2020-08-27
La campagna d’odio dei «buoni» sbaglia mira
Flavio Briatore è stato ricoverato per un'altra patologia. È risultato positivo e asintomatico come migliaia di italiani. Ma un assessore Pd parla di «giustizia divina» e la palude mediatica e social si accoda. Perché per la Polizia del karma la malattia è colpa e punizione.Il premio Partigiano del giorno è di Claudio Mazzanti, assessore pd alla mobilità del Comune di Bologna, che non ce la fa proprio a non scrivere su Facebook: «Briatore? Al mondo c'è una giustizia divina, ora farà meno lo sbruffone». Ci si sente in montagna, sono eroismi che non si dimenticano, l'ultima salsiccia della grigliata sarà certamente sua. Mentre a sinistra non si spengono i bagliori dell'eroica battaglia culturale a favore del virus cinese (unica divinità riconosciuta dal Pd dopo Goffredo Bettini e Beppe Grillo), all'ospedale San Raffaele di Milano si chiariscono gli scenari clinici di Flavio Briatore e si mettono punti fermi alle illazioni galoppanti delle ultime 48 ore.Il manager non è stato ricoverato per Covid ed è un soggetto asintomatico come migliaia di italiani. Lo spiega un comunicato dell'ospedale: «Briatore si è rivolto al San Raffaele per una specifica patologia diversa dal coronavirus ed è stato sottoposto prima del ricovero, come tutti i pazienti, al tampone rinofaringeo. Il tampone è risultato positivo». Settant'anni, con alle spalle un tumore, aveva necessità di sottoporsi a un accurato controllo specialistico. L'ospedale è stato costretto a puntualizzare anche un'altra memorabile topica mediatica, quella relativa all'indignazione perché «non è stato ricoverato nel reparto Covid ma in quello solventi», secondo la nota formula bertinottian-grillina dell'anche i ricchi piangono. I dottori spiegano che non c'è stata nessuna anomalia. «Al signor Briatore è stato applicato il protocollo standard», scrivono il medico curante Giulio Melisurgo e il direttore Professioni sanitarie Pasqualino D'Aloia. «Il protocollo prevede l'isolamento e l'utilizzo dei dispositivi di protezione individuale necessari in caso di positività, sia per la sicurezza del paziente, sia per la tutela del personale di reparto e degli altri pazienti ricoverati». L'ospedale ribadisce che «la modalità di ricovero applicata risponde a tutti i requisiti di sicurezza necessari nel rispetto delle norme anticontagio» e che «il paziente ha trascorso una notte tranquilla».Notizia che era stata già divulgata dall'infermiera di notte del paziente, Selvaggia Lucarelli, premurosa nel comunicare al mondo che Briatore aveva postato e poi rimosso da Instagram un selfie per far sapere di non essere il moribondo descritto dall'Espresso. Ma poiché lo ha fatto con la mascherina abbassata, si è meritato il sarcastico commento: «Non sbaglia un colpo, non c'è che dire». E di colpi sbagliati, la signora che a marzo ingurgitava involtini primavera incurante del girovita, evidentemente se ne intende.Così il mistero Briatore si chiarisce, lasciando dietro di sé una certezza e un olezzo. La certezza è che il Billionaire, a fronte dei 63 contagiati, era veramente da chiudere perché non garantiva la sicurezza sanitaria di dipendenti e avventori. L'olezzo è quello che emana dalla palude mediatica e social, ancora una volta teatro dell'odio dei cosiddetti buoni, coloro che da sinistra chiedono di «restare umani». Ma regolarmente, in nome del pensiero unico, si arrogano il diritto di criminalizzare e di manganellare chi non si allinea. L'arcangelo Mazzanti ne ha fatta una questione di «giustizia divina», quindi riecco la malattia come colpa e punizione, come stigma sociale. Una posizione squallida, degradante per chi la sostiene. Qualcosa che oggi somiglia all'alluvione come punizione per i veronesi e ieri somigliava agli uragani americani come contrappasso delle politiche di George W Bush. Identico disgusto, ma almeno Vittorio Zucconi scriveva bene.Briatore ha pagato per un'opinione politicamente scorretta, avanti il prossimo. Nell'autunno dell'Italia, nuova Gotham City del pensiero grigio, domina la polizia del karma. Quando i Radiohead presentarono la canzone Karma Police 23 anni fa («Polizia del karma/ arresta quest'uomo/ parla in matematico/ ronza come un frigorifero») probabilmente non immaginavano che il controllo sociale e politico potessero diventare così feroci da sbranare un uomo malato - e, colpa massima, ricco - per le sue convinzioni non in linea con il karma governativo. In questo contesto ogni parola è funzionale alla demonizzazione dell'altro; anche il termine «negazionista» (altrimenti tabù perché direttamente connesso all'Olocausto) diventa perfetto. Da usare per zittire lo scettico come un candelotto di dinamite con la miccia corta.Se n'è accorta Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma, che all'ennesimo starnazzamento collettivo contro il professor Alberto Zangrillo o lo stesso Briatore, è intervenuta per ricordare - tra l'altro a chi va citando Liliana Segre a pranzo e a cena - un semplice concetto: «Faccio un appello a partiti politici e giornali. Negazionismo, lager e campi di concentramento usiamoli per indicare il concetto originario per cui sono destinati. Altrimenti si relativizza la memoria e si svilisce la Storia». Alla polizia del karma non interessa, deve solo picchiare duro (a fin di bene).