2022-01-19
La crisi del cibo made in Italy scuote il Consorzio del parmigiano reggiano
Presidente nel mirino per aver prodotto un succedaneo per vegani: il cda lo ha salvato ma la spaccatura resta. Sul tavolo pure il nuovo disciplinare. Agroalimentare in tensione, come mostrano i casi Amadori e Ferrarini.Ancora guai per il Consorzio del parmigiano reggiano che, sotto la guida del presidente imprenditore Nicola Bertinelli, da qualche settimana è finito nel mirino delle polemiche, facendo storcere il naso a diversi soci: tra questi c’è il consigliere Paolo Benedusi. Prima il criticatissimo spot «schiavista» dove il povero Renatino si trova a lavorare felice 365 giorni l’anno e poi la scoperta, evidenziata da un’inchiesta di Report, che l’azienda del presidente Bertinelli produce e vende un formaggio simil parmigiano stagionato a pasta dura. Si tratta di una specie di parmesan fatto dal presidente del Consorzio che dovrebbe invece proteggere l’unicità inimitabile del parmigiano reggiano. Scoppiano così il caos e le critiche. Lo statuto del consorzio (articolo 27), infatti, stabilisce che chi produce un formaggio similare deve decadere immediatamente dalla carica di consigliere, e quindi nel caso di Bertinelli (che produce l’incriminato formaggio a marchio Senza, perché privo di caglio animale) significherebbe decadenza automatica dalla presidenza. Il motivo è anche economico. I numeri dei consorziati sono positivi, vanno bene, (nel 2021 il bilancio preventivo è stato da record con 56 milioni di euro di ricavi) ma questa vicenda sta iniziando a pesare. Nelle negoziazioni della settimana dopo il servizio di Report il prezzo delle partite di parmigiano è sceso di ben 0,75 euro al chilo sulle migliori «matricole» ossia caseifici (ogni caseificio ha storicamente un numero di iscrizione al Consorzio che viene punzonato sulla forma a fuoco per tracciabilità).Dimissioni e fine della storia? Prima il comitato esecutivo, all’interno del quale si scopre siederebbero anche altri consiglieri produttori di formaggi similari (come riportato dal quotidiano Reggio Report), passa la patata ai sindaci revisori, che però decidono di non decidere, e lunedì il colpo di teatro con l’assoluzione con formula (semi) piena a opera del consiglio di amministrazione. Al termine di un consiglio durato dall’alba al tramonto, dopo ore di acceso dibattito, una breve nota comunica che Bertinelli, a proposito del formaggio prodotto dal suo caseificio, non avrebbe commesso alcuna violazione a norma di statuto. L’assoluzione è stata deliberata da un cda in cui oltre un terzo dei membri (13 per l’esattezza) si troverebbe nelle sue medesime condizioni, producendo formaggi simili al parmigiano ma estranei al disciplinare. Un consiglio di amministrazione diviso, dove è stata anche contestata la validità del voto e sono emerse nuove accuse su cui ora dovrà esprimersi il comitato esecutivo. Ma basterà per fare ordine e ritrovare la pace? Intanto Bertinelli, che è uscito dal consiglio di amministrazione scuro in volto, ha convocato una due giorni in una Spa a Varignana dove i consiglieri dovranno discutere delle modifiche al disciplinare (alcuni temono per allentarne le maglie sul similgrana). Il messaggino di convocazione di Bertinelli sulla chat dei consiglieri dice: «Siete pronti per il nostro conclave di Varignana?». E tra i soci c’è chi ha ironizzato, perché chi entra in conclave Papa spesso esce cardinale. Il caso del Consorzio del parmigiano reggiano non è l’unico a tenere banco in questi giorni. Diverse aziende del nostro settore agroalimentare, eccellenze del made in Italy, sono in grave difficoltà. È ormai sulla bocca di tutti il licenziamento di Francesca Amadori, appena 45 anni e ormai ex responsabile della comunicazione dello storico gruppo che vende pollame, un’azienda che fattura 1,2 miliardi. A licenziarla è stato il padre Flavio, attuale presidente, dopo 18 anni di lavoro nell’azienda di famiglia. Alla base dei dissidi ci sarebbe uno sforamento delle spese del budget per i festeggiamenti organizzati a Pesaro per il 50° anniversario del gruppo. Ma come ha spiegato ieri Francesco Berti, amministratore delegato del gruppo di Cesena noto per i suoi polli, al Corriere della Sera, ci sarebbe anche dell’altro. Da dicembre Francesca Amadori avrebbe smesso di lavorare senza dare spiegazioni anche se c’è chi le avrebbe chiesto chiarimenti. Il nonno novantenne, fondatore che già negli anni Sessanta litigava con il fratello, la difende e la protegge. Ma in azienda sono stati inflessibili. Tanto che secondo Berti non si può più parlare di una gestione familiare. È un punto dirimente, perché gran parte dei problemi nelle aziende agroalimentari italiani nascono proprio per i passaggi generazionali e anche per le modalità di approvvigionamento di materie prime. Come nel caso Ferrarini, altra azienda in crisi finanziaria in attesa della soluzione del concordato preventivo, o in quello della famiglia Pini, re della bresaola, alle prese con procedimenti giudiziari in Ungheria per evasione fiscale. A subirne le conseguenze è il nostro made in Italy - che si ritrova con realtà di eccellenza in difficoltà - ma anche lo Stato, cioè noi cittadini, che finanziamo il Consorzio del parmigiano, ma allo stesso tempo tramite Amco cerchiamo di salvare anche realtà in difficoltà come appunto Ferrarini.