2020-10-30
La fabbrica di veleni voluta da Lenin per eliminare i nemici del regime
Il padre dell'Urss fece realizzare alla Lubjanka un apposito laboratorio per creare sostanze con cui uccidere i dissidenti. L'uso di agenti tossici è rimasto la firma di molte esecuzioni a opera del Kgb fino ai nostri giorni.Ricordiamo che cosa è avvenuto ad Aleksej Navalny, 44 anni, principale oppositore di Vladimir Putin. Il 20 agosto scorso, durante il volo da Tomsk, in Siberia, diretto a Mosca è stato ricoverato d'urgenza all'ospedale della città siberiana. Dopo un lungo braccio di ferro con le autorità russe il dissidente è stato portato a Berlino, dove i medici della Charitè hanno accertato che era stato avvelenato con il novichok, un agente nervino largamente utilizzato dai servizi segreti russi per eliminare coloro che ritengono scomodi, nemici del governo o testimoni che «sanno troppo». Il caso più recente di avvelenamento con questo prodotto è quello dell'ex spia Sergei Skripal e di sua figlia Yulia in Inghilterra, nel 2018. Il governo britannico ha accusato a suo tempo apertamente i servizi del Cremlino. In questo caso e in quello di Navalny, i medici sono riusciti a trovare l'antidoto, salvando le loro vite. Ma in passato quel pericoloso veleno ha provocato una lunghissima serie di vittime. È noto, infatti, che la Federazione russa e ancora più ampiamente l'Urss hanno utilizzato su vasta scala il veleno. Anzi, più esattamente, i veleni elaborati in un laboratorio fatto realizzare dal Kgb su ordine di Vladimir Lenin, il primo presidente dell'Unione sovietica. Un laboratorio affidato a medici, ricercatori, farmacologi, esperti fidati che sperimentavano i veleni più sofisticati: quelli di effetto immediato, quelli che funzionavano dopo 20-30 minuti, dopo un'ora e così via e comunque «prodotti» che non lasciavano tracce. Il laboratorio era nato alla Lubjanka, sede dei servizi segreti, dove un tempo venivano eseguite le esecuzioni dei dissidenti, spie e comunque di tutti coloro considerati «nemici del popolo» e dove era attivo anche un crematoio per eliminare i corpi di torturati e assassinati. Si è quasi certi che anche la misteriosa morte di Lenin sia stata favorita da un altro «benefattore dell'umanità», Giuseppe Stalin da come lo definiva il Pci, di cui fra poco si celebrerà il centenario della sua fondazione, con un sostanzioso contributo finanziario del governo italiano.Buona parte delle notizie che leggerete le abbiamo attinte da un saggio di Arkadi Vaksberg, uno scrittore russo dissidente: I veleni del Cremlino - Gli omicidi politici in Russia da Lenin a Putin (Guerini e Associati), da un voluminoso saggio di Anne Applebaum, La grande carestia - La guerra di Stalin all'Ucraina (Mondadori), dal libro dello storico russo Sergej P.Mel'Gunov, Il terrore rosso in Russia (1918-1993) (Jaca Book) e dai saggi di Maria Ferretti, L'eredità difficile- La Russia, la rivoluzione e la memoria (Viella editrice). Ricordiamo che in Russia hanno ereditato dall'Urss, prima, durante e dopo Stalin, le tecniche dei delitti politici, cioè quelli «che fanno comodo allo Stato», come sottolineava Lenin. Quasi sempre si tratta di omicidi segreti, mascherati da incidenti stradali e avvelenamenti, con decessi per «cause naturali». I veleni col tempo sono diventati gli strumenti preferiti da tutti i servizi di spionaggio russi. Da dove comincia la storia dei veleni? Quando, per un breve periodo, vennero aperti gli archivi personali di Lenin, gli storici vicini al regime rimasero stupefatti. Ebbero l'occasione di conoscere l'altra faccia del «padre della rivoluzione» (Lenin) e del «piccolo padre» (Stalin). I documenti hanno rivelato un Lenin - sono parole di Vaksberg- «che non concepiva altro modo di prendere il potere e di conservarlo, se non quello di fucilare, impiccare e sgozzare a man bassa». Anche tutti i seguaci del tiranno, Lev Trockij e Stalin compresi, lo presero alla lettera. Anzi lo superarono in cinismo e ferocia a giudicare dagli orrori a danno delle popolazioni e dei singoli cittadini. «La creazione - osserva Vaksberg - da parte di Lenin di un laboratorio segreto per la produzione di sostanze tossiche fu geniale. L'obiettivo era di combattere i nemici del potere sovietico». In tal modo il regime comunista legalizzava un'organizzazione criminale. Stalin, appena arrivato al potere, potenziò il laboratorio segreto, affidandolo a uomini di sua assoluta fiducia, come Jacoda, che fece eliminare col veleno tutti gli uomini che infastidivano il georgiano, a cominciare dallo scrittore Maksim Gorkij e di suo figlio, definiti «fastidiosi».I veleni più utilizzati dalle spie russe erano il mercurio (venivano cosparsi a volte i mobili della vittima designata), il fenobarbital (un sonnifero), la ricina e, in tempi più recenti, la diossina, il novichok e il polonio. Il controllo del laboratorio era operato strettamente da Lavrentij Beria, l'uomo più potente del regime, dopo Stalin. Nel libro si raccontano anche le storie di uomini del regime che da «intoccabili» diventavano vittime dei fedelissimi di Stalin e Beria. Oltre ai nemici colpiti a morte venivano «sacrificati» spesso anche i sicari, gli esecutori dei delitti. Vediamo qualche caso. La Pravda aveva annunciato la morte improvvisa di Abram Stukijc, un supercapo dei servizi di spionaggio. Era stato avvelenato alla Lubjanka con dei cioccolatini, per caso cosparsi di cianuro. «Crisi cardiaca», era stato dichiarato. Ovviamente non mancarono i casi personali, mascherati da ragioni politiche, come quello di Evgenia Ezovi, avvelenata per ordine del marito (un potente capo della Lubjanka), sospettata come ebrea di spionaggio a favore dell'Occidente. Stalin, come è ormai noto, non si fermava davanti a nulla. Non ebbe dubbi neppure nel caso dell'assassinio della vedova di Lenin, Nadezna Konstantinova Krupskaija, una donna molto popolare, soprattutto fra le donne russe. L'anziana dirigente era considerata «troppo autonoma» nelle sue opinioni e il dittatore non la poteva soffrire. Il giorno dei suoi 70 anni le fece consegnare una sontuosa torta, ma seguì abilmente la sua malattia e la sua rapida morte, impedendole anche di partecipare al congresso del Pcus. Dopo il pranzo la Krupskaija si sentì subito male e i medici le diagnosticarono «un'appendice acuta, una peritonite e una trombosi». A funerale concluso, i medici vennero premiati da Stalin con una speciale onorificenza.Nel libro si raccontano diffusamente anche le vicende legate al ruolo delle spie russe all'estero (come nella guerra di Spagna, dove venne eliminato anche il segretario del partito comunista, Josè Diaz ) e nei conflitti politici con Tito e i gruppi dirigenti della Bulgaria, Polonia e Cecoslovacchia, che si risolsero con avvelenamenti e incidenti stradali dei massimi dirigenti dei governi e dei partiti comunisti. In tempi più recenti i metodi della Lubjanka sono sopravvissuti a Stalin, Breznev, Andropov e persino a Kruscev. Negli archivi, o meglio, nei documenti rimasti, dopo le varie «ripuliture», sono state trovate prove inconfondibili sui progetti di avvelenamento di numerosi capi politici e di governo occidentali, fra cui Hitler, Mussolini e Churchill. Fra i tanti misteri anche quello della morte di Raul Wallemberg, il diplomatico svedese inviato a Budapest, dove riuscì a salvare migliaia di ebrei ungheresi. Venne trovato cadavere in una cella della Lubjanka. Vi si trovano descritte anche le strategie delle spie russe nei Paesi dell'Est, che hanno collezionato numerose vittime (col veleno) in Romania, in Bulgaria, in Jugoslavia, in Cecoslovacchia. A Sofia, ad esempio, venne liquidata anche la figlia del presidente Todor Zivkov, Ljudmilla, considerata troppo «indipendente» rispetto alla linea del regime. Fra gli omicidi politici degli ultimi decenni di giornalisti, scrittori, imprenditori e politici, ricordiamo: nel 1994 l'uccisione del giornalista Dmitri Kholodov, mentre indagava sulla diffusa corruzione nell'esercito; il notissimo caso di Anna Politkovskaija, giornalista di Novaya Gazeta, prima avvelenata nel 2004, si è salvata ma due anni dopo è stata uccisa da due killer, il 7 ottobre 2006, all'ingresso di casa sua. In particolare venivano presi di mira i politici e gli agenti dei servizi. Un'ex spia, Anatoly Sobcak, prima seguace di Boris Eltsin, poi di Putin, si era candidato per la Duma, dopo essere rientrato dall'esilio francese. Ma è stato accolto male dai suoi antichi compagni ed è finito avvelenato nella sua camera d'albergo, il 20 febbraio del 2000 a Svetlogorsk. La stessa sorte subì, il 3 luglio 2003, Yuri Shchekocikhn, giornalista e deputato, trovato morto a Mosca. Qualcuno gli aveva inoculato la ricina con la punta di un ombrello: era accaduta la stessa cosa, alcuni anni prima a Londra (il 7 settembre 1978), allo scrittore bulgaro, George Markov. A San Pietroburgo (24 settembre 2004) l'imprenditore Roman Tsepov venne trovato privo di vita in conseguenza della puntura con una sostanza radioattiva. Numerose anche in Ucraina le morti misteriose. L'avvelenamento di Viktor Yushchenko, nel 2004, suscitò un'ondata di indignazione, anche perché, per la prima volta, era stata utilizzata la diossina (mescolata alla minestra). Vi è poi il «caso Litvinenko, di cui si è parlato molto. L'ex spia russa , fuggita nel Regno Unito, aveva accusato nel 2000 i suoi superiori di avere organizzato l'assassinio dell'oligarca Boris Berezopvsky e in seguito aveva indicato in Putin il mandante dell'omicidio di Anna Politovskaya. Il 1 novembre 2006 l'ex agente si ammala improvvisamente e i medici inglesi non riescono a salvarlo: era stato avvelenato col polonio. La sostanza radioattiva era stata messa nella sua tazza di tè da due suoi colleghi .Il 5 novembre del 2012, sempre in Gran Bretagna, Alexander Perepilichnyy, uomo d'affari russo, muore per un «attacco cardiaco», nel Surrey, in Gran Bretagna. Si scoprirà dalle indagini che la vittima rappresentava una pedina importante nel riciclaggio di denaro dei funzionari russi. Ancora: il 2 febbraio 2017 Vladimir Kara Murza, giornalista russo, del movimento dissidente «Open Russia» ,viene ricoverato d'urgenza in un ospedale di Mosca per coma farmacologico. Trasferito all'estero riesce però a salvarsi. Infine, l'11 settembre 2018, l'ex marito di una delle Pussy Riot, Piotr Verzilov, che faceva parte di un gruppo anti Putin ,viene avvelenato. Si fa però ricoverare in Germania e riesce a sopravvivere. Riesce a farcela anche Karinna Moskalenko, che era stata avvelenata. È un avvocato e aveva difeso anche Mikhail Khodorkovsky (l'oligarca finito in carcere per anni), Garry Kasparov e lo stesso Litvenenko. Il 14 ottobre 2008 il marito scopre per caso che le avevano riempito l'auto di mercurio. Come si è visto, da Lenin a passando per Stalin, Breznev, Andropov, Kruscev, nulla è cambiato nella repressione dei dissidenti e i veleni del Cremlino sono sempre state le armi preferite. Ora il laboratorio non è più segreto: produce veleni ancora più elaborati, più fantasiosi e più pericolosi, ma sempre efficaci come il vecchio cianuro.