2024-02-19
La civiltà è il pronto soccorso non il pronto decesso
In una lettera sul «Corriere», un cittadino chiede una legge che aiuti a morire chi è solo e stanco di vivere. Un grido di dolore che, però, dimentica che il compito dello Stato è curare. Altrimenti, uccidere i più fragili potrebbe divenire una conveniente prassi.«Ma è possibile non rendersi conto di quanti anziani sono stanchi e in attesa della vita eterna?». La lettera di Maurizio Bertipaglia è un pugno nello stomaco. Non so chi sia, dove viva, quanti anni abbia, quali siano le sue patologie, né so se abbia una moglie o dei figli, ma le parole che scrive sono un j’accuse che mi ha mandato di traverso il caffè della domenica mattina. Sarà per questo che il Corriere ha deciso di pubblicare il suo sfogo in ventunesima pagina, tra chi si lamenta della cronica mancanza di taxi e chi protesta perché la figlia è chiamata signorina invece di farmacista? Non lo so, tuttavia ieri ho letto le 30 righe a fondo pagina, immaginando il dolore e la disperazione di quel lettore che porta il mio stesso nome. «Non ho voluto io nascere, ma datemi almeno la libertà di poter scegliere quando mettere fine alla mia sofferenza! Non chiedo una vita dignitosa, ma è da due anni ormai che la mia non solo non è vita, ma nemmeno dignitosa. Oggi mi vergogno di essere italiano! Una persona maggiorenne può scegliere se vivere o sopravvivere… deve avere la libertà di decidere la soglia personale di vita dignitosa». La lettera di Maurizio è un fiume in piena di emozioni, da cui tracimano amarezza e disperazione. «Basta guardarsi intorno per accorgersi che siamo circondati da anziani tristi, che soffrono, e non si tratta solo di persone anziane, ma anche di giovani malati che passano più giorni in ospedale che a casa. La verità è che l’Italia dovrebbe rispettare la scelta di ogni singolo...». Immagino che Maurizio si sia spinto a scrivere una mail carica di sofferenza dopo le ultime polemiche sulle norme che riguardano il fine vita. In Veneto, Luca Zaia ha provato a far passare una misura che regolasse la questione, ma il Consiglio regionale lo ha stoppato. Stefano Bonaccini, in Emilia-Romagna, furbescamente ha invece varato una delibera senza metterla ai voti nel parlamentino regionale, per poter così sventolare il provvedimento in campagna elettorale. Infatti, sia destra che sinistra su questo tema sono spaccate. Una legge nazionale non esiste e quelle regionali sono di là da venire, tant’è che in Italia i pochi casi di persone che hanno richiesto di porre fine alla propria vita, escludendo i viaggi della morte che organizza Marco Cappato in Svizzera, sono stati decisi dalla magistratura. «Ma i politici non hanno nonne, zie, parenti, amici malati gravi che non ce la fanno più?», ha scritto Maurizio al Corriere. Io non sono un politico e dunque non rispondo per ministri e onorevoli, tuttavia ho avuto nonne, zie, parenti e amici cari che non ce l’hanno fatta: nessuno di loro però mi ha mai chiesto di aiutarlo a morire. Perché è questo che chiede Maurizio. Io non so se sono stato fortunato a non trovarmi mai davanti un familiare che mi domandasse di contribuire alla sua fine. Anzi, ogni volta che un parente o un amico ha chiesto il mio aiuto era perché voleva vivere, non perché intendesse morire più in fretta. Tutti loro si sono illusi e mi hanno illuso di riuscire a farcela: perché erano attaccati alla vita e volevano veder crescere i loro figli o i loro nipoti, o semplicemente ritenevano di avere ancora molto da fare, ancora tantissimi motivi per cui lottare. Erano anziani, ma anche giovani e nessuno di loro chiedeva un’iniezione che gli consentisse di chiudere gli occhi per sempre. Naturalmente, capisco il tormento di Maurizio. Ma ciò che lui chiede è uno Stato che, oltre alla pillola per curarti, ti dia anche quella per ammazzarti. Lui vorrebbe un servizio sanitario che salvasse le vite, ma somministrasse pure il fine vita: una mutua a cui rivolgersi, come per la Tac o la gastroscopia. «Non ho scelto io di venire al mondo», scrive, «datemi almeno la libertà di poter scegliere quando mettere fine alla mia sofferenza». Nessuno può impedire a qualcuno di mettere fine alla propria sofferenza, che sia fisica o psichica. Ma quello che Maurizio chiede non è la libertà di suicidarsi, che per quanto drammatica sia è una scelta che nessuno Stato o familiare può in definitiva impedire, né con la coercizione né con l’amore. Maurizio vuole che così come negli ospedali esiste un reparto di neonatologia, accanto al Pronto soccorso ci sia una specie di ufficio di pronto decesso a cui, come all’anagrafe si può iscrivere chi è venuto al mondo, si possa prenotare chi ha intenzione di congedarsi da questa vita.Lo so, esistono molti anziani tristi e malati, ma non credo che la soluzione sia quella di affrettarne il decesso inventando uno scivolo, come per la pensione. Credo che gli anziani tristi e malati vadano aiutati e curati, non ammazzati o invitati ad ammazzarsi. La nostra è una società che invecchia: le aspettative di vita crescono e i nuovi nati calano. È inevitabile che con l’avanzare degli anni molti uomini e donne rischino di rimanere soli, senza intorno l’affetto di una famiglia e senza il sostegno durante il periodo della malattia. Ma qual è la soluzione per questi anziani tristi? Spingerli verso l’eutanasia? A che scopo? Per far risparmiare quello Stato che hanno contribuito a rendere grande e moderno? Per evitare un affollamento nelle corsie degli ospedali o migliorare i conti dell’Inps? Oppure per togliere il disturbo a figli che hanno altro da fare e nessuna voglia di aiutarli? No, caro Maurizio, la legge sul fine vita è troppo pericolosa, perché lascia la decisione nelle mani di un burocrate, di un politico o anche solo di un familiare. Perché alla fine, questo avverrebbe e non sarebbero le persone malate o stanche a decidere, ma qualcun altro per loro, magari convincendoli che la morte è per il loro bene. Quanti anziani tristi, depressi o lungo degenti potrebbero così essere spinti verso la soluzione finale, per interesse o semplicemente per prassi? Abbiamo visto che esistono governi che in nome della Salute pubblica sono pronti a sacrificare il principio della libertà di cura, figuratevi in che conto terrebbero il diritto alla libertà di vivere una vita fino in fondo. Uno Stato che si arroga la decisione di curarti e vaccinarti contro il tuo parere, domani potrebbe arrogarsi il diritto ad ammazzarti con il consenso informato, perché - come abbiamo già visto in altri Paesi - ritiene che la tua vita non sia degna di essere vissuta. Lei dice di vergognarsi di essere italiano, aggiungendo di volere una legge che trasformi l’Italia in un Paese evoluto, maturo e rispettoso. Io invece sono orgoglioso di essere italiano, proprio perché penso che una democrazia che si definisca tale debba essere evoluta, matura e rispettosa nei confronti della vita, senza trasformarsi in una dispensatrice di iniezioni letali.
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)