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2019-05-23
La Bugno rientra dalle vacanze e mette le mani su Alitalia e nomine
Ansa
Mentre il governo gialloblù prende la mira per scagliare le reciproche frecce pre elettorali e i due partiti di maggioranza si impuntano sui rispettivi decreti bandiera, il ministero dell'Economia è in fase di riassesto. Tensioni interne per competenze e incarichi fuori ruolo. Nel mirino resta Claudia Bugno, la super consigliera di Giovanni Tria che in pochi mesi ha scalato i gradini di Via XX Settembre. Dopo le inchieste portate avanti dalla Verità, che hanno portato anche alla rinuncia dell'incarico in Stm e al congelamento della poltrona all'Agenzia spaziale italiana, la Bugno è rientrata a tutti gli effetti al lavoro. E sulla sua scrivania sono finiti due importanti dossier. Anzi decisivi.
Il primo è quello di Alitalia. I bene informati spiegano che la consulente di Tria è riuscita ad accentrare l'intera pratica, bypassando anche i suoi superiori. La stessa Bugno resta ferma sull'idea che il partner ideale resta Lufthansa. Nessun'altra compagnia potrebbe meglio di quella tedesca riuscire a gestire il rilancio dell'ex monopolista italiana. Peccato che Berlino resta ferma nell'idea che i tagli di personale debbano essere sostanziali e Luigi Di Maio e Danilo Toninelli si infilerebbero da soli in un cul de sac con il solo rischio garantito di perdere voti. Per il resto, il collo di bottiglia della Bugno sembra rendere difficile anche la trattativa con Giovanni Castellucci, l'uomo dei Benetton che sta cercando di far pesare il più possibile ai grillini la propria partecipazione in Alitalia. Se Atlantia versasse 300 milioni di euro, in cambio vorrebbe una riabilitazione piena per il crollo del ponte Morandi. Gestire però un dossier così complicato da soli non sembra facilitare le tempistiche. Peccato che il 15 giugno scadrà l'ennesimo rinvio per presentare a Fs le offerte vincolanti e bucare anche questa scadenza rischia di azzerare le possibilità di nuovi road show per investitori esteri.
Sulla scrivania della Bugno c'è anche un secondo faldone bollente che porta il nome di Antonio Turicchi. Il suo contratto da dirigente del Mef è scaduto lo scorso 30 aprile. Il dirigente generale ha le deleghe per le partecipate. Sempre la Bugno avrebbe l'idea di prendere l'incarico del dirigente di nomina piddina e al contempo di garantire l'insediamento di quest'ultimo in Ansaldo, ricoprendo la figura di presidente, ma con deleghe da amministratore delegato. Per evitare l'ennesimo cedimento di Tria sulla Bugno sarebbe intervenuto Alessandro Rivera, direttore generale del Mef. Stando a quanto riportato dal Fatto Quotidiano, Rivera avrebbe detto a Tria : «Nessuna promozione altrimenti mi dimetto». Sarebbe bastato il niet del dirigente del Mef più apprezzato da Giuseppe Guzzetti a far rientrare il tentativo, ma restano ancora due poltrone da sistemare. Una è nel cda di Leonardo, l'altra in Mps. E tutte e due a breve dovranno essere liberate da Turicchi. Due incarichi ambitissimi che come sempre saranno assegnati con il beneplacito del Quirinale.
Diversa invece è la partita in atto nel comparto sicurezza, dove si segnala particolare agitazione sull'asse Aise e Aisi, i nostri servizi segreti esteri e interni, coordinati dal Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) di Giampiero Vecchione.
Da settimane si rincorrono voci su una possibile rivoluzione ai vertici delle agenzie, anche per la situazione sempre più difficile dell'esecutivo, in attesa delle elezioni europee di domenica. Del resto la maggior parte delle nomine nei nostri servizi segreti sono dei precedenti governi di centrosinistra e anche qui negli ultimi mesi sono emerse criticità tra l'esecutivo e la nostra intelligence. Ma le voci fino a questo momento sono rimaste solo voci. E gli stravolgimenti circolati nei corridoi di Forte Braschi e Palazzo Chigi si sono fermati alle ipotesi.
In queste ore a fare rumore è soprattutto la vicenda Exodus, un software spia utilizzato da forze di polizia, intelligence e Procure per le intercettazioni, che avrebbe consentito di carpire in maniera illecita i dati di centinaia di utenti che non avevano nulla a che fare con inchieste e procedimenti penali: ieri la Procura di Napoli, che indaga, ha effettuato due arresti. Ma è solo uno dei tanti motivi di tensione.
La stessa nomina di Giuseppe Zafarana a capo della guardia di finanza, al posto di Giorgio Toschi, ha creato qualche mal di pancia che continua a trascinarsi. Ieri, dopo l'incontro tra il premier, Giuseppe Conte, e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si sarebbero dovute sbloccare le nomine di due vice dell'Aisi e dell'Aise. I nomi che circolano da giorni, sono quelli di Luigi Della Volpe e Angelo Agovino. Queste nomine dovevano già essere fatte lunedì scorso, ma si è preso altro tempo. Ieri non c'è stata alcuna comunicazione ufficiale. Domenica forse cambierà qualcosa.
La grana hacker al figliastro di Tria
Sono al lavoro da due settimane gli esperti della polizia postale e gli 007 del Cnaipic (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche) per rintracciare gli autori dell'attacco hacker che tra il 6 e il 7 maggio scorso ha «bucato» il server Visura che custodisce e gestisce le mail degli avvocati di Roma e di numerosi altri distretti giudiziari. Un'intrusione firmata dal collettivo Anonymous con questa rivendicazione: «Vogliamo ricordare i vecchi amici Aken e Otherwise arrestati nel maggio 2015. Non avete capito che Anonymous non ha leader? Arrestati due ne nascono altri cento».
L'indagine della Procura di Roma è partita dopo gli esposti di alcuni legali che si sono visti pubblicare, online, i contenuti delle loro caselle Pec (posta elettronica certificata). Tra i 30.000 professionisti «derubati» c'è anche Virginia Raggi, il sindaco della capitale, a cui i «pirati informatici» hanno riservato un trattamento assai più lesivo, andando letteralmente a scavare tra le centinaia di messaggi ricevuti in questi anni e «pescando» quelli politicamente più imbarazzanti. Come i solleciti, provenienti dall'Ordine forense, di regolarizzare il pagamento dell'iscrizione per gli anni 2017 e 2018 (290 euro) o, ancora, le proposte di collaborazione con il governo cittadino grillino provenienti da «storici simpatizzanti» del Movimento. Più che una casella della posta, una cassetta dei desideri in cui imbucare una lettera virtuale con la speranza di poter entrare nel cerchio magico di Palazzo Senatorio. Tra le mail rese pubbliche c'è anche quella di una donna che invia il curriculum del marito per un incarico.
Il materiale trafugato è ancora reperibile in Rete con tutte le implicazioni giudiziarie che ne derivano. Le caselle sono rimaste inaccessibili per un giorno dopo l'attacco hacker, mentre la società fornitrice del servizio provvedeva al ripristino e alla «fortificazione» di più spesse mura di difesa virtuali. Visura Spa è una controllata (60 per cento) di Tinexta, società di cui è consigliere e amministratore Pier Andrea Chevallard che di Visura è anche presidente. In Tinexta, come ricorderanno i lettori della Verità, lavora da qualche tempo il figliastro del ministro dell'Economia Giovanni Tria, Niccolò Ciapetti. Di Tria è superconsulente invece la compagna di Chevallard, Claudia Bugno. Un «triangolo» lavorativo che, nei mesi scorsi, ha creato non pochi impacci al super ministro che ha dovuto abbandonare, per il fuoco di fila scatenato dai grillini, il proposito di «promuovere» la Bugno prima nel board della St-Microeletronics, colosso dell'informatica italo-francese, e poi nel consiglio di amministrazione dell'Agenzia spaziale italiana. Lasciandola, infine, nel ruolo di consigliera del ministero dell'Economia, ma con un «portafogli competenze» assai ricco e con piena libertà di movimento.
Nel curriculum di Claudia Bugno c'è anche una stagione come consigliere di amministrazione in banca Etruria dal febbraio 2013 al febbraio 2015 con un compenso di 115.000 euro. In quel periodo, l'intraprendente manager ha conosciuto anche Pier Luigi Boschi, papà dell'ex ministro Maria Elena. Nel marzo dell'anno successivo, la Banca d'Italia multerà sia la Bugno (121.000 euro) sia la Boschi senior (130.000) per «carenze nel governo, nella gestione e nel controllo dei rischi» dell'istituto di credito toscano. Dove, sempre nel 2013, la Infocert - altra azienda di cui è consigliere Chevallard, il compagno della Bugno - aveva investito la «liquidità eccedente». Esperienze non certo coronate dal successo che, nel cv della donna, pubblicato online sul sito del ministero dell'Economia, sono state cancellate.
Simone Di Meo
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La superconsigliera, sempre più forte al Mef, sta creando scompiglio. Per la compagnia aerea di bandiera punta tutto su Lufthansa. E si allarga anche sulle partecipate. Nuova tornata di incarichi nei servizi segreti.L'attacco di Anonymous a 30.000 avvocati, Raggi compresa, coinvolge la Tinexta. La società del compagno del consigliere di Giovanni Tria, che aveva assunto il giovane Niccolò Ciapetti.Lo speciale contiene due articoliMentre il governo gialloblù prende la mira per scagliare le reciproche frecce pre elettorali e i due partiti di maggioranza si impuntano sui rispettivi decreti bandiera, il ministero dell'Economia è in fase di riassesto. Tensioni interne per competenze e incarichi fuori ruolo. Nel mirino resta Claudia Bugno, la super consigliera di Giovanni Tria che in pochi mesi ha scalato i gradini di Via XX Settembre. Dopo le inchieste portate avanti dalla Verità, che hanno portato anche alla rinuncia dell'incarico in Stm e al congelamento della poltrona all'Agenzia spaziale italiana, la Bugno è rientrata a tutti gli effetti al lavoro. E sulla sua scrivania sono finiti due importanti dossier. Anzi decisivi. Il primo è quello di Alitalia. I bene informati spiegano che la consulente di Tria è riuscita ad accentrare l'intera pratica, bypassando anche i suoi superiori. La stessa Bugno resta ferma sull'idea che il partner ideale resta Lufthansa. Nessun'altra compagnia potrebbe meglio di quella tedesca riuscire a gestire il rilancio dell'ex monopolista italiana. Peccato che Berlino resta ferma nell'idea che i tagli di personale debbano essere sostanziali e Luigi Di Maio e Danilo Toninelli si infilerebbero da soli in un cul de sac con il solo rischio garantito di perdere voti. Per il resto, il collo di bottiglia della Bugno sembra rendere difficile anche la trattativa con Giovanni Castellucci, l'uomo dei Benetton che sta cercando di far pesare il più possibile ai grillini la propria partecipazione in Alitalia. Se Atlantia versasse 300 milioni di euro, in cambio vorrebbe una riabilitazione piena per il crollo del ponte Morandi. Gestire però un dossier così complicato da soli non sembra facilitare le tempistiche. Peccato che il 15 giugno scadrà l'ennesimo rinvio per presentare a Fs le offerte vincolanti e bucare anche questa scadenza rischia di azzerare le possibilità di nuovi road show per investitori esteri. Sulla scrivania della Bugno c'è anche un secondo faldone bollente che porta il nome di Antonio Turicchi. Il suo contratto da dirigente del Mef è scaduto lo scorso 30 aprile. Il dirigente generale ha le deleghe per le partecipate. Sempre la Bugno avrebbe l'idea di prendere l'incarico del dirigente di nomina piddina e al contempo di garantire l'insediamento di quest'ultimo in Ansaldo, ricoprendo la figura di presidente, ma con deleghe da amministratore delegato. Per evitare l'ennesimo cedimento di Tria sulla Bugno sarebbe intervenuto Alessandro Rivera, direttore generale del Mef. Stando a quanto riportato dal Fatto Quotidiano, Rivera avrebbe detto a Tria : «Nessuna promozione altrimenti mi dimetto». Sarebbe bastato il niet del dirigente del Mef più apprezzato da Giuseppe Guzzetti a far rientrare il tentativo, ma restano ancora due poltrone da sistemare. Una è nel cda di Leonardo, l'altra in Mps. E tutte e due a breve dovranno essere liberate da Turicchi. Due incarichi ambitissimi che come sempre saranno assegnati con il beneplacito del Quirinale. Diversa invece è la partita in atto nel comparto sicurezza, dove si segnala particolare agitazione sull'asse Aise e Aisi, i nostri servizi segreti esteri e interni, coordinati dal Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza) di Giampiero Vecchione. Da settimane si rincorrono voci su una possibile rivoluzione ai vertici delle agenzie, anche per la situazione sempre più difficile dell'esecutivo, in attesa delle elezioni europee di domenica. Del resto la maggior parte delle nomine nei nostri servizi segreti sono dei precedenti governi di centrosinistra e anche qui negli ultimi mesi sono emerse criticità tra l'esecutivo e la nostra intelligence. Ma le voci fino a questo momento sono rimaste solo voci. E gli stravolgimenti circolati nei corridoi di Forte Braschi e Palazzo Chigi si sono fermati alle ipotesi. In queste ore a fare rumore è soprattutto la vicenda Exodus, un software spia utilizzato da forze di polizia, intelligence e Procure per le intercettazioni, che avrebbe consentito di carpire in maniera illecita i dati di centinaia di utenti che non avevano nulla a che fare con inchieste e procedimenti penali: ieri la Procura di Napoli, che indaga, ha effettuato due arresti. Ma è solo uno dei tanti motivi di tensione. La stessa nomina di Giuseppe Zafarana a capo della guardia di finanza, al posto di Giorgio Toschi, ha creato qualche mal di pancia che continua a trascinarsi. Ieri, dopo l'incontro tra il premier, Giuseppe Conte, e il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si sarebbero dovute sbloccare le nomine di due vice dell'Aisi e dell'Aise. I nomi che circolano da giorni, sono quelli di Luigi Della Volpe e Angelo Agovino. Queste nomine dovevano già essere fatte lunedì scorso, ma si è preso altro tempo. Ieri non c'è stata alcuna comunicazione ufficiale. Domenica forse cambierà qualcosa.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/la-bugno-rientra-dalle-vacanze-e-mette-le-mani-su-alitalia-e-nomine-2637811345.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-grana-hacker-al-figliastro-di-tria" data-post-id="2637811345" data-published-at="1765402255" data-use-pagination="False"> La grana hacker al figliastro di Tria Sono al lavoro da due settimane gli esperti della polizia postale e gli 007 del Cnaipic (Centro nazionale anticrimine informatico per la protezione delle infrastrutture critiche) per rintracciare gli autori dell'attacco hacker che tra il 6 e il 7 maggio scorso ha «bucato» il server Visura che custodisce e gestisce le mail degli avvocati di Roma e di numerosi altri distretti giudiziari. Un'intrusione firmata dal collettivo Anonymous con questa rivendicazione: «Vogliamo ricordare i vecchi amici Aken e Otherwise arrestati nel maggio 2015. Non avete capito che Anonymous non ha leader? Arrestati due ne nascono altri cento». L'indagine della Procura di Roma è partita dopo gli esposti di alcuni legali che si sono visti pubblicare, online, i contenuti delle loro caselle Pec (posta elettronica certificata). Tra i 30.000 professionisti «derubati» c'è anche Virginia Raggi, il sindaco della capitale, a cui i «pirati informatici» hanno riservato un trattamento assai più lesivo, andando letteralmente a scavare tra le centinaia di messaggi ricevuti in questi anni e «pescando» quelli politicamente più imbarazzanti. Come i solleciti, provenienti dall'Ordine forense, di regolarizzare il pagamento dell'iscrizione per gli anni 2017 e 2018 (290 euro) o, ancora, le proposte di collaborazione con il governo cittadino grillino provenienti da «storici simpatizzanti» del Movimento. Più che una casella della posta, una cassetta dei desideri in cui imbucare una lettera virtuale con la speranza di poter entrare nel cerchio magico di Palazzo Senatorio. Tra le mail rese pubbliche c'è anche quella di una donna che invia il curriculum del marito per un incarico. Il materiale trafugato è ancora reperibile in Rete con tutte le implicazioni giudiziarie che ne derivano. Le caselle sono rimaste inaccessibili per un giorno dopo l'attacco hacker, mentre la società fornitrice del servizio provvedeva al ripristino e alla «fortificazione» di più spesse mura di difesa virtuali. Visura Spa è una controllata (60 per cento) di Tinexta, società di cui è consigliere e amministratore Pier Andrea Chevallard che di Visura è anche presidente. In Tinexta, come ricorderanno i lettori della Verità, lavora da qualche tempo il figliastro del ministro dell'Economia Giovanni Tria, Niccolò Ciapetti. Di Tria è superconsulente invece la compagna di Chevallard, Claudia Bugno. Un «triangolo» lavorativo che, nei mesi scorsi, ha creato non pochi impacci al super ministro che ha dovuto abbandonare, per il fuoco di fila scatenato dai grillini, il proposito di «promuovere» la Bugno prima nel board della St-Microeletronics, colosso dell'informatica italo-francese, e poi nel consiglio di amministrazione dell'Agenzia spaziale italiana. Lasciandola, infine, nel ruolo di consigliera del ministero dell'Economia, ma con un «portafogli competenze» assai ricco e con piena libertà di movimento. Nel curriculum di Claudia Bugno c'è anche una stagione come consigliere di amministrazione in banca Etruria dal febbraio 2013 al febbraio 2015 con un compenso di 115.000 euro. In quel periodo, l'intraprendente manager ha conosciuto anche Pier Luigi Boschi, papà dell'ex ministro Maria Elena. Nel marzo dell'anno successivo, la Banca d'Italia multerà sia la Bugno (121.000 euro) sia la Boschi senior (130.000) per «carenze nel governo, nella gestione e nel controllo dei rischi» dell'istituto di credito toscano. Dove, sempre nel 2013, la Infocert - altra azienda di cui è consigliere Chevallard, il compagno della Bugno - aveva investito la «liquidità eccedente». Esperienze non certo coronate dal successo che, nel cv della donna, pubblicato online sul sito del ministero dell'Economia, sono state cancellate. Simone Di Meo
Da sinistra: Bruno Migale, Ezio Simonelli, Vittorio Pisani, Luigi De Siervo, Diego Parente e Maurizio Improta
Questa mattina la Lega Serie A ha ricevuto il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, insieme ad altri vertici della Polizia, per un incontro dedicato alla sicurezza negli stadi e alla gestione dell’ordine pubblico. Obiettivo comune: sviluppare strumenti e iniziative per un calcio più sicuro, inclusivo e rispettoso.
Oggi, negli uffici milanesi della Lega Calcio Serie A, il mondo del calcio professionistico ha ospitato le istituzioni di pubblica sicurezza per un confronto diretto e costruttivo.
Il capo della Polizia, prefetto Vittorio Pisani, accompagnato da alcune delle figure chiave del dipartimento - il questore di Milano Bruno Migale, il dirigente generale di P.S. prefetto Diego Parente e il presidente dell’Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive Maurizio Improta - ha incontrato i vertici della Lega, guidati dal presidente Ezio Simonelli, dall’amministratore delegato Luigi De Siervo e dall’head of competitions Andrea Butti.
Al centro dell’incontro, durato circa un’ora, temi di grande rilevanza per il calcio italiano: la sicurezza negli stadi e la gestione dell’ordine pubblico durante le partite di Serie A. Secondo quanto emerso, si è trattato di un momento di dialogo concreto, volto a rafforzare la collaborazione tra istituzioni e club, con l’obiettivo di rendere le competizioni sportive sempre più sicure per tifosi, giocatori e operatori.
Il confronto ha permesso di condividere esperienze, criticità e prospettive future, aprendo la strada a un percorso comune per sviluppare strumenti e iniziative capaci di garantire un ambiente rispettoso e inclusivo. La volontà di entrambe le parti è chiara: non solo prevenire episodi di violenza o disordine, ma anche favorire la cultura del rispetto, elemento indispensabile per la crescita del calcio italiano e per la tutela dei tifosi.
«L’incontro di oggi rappresenta un passo importante nella collaborazione tra Lega e Forze dell’Ordine», si sottolinea nella nota ufficiale diffusa al termine della visita dalla Lega Serie A. L’intenzione condivisa è quella di creare un dialogo costante, capace di tradursi in azioni concrete, procedure aggiornate e interventi mirati negli stadi di tutta Italia.
In un contesto sportivo sempre più complesso, dove la passione dei tifosi può trasformarsi rapidamente in tensione, il dialogo tra Lega e Polizia appare strategico. La sfida, spiegano i partecipanti, è costruire una rete di sicurezza che sia preventiva, reattiva e sostenibile, tutelando chi partecipa agli eventi senza compromettere l’atmosfera che caratterizza il calcio italiano.
L’appuntamento di Milano conferma come la sicurezza negli stadi non sia solo un tema operativo, ma un valore condiviso: la Serie A e le forze dell’ordine intendono camminare insieme, passo dopo passo, verso un calcio sempre più sicuro, inclusivo e rispettoso.
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Due bambini svaniti nel nulla. Mamma e papà non hanno potuto fargli neppure gli auguri di compleanno, qualche giorno fa, quando i due fratellini hanno compiuto 5 e 9 anni in comunità. Eppure una telefonata non si nega neanche al peggior delinquente. Dunque perché a questi genitori viene negato il diritto di vedere e sentire i loro figli? Qual è la grave colpa che avrebbero commesso visto che i bimbi stavano bene?
Un allontanamento che oggi mostra troppi lati oscuri. A partire dal modo in cui quel 16 ottobre i bimbi sono stati portati via con la forza, tra le urla strazianti. Alle ore 11.10, come denunciano le telecamere di sorveglianza della casa, i genitori vengono attirati fuori al cancello da due carabinieri. Alle 11.29 spuntano dal bosco una decina di agenti, armati di tutto punto e col giubbotto antiproiettile. E mentre gridano «Pigliali, pigliali tutti!» fanno irruzione nella casa, dove si trovano, da soli, i bambini. I due fratellini vengono portati fuori dagli agenti, il più piccolo messo a sedere, sulle scale, col pigiamino e senza scarpe. E solo quindici minuti dopo, alle 11,43, come registrano le telecamere, arrivano le assistenti sociali che portano via i bambini tra le urla disperate.
Una procedura al di fuori di ogni regola. Che però ottiene l’appoggio della giudice Nadia Todeschini, del Tribunale dei minori di Firenze. Come riferisce un ispettore ripreso dalle telecamere di sorveglianza della casa: «Ho telefonato alla giudice e le ho detto: “Dottoressa, l’operazione è andata bene. I bambini sono con i carabinieri. E adesso sono arrivati gli assistenti sociali”. E la giudice ha risposto: “Non so come ringraziarvi!”».
Dunque, chi ha dato l’ordine di agire in questo modo? E che trauma è stato inferto a questi bambini? Giriamo la domanda a Marina Terragni, Garante per l’infanzia e l’adolescenza. «Per la nostra Costituzione un bambino non può essere prelevato con la forza», conferma, «per di più se non è in borghese. Ci sono delle sentenze della Cassazione. Queste modalità non sono conformi allo Stato di diritto. Se il bambino non vuole andare, i servizi sociali si debbono fermare. Purtroppo ci stiamo abituando a qualcosa che è fuori legge».
Proviamo a chiedere spiegazioni ai servizi sociali dell’unione Montana dei comuni Valtiberina, ma l’accoglienza non è delle migliori. Prima minacciano di chiamare i carabinieri. Poi, la più giovane ci chiude la porta in faccia con un calcio. È Veronica Savignani, che quella mattina, come mostrano le telecamere, afferra il bimbo come un pacco. E mentre lui scalcia e grida disperato - «Aiuto! Lasciatemi andare» - lei lo rimprovera: «Ma perché urli?». Dopo un po’ i toni cambiano. Esce a parlarci Sara Spaterna. C’era anche lei quel giorno, con la collega Roberta Agostini, per portare via i bambini. Ma l’unica cosa di cui si preoccupa è che «è stata rovinata la sua immagine». E alle nostre domande ripete come una cantilena: «Non posso rispondere». Anche la responsabile dei servizi, Francesca Meazzini, contattata al telefono, si trincera dietro un «non posso dirle nulla».
Al Tribunale dei Minoridi Firenze, invece, parte lo scarica barile. La presidente, Silvia Chiarantini, dice che «l’allontanamento è avvenuto secondo le regole di legge». E ci conferma che i genitori possono vedere i figli in incontri protetti. E allora perché da due mesi a mamma e papà non è stata concessa neppure una telefonata? E chi pagherà per il trauma fatto a questi bambini?
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Il premier: «Il governo ci ha creduto fin dall’inizio, impulso decisivo per nuovi traguardi».
«Il governo ha creduto fin dall’inizio in questa sfida e ha fatto la sua parte per raggiungere questo traguardo. Ringrazio i ministri Lollobrigida e Giuli che hanno seguito il dossier, ma è stata una partita che non abbiamo giocato da soli: abbiamo vinto questa sfida insieme al popolo italiano. Questo riconoscimento imprimerà al sistema Italia un impulso decisivo per raggiungere nuovi traguardi».
Lo ha detto la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio celebrando l’entrata della cucina italiana nei patrimoni culturali immateriali dell’umanità. È la prima cucina al mondo a essere riconosciuta nella sua interezza. A deliberarlo, all’unanimità, è stato il Comitato intergovernativo dell’Unesco, riunito a New Delhi, in India.
Ansa
I vaccini a Rna messaggero contro il Covid favoriscono e velocizzano, se a dosi ripetute, la crescita di piccoli tumori già presenti nell’organismo e velocizzano la crescita di metastasi. È quanto emerge dalla letteratura scientifica e, in particolare, dagli esperimenti fatti in vitro sulle cellule e quelli sui topi, così come viene esposto nello studio pubblicato lo scorso 2 dicembre sulla rivista Mdpi da Ciro Isidoro, biologo, medico, patologo e oncologo sperimentale, nonché professore ordinario di patologia generale all’Università del Piemonte orientale di Novara. Lo studio è una review, ovvero una sintesi critica dei lavori scientifici pubblicati finora sull’argomento, e le conclusioni a cui arriva sono assai preoccupanti. Dai dati scientifici emerge che sia il vaccino a mRna contro il Covid sia lo stesso virus possono favorire la crescita di tumori e metastasi già esistenti. Inoltre, alla luce dei dati clinici a disposizione, emerge sempre più chiaramente che a questo rischio di tumori e metastasi «accelerati» appaiono più esposti i vaccinati con più dosi. Fa notare Isidoro: «Proprio a causa delle ripetute vaccinazioni i vaccinati sono più soggetti a contagiarsi e dunque - sebbene sia vero che il vaccino li protegge, ma temporaneamente, dal Covid grave - queste persone si ritrovano nella condizione di poter subire contemporaneamente i rischi oncologici provocati da vaccino e virus naturale messi insieme».
Sono diversi i meccanismi cellulari attraverso cui il vaccino può velocizzare l’andamento del cancro analizzati negli studi citati nella review di Isidoro, intitolata «Sars-Cov2 e vaccini anti-Covid-19 a mRna: Esiste un plausibile legame meccanicistico con il cancro?». Tra questi studi, alcuni rilevano che, in conseguenza della vaccinazione anti-Covid a mRna - e anche in conseguenza del Covid -, «si riduce Ace 2», enzima convertitore di una molecola chiamata angiotensina II, favorendo il permanere di questa molecola che favorisce a sua volta la proliferazione dei tumori. Altri dati analizzati nella review dimostrano inoltre che sia il virus che i vaccini di nuova generazione portano ad attivazione di geni e dunque all’attivazione di cellule tumorali. Altri dati ancora mostrano come sia il virus che il vaccino inibiscano l’espressione di proteine che proteggono dalle mutazioni del Dna.
Insomma, il vaccino anti-Covid, così come il virus, interferisce nei meccanismi cellulari di protezione dal cancro esponendo a maggiori rischi chi ha già una predisposizione genetica alla formazione di cellule tumorali e i malati oncologici con tumori dormienti, spiega Isidoro, facendo notare come i vaccinati con tre o più dosi si sono rivelati più esposti al contagio «perché il sistema immunitario in qualche modo viene ingannato e si adatta alla spike e dunque rende queste persone più suscettibili ad infettarsi».
Nella review anche alcune conferme agli esperimenti in vitro che arrivano dal mondo reale, come uno studio retrospettivo basato su un’ampia coorte di individui non vaccinati (595.007) e vaccinati (2.380.028) a Seul, che ha rilevato un’associazione tra vaccinazione e aumento del rischio di cancro alla tiroide, allo stomaco, al colon-retto, al polmone, al seno e alla prostata. «Questi dati se considerati nel loro insieme», spiega Isidoro, «convergono alla stessa conclusione: dovrebbero suscitare sospetti e stimolare una discussione nella comunità scientifica».
D’altra parte, anche Katalin Karikó, la biochimica vincitrice nel 2023 del Nobel per la Medicina proprio in virtù dei suoi studi sull’Rna applicati ai vaccini anti Covid, aveva parlato di questi possibili effetti collaterali di «acceleratore di tumori già esistenti». In particolare, in un’intervista rilasciata a Die Welt lo scorso gennaio, la ricercatrice ungherese aveva riferito della conversazione con una donna sulla quale, due giorni dopo l’inoculazione, era comparso «un grosso nodulo al seno». La signora aveva attribuito l’insorgenza del cancro al vaccino, mentre la scienziata lo escludeva ma tuttavia forniva una spiegazione del fenomeno: «Il cancro c’era già», spiegava Karikó, «e la vaccinazione ha dato una spinta in più al sistema immunitario, così che le cellule di difesa immunitaria si sono precipitate in gran numero sul nemico», sostenendo, infine, che il vaccino avrebbe consentito alla malcapitata di «scoprire più velocemente il cancro», affermazione che ha lasciato e ancor di più oggi lascia - alla luce di questo studio di Isidoro - irrisolti tanti interrogativi, soprattutto di fronte all’incremento in numero dei cosiddetti turbo-cancri e alla riattivazione di metastasi in malati oncologici, tutti eventi che si sono manifestati post vaccinazione anti- Covid e non hanno trovato altro tipo di plausibilità biologica diversa da una possibile correlazione con i preparati a mRna.
«Marginale il gabinetto di Speranza»
Mentre eravamo chiusi in casa durante il lockdown, il più lungo di tutti i Paesi occidentali, ognuno di noi era certo in cuor suo che i decisori che apparecchiavano ogni giorno alle 18 il tragico rito della lettura dei contagi e dei decessi sapessero ciò che stavano facendo. In realtà, al netto di un accettabile margine di impreparazione vista l’emergenza del tutto nuova, nelle tante stanze dei bottoni che il governo Pd-M5S di allora, guidato da Giuseppe Conte, aveva istituito, andavano tutti in ordine sparso. E l’audizione in commissione Covid del proctologo del San Raffaele Pierpaolo Sileri, allora viceministro alla Salute in quota 5 stelle, ha reso ancor più tangibile il livello d’improvvisazione e sciatteria di chi allora prese le decisioni e oggi è impegnato in tripli salti carpiati pur di rinnegarne la paternità. È il caso, ad esempio, del senatore Francesco Boccia del Pd, che ieri è intervenuto con zelante sollecitudine rivolgendo a Sileri alcune domande che son suonate più come ingannevoli asseverazioni. Una per tutte: «Io penso che il gabinetto del ministero della salute (guidato da Roberto Speranza, ndr) fosse assolutamente marginale, decidevano Protezione civile e coordinamento dei ministri». Il senso dell’intervento di Boccia non è difficile da cogliere: minimizzare le responsabilità del primo imputato della malagestione pandemica, Speranza, collega di partito di Boccia, e rovesciare gli oneri ora sul Cts, ora sulla Protezione civile, eventualmente sul governo ma in senso collegiale. «Puoi chiarire questi aspetti così li mettiamo a verbale?», ha chiesto Boccia a Sileri. L’ex sottosegretario alla salute, però, non ha dato la risposta desiderata: «Il mio ruolo era marginale», ha dichiarato Sileri, impegnato a sua volta a liberarsi del peso degli errori e delle omissioni in nome di un malcelato «io non c’ero, e se c’ero dormivo», «il Cts faceva la valutazione scientifica e la dava alla politica. Era il governo che poi decideva». Quello stesso governo dove Speranza, per forza di cose, allora era il componente più rilevante. Sileri ha dichiarato di essere stato isolato dai funzionari del ministero: «Alle riunioni non credo aver preso parte se non una volta» e «i Dpcm li ricevevo direttamente in aula, non ne avevo nemmeno una copia». Che questo racconto sia funzionale all’obiettivo di scaricare le responsabilità su altri, è un dato di fatto, ma l’immagine che ne esce è quella di decisori «inadeguati e tragicomici», come ebbe già ad ammettere l’altro sottosegretario Sandra Zampa (Pd).Anche sull’adozione dell’antiscientifica «terapia» a base di paracetamolo (Tachipirina) e vigile attesa, Sileri ha dichiarato di essere totalmente estraneo alla decisione: «Non so chi ha redatto la circolare del 30 novembre 2020 che dava agli antinfiammatori un ruolo marginale, ne ho scoperto l’esistenza soltanto dopo che era già uscita». Certo, ha ammesso, a novembre poteva essere dato maggiore spazio ai Fans perché «da marzo avevamo capito che non erano poi così malvagi». Bontà sua. Per Alice Buonguerrieri (Fdi) «è la conferma che la gestione del Covid affogasse nella confusione più assoluta». Boccia è tornato all’attacco anche sul piano pandemico: «Alcuni virologi hanno ribadito che era scientificamente impossibile averlo su Sars Cov-2, confermi?». «L'impatto era inatteso, ma ovviamente avere un piano pandemico aggiornato avrebbe fatto grosse differenze», ha replicato Sileri, che nel corso dell’audizione ha anche preso le distanze dalle misure suggerite dall’Oms che «aveva un grosso peso politico da parte dalla Cina». «I burocrati nominati da Speranza sono stati lasciati spadroneggiare per coprire le scelte errate dei vertici politici», è il commento di Antonella Zedda, vicepresidente dei senatori di Fratelli d’Italia, alla «chicca» emersa in commissione: un messaggio di fuoco che l’allora capo di gabinetto del ministero Goffredo Zaccardi indirizzò a Sileri («Stai buono o tiro fuori i dossier che ho nel cassetto», avrebbe scritto).In che mani siamo stati.
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