, ad oggi abbiamo incassato complessivamente 104,6 miliardi erogati in sette rate a partire dall’aprile 2022. L’ottava rata potrebbe essere incassata entro fine anno, portando così a 118 miliardi il totale del prestito. La parte residua è legata agli obiettivi ed ai traguardi della nona e decima rata e dovrà essere richiesta entro il 31 agosto 2026.

I tagli del governo degli ultimi anni hanno favorito soprattutto le fasce di reddito più basse. Ora viene attuato un riequilibrio.

Man mano che si chiariscono i dettagli della legge di bilancio, emerge che i provvedimenti vanno in direzione di una maggiore attenzione al ceto medio. Ma è una impostazione che si spiega guardandola in prospettiva, in quanto viene dopo due manovre che si erano concentrate sui percettori di redditi più bassi e, quindi, più sfavoriti. Anche le analisi di istituti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) tengono conto dei provvedimenti varati negli anni passati.

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Maurizio Landini (Ansa)
La Cgil proclama l’ennesima protesta di venerdì (per la manovra). Reazione ironica di Meloni e Salvini: quando cade il 12 dicembre? In realtà il sindacato ha stoppato gli incrementi alle paghe degli statali, mentre dal 2022 i rinnovi dei privati si sono velocizzati.

Sembra che al governo avessero aperto una sorta di riffa. Scavallato novembre, alcuni esponenti dell’esecutivo hanno messo in fila tutti i venerdì dell’ultimo mese dell’anno e aperto le scommesse: quando cadrà il «telefonatissimo» sciopero generale di Landini contro la manovra? Cinque, dodici e diciannove di dicembre le date segnate con un circoletto rosso. C’è chi aveva puntato sul primo fine settimana disponibile mettendo in conto che il segretario questa volta volesse fare le cose in grande: un super-ponte attaccato all’Immacolata. Pochi invece avevano messo le loro fiches sul 19, troppo vicino al Natale e all’approvazione della legge di Bilancio. La maggioranza dei partecipanti alla serratissima competizione si diceva sicura: vedrete che si organizzerà sul 12, gli manca pure la fantasia per sparigliare. Tant’è che all’annuncio di ieri, in molti anche nella maggioranza hanno stappato: evviva.

Africano «protetto» dal giudice tenta di uccidere una modella
Nel riquadro in alto l'immagine dei postumi dell’aggressione subìta da Stephanie A. Nel riquadro in basso un frame del video postato su X del gambiano di 26 anni che l'ha aggredita (iStock)
L’aggressore è un gambiano con una lunga fila di precedenti, però si era visto accordare la protezione speciale per restare in Italia. I clandestini sono 50 volte più pericolosi, ma sinistra e magistrati legano le mani agli agenti.
Vittime sacrificali di criminali senza pietà o effetti collaterali della «inevitabile» migrazione di massa? In questo caso il grande abbraccio che tanto intenerisce la Cei si concretizza con un pugno, una bottigliata, un tentativo di strangolamento, qualche calcione mentre era a terra, sputi, insulti. «Mi diceva che mi avrebbe ammazzata», scrive sui social Stephanie A., modella di origini brasiliane, aggredita lunedì sera nello scompartimento di un treno regionale Trenord della linea Ponte San Pietro-Milano Garibaldi, nella zona di Arcore. La giovane ha postato gli scatti dei colpi subìti ma anche alcune foto che ritraggono l’aggressore, fondamentali per identificarlo. Il suo appello non è caduto nel vuoto.
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