A un'azienda l'erario chiede via raccomandata di spedire copie fisiche dei documenti già inviati via Web. I casi sono due: o pesa la disorganizzazione fra uffici diversi, oppure è un modo per ritardare i rimborsi Iva.
A un'azienda l'erario chiede via raccomandata di spedire copie fisiche dei documenti già inviati via Web. I casi sono due: o pesa la disorganizzazione fra uffici diversi, oppure è un modo per ritardare i rimborsi Iva.Se qualcuno avesse ancora dubbi sull'utilità della fatturazione elettronica, potrà tranquillamente farsi un'idea definitiva: nessun beneficio per il contribuente e solo ulteriori adempimenti burocratici. La certezza ci arriva da una lettera spedita pochi giorni fa a un'azienda lombarda. Qualche sprovveduto penserà che trattandosi di fatturazione elettronica e comunicazioni online, tutto avvenga via Web. Sbagliato. Innanzitutto, l'Agenzia delle entrate invia per raccomandata la lettera nella quale verga un lungo elenco di richieste documentali. Motivo? Valutare la richiesta di rimborso del credito Iva relativo al secondo trimestre di quest'anno. Per completare la pratica, l'erario chiede copia cartacea della dichiarazione di conformità (già inviata online), un campione delle fatture di vendita «rappresentativo di tutte le aliquote con un'imposta pari al 2% dell'importo richiesto e gli eventuali documenti giustificativi dell'aliquota agevolata». Idem per le fatture d'acquisto. Inutile dire che l'Agenzia ha già in mano tutto ciò che nella lettera viene richiesto stampato. Lo possiede proprio in virtù della fatturazione elettronica. Non solo. L'erario non si accontenta di una semplice ristampa. Ma il contribuente è tenuto a spedire un campione rappresentativo che non superi le 25 fatture. Il che significa che l'azienda deve perdere tempo e selezionare le singole fatture, salvo poi allegare una relazione che spieghi «quali sono le attività economiche svolte e le ragioni che hanno portato alla formazione del credito chiesto a rimborso». Tutta la documentazione può essere inviata per raccomandata o anche - deo gratias - per posta certificata. Inutile dire che se sono in atto cartelle di pagamento spetta all'azienda stessa produrne copia. In poche parole, tutto il lavoro richiesto è un doppione di quanto l'erario già conosce. A questo punto c'è da chiedersi il perché. La prima risposta è in buona fede. Cioè che un ufficio non sa ciò cosa fa l'altro ufficio e comunque, in ogni caso, la tracciabilità informatica è solo una bella parola che serve ai politici o ai vertici dell'amministrazione finanziaria per gestire, i primi, e concorrere, i secondi, al susseguirsi delle campagne elettorali.Peggio però è la seconda ipotesi. Cioè che tutti i doppioni vengano richiesti soltanto per ritardare i tempi dei rimborsi e consentire allo Stato di fare cassa e utilizzare le aziende come bancomat. Prima di occuparsi dei condoni fiscali o della cosiddetta «pace con il contribuente», il governo gialloblù dovrebbe mettere mano a tale situazione. Il nuovo direttore dell'Agenzia è un generale della Fiamme gialle e ha tutta la competenza necessaria per ribaltare un sistema che va avanti da troppi anni. Abbiamo sempre avuto il sentore che la stretta sulla fatturazione elettronica (per ora solo nei confronti della pubblica amministrazione) servisse solo a stringere sul gettito Iva e aumentarlo. E che non garantisse alcun beneficio per il contribuente. I tempi di rimborso dell'Iva non sono diminuiti e gli evasori incalliti sono rimasti tali. Chi fa il nero non fattura. Punto e basta. Il 1° gennaio del 2019 ritornerà nuovamente in auge il tema della fatturazione elettronica. Speriamo che Giuseppe Conte da premier abbia un sussulto e si metta dalla parte dei pochi che in Italia producono Pil e ricchezza. Per evitare che tutto finisca in chiacchiere è bene partire dalla quotidianità.
Roberto Crepaldi
La toga progressista: «Voterò no, ma sono in disaccordo con il Comitato e i suoi slogan. Separare le carriere non mi scandalizza. Il rischio sono i pubblici ministeri fuori controllo. Serviva un Csm diviso in due sezioni».
È un giudice, lo anticipiamo ai lettori, contrario alla riforma della giustizia approvata definitivamente dal Parlamento e voluta dal governo, ma lo è per motivi diametralmente opposti rispetto ai numerosi pm che in questo periodo stanno gridando al golpe. Roberto Crepaldi ritiene, infatti, che l’unico rischio della legge sia quello di dare troppo potere ai pubblici ministeri.
Magistrato dal 2014 (è nato nel 1985), è giudice per le indagini preliminari a Milano dal 2019. Professore a contratto all’Università degli studi di Milano e docente in numerosi master, è stato componente della Giunta di Milano dell’Associazione nazionale magistrati dal 2023 al 2025, dove è stato eletto come indipendente nella lista delle toghe progressiste di Area.
Antonella Sberna (Totaleu)
Lo ha dichiarato la vicepresidente del Parlamento Ue Antonella Sberna, in un'intervista a margine dell'evento «Facing the Talent Gap, creating the conditions for every talent to shine», in occasione della Gender Equality Week svoltasi al Parlamento europeo di Bruxelles.
Ansa
Mirko Mussetti («Limes»): «Trump ha smosso le acque, ma lo status quo conviene a tutti».
Le parole del presidente statunitense su un possibile intervento militare in Nigeria in difesa dei cristiani perseguitati, convertiti a forza, rapiti e uccisi dai gruppi fondamentalisti islamici che agiscono nel Paese africano hanno riportato l’attenzione del mondo su un problema spesso dimenticato. Le persecuzioni dei cristiani In Nigeria e negli Stati del Sahel vanno avanti ormai da molti anni e, stando ai dati raccolti dall’Associazione Open Doors, tra ottobre 2023 e settembre 2024 sono stati uccisi 3.300 cristiani nelle province settentrionali e centrali nigeriane a causa della loro fede. Tra il 2011 e il 2021 ben 41.152 cristiani hanno perso la vita per motivi legati alla fede, in Africa centrale un cristiano ha una probabilità 6,5 volte maggiore di essere ucciso e 5,1 volte maggiore di essere rapito rispetto a un musulmano.






