2020-06-03
La beffa dell’Inps: «Il bonus asilo nido deve richiederlo la bimba di 14 mesi»
La risposta è arrivata a una mamma in cassa integrazione: «E se lavoro poche ore non ho diritto all'assegno baby sitter».Il sito dell'Inps va un po' troppo spesso in tilt e non solo a causa del sovraffollamento. Ora addirittura si burla degli italiani senza soldi e costretti a chiedere aiuti. Capita infatti che una giovane mamma in cassa integrazione si sia sentita rispondere che il bonus nido, cui ha diritto, non le è stato concesso «perché la richiesta la deve fare sua figlia». Sì, avete letto bene, la piccola Anastasia di 14 mesi dovrebbe scrivere a Pasquale Tridico per ottenere il contributo fino a 3.000 euro concesso alle famiglie che hanno i bimbi in strutture pubbliche o private. L'assurda risposta è arrivata per via telematica alla signora Francesca Vicentini che ieri sera era in collegamento con la trasmissione di Mario Giordano Fuori dal coro, ogni martedì su Rete 4, per raccontare i dettagli di una vicenda che farebbe ridere, tanto è grottesca, se di mezzo non ci fossero persone senza lavoro e in attesa di soldi promessi. Francesca, 32 anni, vive con il marito e la figlioletta a Castelnuovo del Garda, in provincia di Verona. Lavorava nell'ufficio marketing del Parco termale Aquardens a Santa Lucia, frazione di Pescantina, una dozzina di chilometri da casa, ma per colpa del Covid-19 è finita in cassaintegrazione dallo scorso marzo. La situazione potrebbe sbloccarsi, Francesca tornerebbe alle terme e il nido per Anastasia ridiventa una necessità. «Per fortuna mio marito non ha mai lasciato il suo impiego in una ditta di termosanitari e se lavoriamo entrambi, nessuno si può occupare della piccola», ha spiegato alla Verità la signora che lo scorso anno già aveva fatto domanda del bonus.«Era andata a buon fine, quest'anno l'ho ricompilata nello stesso modo, presentandola con la documentazione richiesta per via telematica». L'importo massimo erogabile, a decorrere da quest'anno, è determinato in base all'Isee minorenni: si va da un minimo di 1.500 euro (136,37 euro mensili) a un massimo di budget annuo di 3.000 euro (272,72 euro per 11 mensilità). La prima domanda mamma Francesca l'aveva presentata a febbraio 2020, poi ogni mese ma i soldi non arrivano. Le rette di gennaio e febbraio, quando gli asili erano ancora aperti, erano già state pagate e i contributi mensili promessi dall'Inps sarebbero tornati utili ai genitori di Anastasia, costretti come tante famiglie alle enormi difficoltà provocate dalla pandemia. A metà maggio comincia a telefonare all'Istituto di previdenza, anzi prova a collegarsi ma le linee sono sempre occupate. Decide allora di scrivere: «Volevo informazioni riguardo la mia richiesta di bonus asilo per mia figlia, non è ancora arrivato il pagamento». Specifica di essere in cassa integrazione dal 22 marzo, chiede conferma che tutti i documenti siano corretti e risultino allegati alla domanda. Questa volta il servizio «Inpsrisponde» è veloce, impiega solo due giorni a evadere la pratica protocollata, ma considerato il contenuto della replica era meglio che si prendesse più tempo, per evitare di scrivere baggianate. «Gentile utente, con riferimento alla sua richiesta con numero […] le comunichiamo quanto segue: buongiorno, la richiesta la deve fare sua figlia per il bonus nido». Questa è stata la risposta ufficiale dell'ente presieduto da Tridico. Se dovessimo proseguire nella conversazione surreale, basterebbe ribattere che sulla piattaforma dell'Istituto si legge invece chiaramente che «Il premio è corrisposto direttamente dall'Inps su domanda del genitore». «Abbiamo riempito di soldi gli italiani», dichiarava il top manager una decina di giorni fa, negando ritardi e negligenze. Prometteva: «Le attese sono finite, copriremo in breve tutti coloro che hanno diritto». Forse milioni di cittadini non hanno ancora ottenuto nulla perché nelle loro case sono arrivate valanghe di risposte assurde come quella indirizzata a Francesca Vicentini. «Nel frattempo le famiglie si trovano sole, senza aver ancora visto un euro, con bonus nido che non arrivano e asili che iniziano a richiedere anche il pagamento per i mesi non usufruiti», commenta amareggiata la giovane veronese. «Se l'organizzazione è questa, forse l'Inps non era l'ente più adatto a cui dare da gestire i soldi di un'intera nazione». Nel frattempo Francesca ha scoperto un'altra beffa: «Se dovessi tornare al mio impiego solo per qualche ora, perché il datore di lavoro preferisce una ripartenza soft dell'azienda, io come altre mamme non avrei diritto a chiedere il bonus baby sitter previsto dal decreto Cura Italia. Dovrei pagare di tasca mia perché usufruisco già di un sostegno al reddito». Non c'è che dire, questo governo ha proprio a cuore la famiglia.